Kosovo: tutti contro Albin Kurti 

Il governo di Albin Kurti, leader del partito Vetëvendosje! (“Autodeterminazione!”), è caduto dopo soli 53 giorni. La sera del 25 marzo, infatti, il Parlamento riunito in seduta straordinaria ha approvato una mozione di sfiducia con 82 voti favorevoli e 32 contrari. L’iniziativa è stata portata avanti dalla Lega Democratica del Kosovo (LDK) guidata da Isa Mustafa, che formava insieme a Vetëvendosje la coalizione di maggioranza.

Ufficialmente, a causare la rottura tra le fila del governo sarebbe stato lo scontro tra il presidente Hashim Thaçi, del Partito Democratico del Kosovo (PDK), e lo stesso Kurti sulla gestione dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. Il 17 marzo, Thaçi aveva firmato un decreto che istituiva lo stato d’emergenza (per cui la Costituzione del Kosovo prevede l’assegnazione dei pieni poteri al capo di Stato), accusando il primo ministro di non avere l’autorità necessaria per adottare misure che limitassero la libertà dei cittadini.

Inaspettatamente, LDK aveva preso le parti del presidente Thaçi, attraverso le dichiarazioni del ministro degli affari interni Veliu, in seguito rimosso dall’incarico. Quest’ultima decisione da parte di Kurti ha spinto i suoi alleati nell’esecutivo a presentare la mozione di sfiducia.

Se all’apparenza le motivazioni del ribaltamento sono riconducibili a un diverbio costituzionale, sembra più verosimile che il partito di Isa Mustafa e quello di Hashim Thaçi non condividessero le posizioni “anti americane” di Kurti relative alla questione dei dazi e più in generale al dialogo con la Serbia.

Le difficoltà nella formazione del governo

Il 2 febbraio 2020, Vetëvendosje e LDK, usciti vincitori dalle elezioni di ottobre, formavano un esecutivo garantendosi una maggioranza al parlamento di 66 seggi su 120. Le trattative si erano protratte per più di tre mesi a causa del fermo rifiuto da parte di Kurti di coinvolgere nella formazione del governo la Lista Serba, il partito che rappresenta i serbi del Kosovo e che notoriamente segue le direttive provenienti da Belgrado.

Il compromesso si è trovato con la cessione di due ministeri alla Lista Serba. Nonostante Vetevendosje sia d’ispirazione socialista mentre LDK rappresenta la parte più conservatrice del Paese, i due partiti si erano dimostrati in grado di conciliare, momentaneamente, visioni piuttosto divergenti.

Nel discorso inaugurale il nuovo primo ministro aveva ribadito i punti cardine su cui si sarebbe incentrata l’agenda di governo. Il potenziamento dei sistemi sanitario e scolastico,  la lotta alla corruzione, il rafforzamento della rule of law e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Le ragioni del ribaltamento

Come accennato precedentemente, il reale motivo della frattura in seno al governo riguarda in primis la legge sui dazi, datata ottobre 2018, che prevede una tassa del 100% sui prodotti importati di origine serba.

Kurti intendeva operare una graduale riduzione dell’imposta. In cambio, chiedeva alla Serbia di porre un freno alla campagna mediatica contro il riconoscimento ufficiale del Kosovo, mettendo così in pratica una politica di reciprocità. In caso di risposta negativa da parte di Belgrado, infatti, i dazi sarebbero stati ripristinati dal 15 giugno 2020.

Gli esponenti di LDK e il presidente Thaçi spingevano invece per una rimozione immediata e integrale della tassa d’importazione per soddisfare le richieste degli Stati Uniti, la cui opinione ha sempre avuto un peso determinante per le decisioni politiche del Paese.

In secondo luogo, sin dall’inizio Albin Kurti si era dimostrato poco incline a voler modificare le proprie posizioni riguardo tematiche molto discusse, come lo scambio di territori tra Kosovo e Serbia (anche detto “land swap”).

L’uscita di scena di Kurti

Durante la 56esima conferenza sulla sicurezza a Monaco, lo scorso 14 febbraio, il leader di Vetëvendosje aveva elencato i 3 principi fondamentali che avrebbero dovuto accompagnare il dialogo con la Serbia: no deal without dialogue; no dialogue with maps; no maps with presidents around”.

In altre parole, le negoziazioni con Belgrado sarebbero dovute passare prima da un accordo con i serbi del Kosovo, senza possibilità di modifiche alla cartina geografica.

Lo scambio di territori – che consiste nell’annessione del nord del Kosovo alla Serbia in cambio di alcune province serbe con popolazione a maggioranza etnica albanese – per Kurti non ha mai rappresentato un’opzione valida.

Lo scambio isolerebbe di fatto le enclavi serbe presenti all’interno del Kosovo (come Gracanica) e potrebbe scatenare un effetto domino per tutte quelle minoranze che mirano alla riunificazione, come la Republika Srpska, entità della Bosnia-Erzegovina a maggioranza serba.

Nonostante le complicazioni evidenziate, Hashim Thaçi e il presidente serbo Aleksandar Vučić non hanno mai fatto segreto di prediligere questa possibilità per porre fine ai contrasti potendo contare, anche in questo caso, sul pieno sostegno statunitense. Washington si augura che la caduta del governo e la parziale uscita di scena di Kurti possano favorire i due presidenti nel trovare un accordo sulla base del land swap. D’altra parte, la risoluzione a una delle più complesse questioni diplomatiche degli ultimi anni rappresenterebbe un enorme successo per l’amministrazione Trump.

Prospettive future per il Kosovo

Il Kosovo si trova a dover affrontare una crisi politica nel mezzo di una pandemia globale, motivo per cui i vertici UE avevano duramente criticato la scelta del Parlamento di approvare la sfiducia. L’europarlamentare Viola Von Cramon, rapporteur per il Kosovo, ha sottolineato l’irresponsabilità del gesto in un momento del genere.

La stessa Unione europea si è dimostrata essere un attore poco influente nella regione, a beneficio di Washington, che ha sostenuto la mozione fin dall’inizio. Kurti ha accusato il presidente Hashim Thaçi di aver già siglato un accordo segreto per lo scambio di province con la Serbia sotto l’egida degli Stati Uniti. Ha ricevuto però una secca smentita da parte dell’ambasciatore americano in Kosovo, Philip Kosnett, e da Richard Grenell, inviato speciale degli Stati Uniti per il dialogo fra Kosovo e Serbia.

Ad oggi, gli sviluppi politici nel Paese sono difficili da prevedere. Albin Kurti vede complicarsi il percorso che aveva intrapreso per soddisfare le richieste di Bruxelles nell’ottica di adesione all’UE. Anche il Processo di Berlino – l’iniziativa diplomatica che mira all’allargamento dell’Unione europea ai Paesi dei Balcani occidentali – potrebbe risentire dell’instabilità politica venutasi a creare a causa dei recenti avvenimenti.

Al di là della questione europea, ora in Parlamento si dovrà trovare una nuova maggioranza, ma sembra improbabile che Vetëvendosje venga incluso. L’alternativa sarebbe quella di mantenere le cariche attuali ma senza poteri effettivi, essendo l’esecutivo dimissionario.

Le proteste scatenatesi il giorno dopo la caduta del governo testimoniano comunque il fatto che Albin Kurti abbia raccolto un ampio consenso tra la popolazione. La speranza di Vetëvendosje e dei suoi elettori rimane quella di andare a nuove elezioni, dopo la fine dell’emergenza, che potrebbero garantire al partito i voti necessari per non scendere a patti con nessun’altra forza politica.

Fonti e approfondimenti

Albin Kurti, conferenza sulla sicurezza di Monaco, 14/02/2020

Andrea Zambelli, “Kosovo: Il parlamento vota la sfiducia al governo Kurti”, East Journal, 26/03/2020

Giorgio Fruscione, “Kosovo: cade il governo in piena crisi coronavirus, e geopolitica”, ISPI, 26/03/2020

Parlamento Europeo, Note tematiche sull’Unione europea: I Balcani occidentali, 2019

Xhorxhina Bami, “Kosovo PM Offers to ‘Partially’ Lift Serbian Import Tariff”, Balkan Insight, 27/02/2020

Xhorxhina Bami, “Kosovo Mulls its Choices After Fall of Kurti Govt”, Balkan Insight, 26/03/2020

Xhorxhina Bami, “Policy Rift Widens Between Kosovo President and PM”, Balkan Insight, 10/03/2020

Xhorxhina Bami, Jack Robinson e Milica Stojanovic, Kosovo’s PM and President Clash Again over Virus Crisis”, Balkan Insight, 24/03/2020

Xhorxhina Bami, No-Confidence Vote Topples Kurti Govt in Kosovo”, Balkan Insight, 25/03/2020

 

 

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