Com’è andata la visita di Trump in India?

di Cecilia Marconi

In una delle sue ultime visite prima che iniziasse il lockdown internazionale causato dalla rapida espansione del Covid-19, il presidente Donald Trump si è recato in India. Lì è stato accolto con calore, ha partecipato a suntuose celebrazioni e Narendra Modi, il primo ministro indiano, ha manifestato per lui grande stima.

Per Trump questa è stata la prima visita nel Paese, che non riceveva un presidente degli Stati Uniti da più di cinque anni. Modi si è invece recato diverse volte negli USA e l’anno scorso è stato organizzato per lui l’evento “Howdy, Modi!”, una celebrazione in Texas a cui hanno preso parte 15.000 persone di origine indiana ora residenti negli USA.

Modi ha subito ricambiato l’invito e Trump ha scelto di accettarlo diversi mesi dopo, in un momento particolare per entrambi i Paesi: gli Stati Uniti si stanno preparando alle elezioni di novembre, in cui Trump sarà sfidato da Joe Biden, mentre l’India fronteggia violente proteste popolari. Il Parlamento Indiano, su iniziativa di Modi, ha infatti approvato delle controverse modifiche alla Costituzione, fortemente discriminatorie contro i musulmani.

Sia Trump che Modi desiderano consolidare la loro leadership e questa visita, per quanto breve, ha un forte significato simbolico. Inoltre, essa rappresenta un indicatore importante sull’evoluzione del rapporto tra i due Paesi.

Alla ricerca di una nuova intesa commerciale

L’interesse reciproco di USA e India ha molteplici ragioni e una delle principali è sicuramente il commercio. Nell’ultimo decennio i due Paesi hanno intrecciato forti legami commerciali, iniziati quando l’economia indiana ha sposato una linea economica neoliberista nel 1991. L’India è ora l’ottavo partner commerciale degli Stati Uniti in beni e servizi e l’attuale volume dei loro scambi (140 miliardi di dollari) è comparabile, per esempio, con quello che gli Stati Uniti hanno con Corea del Sud e Francia.

Con l’intensificarsi degli scambi commerciali sono però affiorate diverse problematiche: funzionari statunitensi e indiani sono in disaccordo su svariati fronti, dalle tariffe sui beni agricoli alle limitazioni sugli investimenti esteri in settori fondamentali dell’economia indiana, come quello bancario, quello delle assicurazioni e quello dei media.

Altra questione cruciale, su cui gli USA si scontrano anche con la Cina, sono i diritti di proprietà intellettuale, che comprendono questioni relative all’economia digitale e ai dispositivi medici. L’India è infatti sulla “lista nera” del Congresso statunitense per violazione di copyright e per pirateria informatica dal 1989, anno in cui venne commissionato il primo report sulla faccenda.

Inoltre, Trump ha l’obiettivo di ridurre il crescente deficit commerciale degli Stati Uniti, e ha deciso di imporre nuove tariffe contro i loro partner più importanti, tra cui Cina, Unione europea, e la stessa India, innescando una serie di ritorsioni. La crisi ha raggiunto il suo apice lo scorso giugno, quando l’amministrazione Trump ha inferto un duro colpo agli export indiani, annunciando di voler porre fine allo status di “partner commerciale preferenziale” di cui l’India aveva goduto per decenni. Questo status risaliva agli anni ’70 e consentiva ai prodotti dei Paesi considerati “in via di sviluppo” di entrare nel mercato degli Stati Uniti senza dazi doganali.

La situazione stava rapidamente surriscaldandosi, cosicché a inizio anno Trump ha deciso che i tempi fossero maturi per stipulare un nuovo trattato. Il presidente degli Stati Uniti è partito per l’India con la promessa di migliorare la situazione, dichiarandosi ottimista sulla possibilità di raggiungere un accordo col primo ministro indiano.

L’India rimane uno dei partner commerciali più importanti soprattutto per alcuni settori dell’economia statunitense, i cui rappresentanti hanno iniziato a mettere pressione sull’amministrazione Trump affinché si raggiungesse un nuovo accordo. Per esempio, l’India rappresenta un mercato chiave per quanto riguarda le nuove tecnologie e la data analysis, che fa decisamente gola ai giganti tecnologici statunitensi.

Trump sembra poi non aver fatto altro che mettere in pratica la propria strategia commerciale, volta alla contrattazione. Il suo modus operandi consiste nel mettere in discussione i trattati vigenti tra Stati Uniti e partners commerciali, applicare unilateralmente delle tariffe che scatenino una escalation di tensione e poi cercare di contrattare accordi più convenienti.

In realtà, benché una volta giunto in India Trump abbia avuto modo di elogiare la leadership di Modi e di partecipare a grandi cerimonie, la sua visita non ha concretamente prodotto alcun risultato in materia di trattati. L’attuale disaccordo tra i due Paesi su tariffe e disavanzi non sembra si possa risolvere presto. D’altro canto, nessuno si aspettava che con una visita così breve e poco organizzata Trump potesse davvero concludere un accordo tanto importante. Al tavolo delle trattative non era presente nemmeno Robert Lighthizer, rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, segno che le aspettative sull’incontro fossero basse.

Rapporti geopolitici

Trump potrebbe aver avuto un’altra importante ragione per provare a consolidare i suoi rapporti con il governo indiano: la nuova alleanza geopolitica tra Washington e Nuova Delhi.  USA e India hanno annunciato più di una volta la loro intenzione di intrecciare forti rapporti diplomatici, compresa una “Comprehensive Global Strategic Partnership.” La partnership, già discussa nel 2013 dai predecessori di Modi e Trump, Singh e Obama, si concentrerebbe sul settore della difesa e della sicurezza.

Il piano comprenderebbe una forte collaborazione strategica nei settori marittimi e spaziali, un potenziamento degli scambi e della formazione militare, sforzi congiunti per combattere terrorismo e traffico di droga. Inoltre, l’India (la cui spesa militare sta aumentando vertiginosamente) diventerebbe sempre più dipendente dagli Stati Uniti per l’acquisto di armi: nell’ultimo decennio il valore delle importazioni di armi dagli USA in India è cresciuto da una somma vicina allo zero a più di 15 miliardi di dollari.

Il viaggio di Trump ha sottolineato come l’espansione della partnership strategica tra Stati Uniti e India sia diventata una risorsa diplomatica importante per entrambi i Paesi, con Modi e ha definito la relazione USA-India “la più importante collaborazione del XXI secolo.” Ma perché due Stati che storicamente non hanno avuto importanti alleanze di questo tipo stanno ora aumentando la cooperazione nel settore della difesa? La motivazione principale è la loro comune volontà di arginare il crescente potere militare della Cina.

La Cina rappresenta un concorrente di primo piano per gli Stati Uniti, ma è anche una presenza piuttosto ingombrante per i Paesi dell’Sud-Est Asiatico. L’India, come gli Stati membri dell’ASEAN, teme non solo la concorrenza commerciale cinese, ma anche e soprattutto la sua rapida espansione. La Cina ha ampliato la propria sfera d’influenza sul mare cinese del Sud e potrebbe voler estendere i propri interessi oltre lo stretto di Malacca, dato che ha creato delle basi in Africa orientale e in Sri Lanka. Il mare indiano, su cui l’India ha fino a questo momento esercitato stabilmente il controllo, ha grande importanza strategica ed è un punto nevralgico per il commercio di materie prime, tra cui il petrolio. I due Paesi hanno poi diverse contese territoriali tuttora irrisolte, per le quali sono arrivate anche allo scontro armato. Tra queste spicca quella avvenuta nel 1962, sul confine Himalayano.

Stati Uniti e India puntano a unire le forze per mandare un segnale chiaro alla Cina. La loro partnership “è fondamentale per una regione indo-pacifica libera, aperta, inclusiva, pacifica e prospera”, hanno affermato in una dichiarazione congiunta Trump e Modi.  La “partnership strategica globale” tra questi due improbabili alleati ben si adatta al cambio di atteggiamento verso la Cina avviato da Trump e includerebbe anche altri partner nel Sudest asiatico, come per esempio il Giappone.

La relazione tra Stati Uniti e l’India è quindi sfaccettata e complessa. Da un lato la strategia commerciale di Trump, unitamente alle tensioni preesistenti, mina i rapporti commerciali tra i due Paesi, che devono ora riconciliarsi con un nuovo trattato. Dall’altro, USA e India sono accomunati dalla volontà di controbilanciare il potere della Cina e desiderano aumentare la loro cooperazione strategica, cosa che plausibilmente continueranno a fare nel futuro. Certo, rimane da vedere cosa succederà nei prossimi mesi, in cui si manifesteranno le profonde conseguenze economiche e politiche della pandemia.

Fonti e approfondimenti

Joint Statement: Vision and Principles for the United States-India Comprehensive Global Strategic Partnership, https://www.whitehouse.gov/briefings-statements/joint-statement-vision-principles-united-states-india-comprehensive-global-strategic-partnership/

A Field Guide to U.S.-India Trade Tensions, https://www.cfr.org/article/field-guide-us-india-trade-tensions

The American president can expect a warm welcome in Modi’s India, https://www.economist.com/asia/2020/02/23/the-american-president-can-expect-a-warm-welcome-in-modis-india

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