La politica estera indiana: la Cina

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Le relazioni tra Cina e India non sono così intense come ci si potrebbe aspettare: anzi restano piuttosto deboli, nonostante un costante incremento degli scambi commerciali.

Da questo punto di vista, infatti, la Cina costituisce da ormai dieci anni il principale partner commerciale dell’India. Nel 2018 è ancora il primo Paese di origine delle importazioni indiane (si tratta soprattutto di prodotti elettronici e informatici), il cui volume ha raggiunto i 76 miliardi di dollari, pari al 17% del totale degli import.

Per quanto riguarda le esportazioni, la Cina si situa invece al quarto posto nella classifica dei partner commerciali indiani – ricevendo da essa prevalentemente cotone, minerali e pietre preziose, per un totale di 13 miliardi di dollari nell’ultimo anno. Si può comprendere l’importanza crescente di un simile rapporto commerciale osservando come il volume degli scambi sia passato dallo sfiorare appena i 3 miliardi di dollari nel 2000, a oltre 100 miliardi nel 2015 .

Tale rilevanza però non sembra riflettersi in un rafforzamento delle relazioni politiche tra i due governi. È in atto infatti una sorta di competizione per la supremazia nella regione, che mina la possibilità di rapporti più distesi tra i due Paesi. Un esempio di contesa è l’influenza in Paesi come il Nepal, che storicamente sono stati dipendenti in larga misura dall’India, ma che negli ultimi anni si sono avvicinati alla Cina – la quale è stata di conseguenza percepita come una minaccia dal governo indiano.

 

Le dispute territoriali

In un contesto caratterizzato dal periodico riaffiorare di attriti riguardo diversi territori contesi, tutto ciò ha reso più arduo il raggiungimento di una effettiva distensione nei rapporti bilaterali.

Le dispute territoriali riguardano principalmente due grandi aree di confine: l’Aksai Chin e l’Arunachal Pradesh. Quest’ultimo è uno Stato della federazione indiana nato nel 1972, ma amministrato dalla stessa già in precedenza: nonostante ciò, la Cina non ha mai smesso di rivendicarne la sovranità, considerandolo parte del Tibet. La linea di confine tra queste due regioni, la cosiddetta Linea McMahon, è stata tracciata nel 1914 in seguito ad un trattato tra gli inglesi e alcuni governatori del Tibet; la Cina ha però sempre sostenuto l’invalidità di tali accordi.

La questione dell’Arunachal Pradesh – seppur abbia contribuito a mantenere alti i livelli di tensione tra i due Paesi – non è critica come quella relativa alla seconda grande area contesa, la regione dell’Aksai Chin. Si tratta di un’area situata all’interno del Kashmir, inizialmente amministrata dall’India – che l’ha sempre considerata parte dello Stato del Jammu e Kashmir. Nel 1962, le tensioni tra Cina e India sono esplose nel primo scontro aperto, che si è concluso con la sconfitta indiana e la conseguente cessione dell’Aksai Chin alla Repubblica Popolare Cinese (e tuttora si trova sotto il suo controllo).

La disputa riguardante quest’area ha anch’essa origine all’epoca del colonialismo britannico. Al contrario dell’Arunachal Pradesh, però, in questo caso la linea di confine ha subìto continue modifiche: le due divisioni geografiche più famose sono state la Linea Johnson (1865) e la Linea Macartney-Macdonald (1893). La prima pone l’Aksai Chin prevalentemente in territorio indiano, mentre la seconda lo considera per buona parte cinese: durante il colonialismo britannico vennero adottate entrambe le linee a fasi alterne. Al momento dell’indipendenza dell’India era in vigore la Linea Johnson, che il nuovo governo decise naturalmente di mantenere. La Cina non riconobbe mai questa linea di confine, e nel 1962 decise dunque di riprendersi con la forza ciò che considerava spettarle di diritto, spingendosi oltre la Linea Macartney-Macdonald.

Dal 1962, la Cina ha così aggiunto un ulteriore fattore di destabilizzazione in un contesto già estremamente delicato quale è la regione del Kashmir. Da quel momento in poi, inoltre, le relazioni sino-pakistane si sono intensificate sempre più, in quanto i due Paesi si sono sostenuti l’un l’altro in questioni critiche – come quella di Taiwan per la Cina o del Kashmir per il Pakistan. Questa scelta ha di conseguenza inasprito i rapporti tra Cina e India, e l’alleanza sino-pakistana costituisce ancor oggi motivo di diffidenza da parte del governo indiano nelle scelte di politica estera regionale.

Sul finire degli anni ’80, le relazioni indo-cinesi erano nettamente migliorate e la questione dell’Aksai Chin sembrava essere stata messa da parte. Nel 1993 venne firmato un “Agreement on the Maintenance of Peace and Tranquillity along the Line of Actual Control”, che prevedeva il mantenimento dello status quo della linea di confine tra i due Paesi così come si presentava in quel momento.

 

Nel 2017, alcuni scontri a Doklam – area di confine tra Cina, India e Bhutan – hanno riportato la questione delle dispute territoriali sotto i riflettori. Dal 1961 quest’area fa parte del Bhutan, ma la Cina ne ha sempre rivendicato la sovranità; a giugno dello scorso anno, l’esercito indiano è intervenuto contro il tentativo della Cina di estendere dei propri collegamenti stradali attraverso il Doklam. Questo scontro ha fatto crescere nuovamente la tensione tra i due Paesi: l’India – giustificando il proprio intervento in quanto alleata storica del Bhutan – è stata accusata di violazione della sovranità territoriale da parte della Cina. Dopo due mesi di forte tensione, entrambi i governi hanno raggiunto un accordo e ritirato i rispettivi eserciti dal confine, consci però della necessità impellente di rivedere alcuni punti critici nelle reciproche relazioni, per evitare simili escalation di tensione in futuro e non creare ostacoli al paralleleo rapido incremento degli scambi commerciali.

Per questo motivo, nell’aprile 2018, il Primo Ministro Narendra Modi e il Presidente cinese Xi Jinping si sono incontrati a Wuhan (Cina) con l’intento di risolvere le dispute territoriali rimaste in sospeso, e smorzare le tensioni latenti. Il risultato di questo summit informale è stato la firma di un Memorandum of Understanding per il rafforzamento della cooperazione sulla sicurezza tra i due Paesi. Se si può parlare – almeno per il momento – di un miglioramento della relazioni bilaterali, sicuramente però questo non sarà sufficiente sul lungo periodo a risanare i rapporti, e intraprendere delle misure di cooperazione efficaci.

 

La cooperazione tra sospetto e opportunità

L’India guarda ancora con sospetto le manovre del governo cinese, soprattutto data la crescente competizione per l’egemonia nella regione tra le due potenze. Per questo motivo, il governo indiano non ha accolto favorevolmente l’implementazione della Belt and Road Initiative (BRI) – che ha previsto, tra le altre cose, la realizzazione di un collegamento tra Cina e Pakistan, attraverso i territori del Kashmir occupati da quest’ultimo. Si tratta di un’iniziativa che fa parte del China Pakistan Economic Corridor (CPEC) – un insieme di progetti che mirano a rafforzare gli scambi commerciali e i collegamenti nella regione – che però è stato denunciato dal governo indiano, in quanto violerebbe la sua sovranità territoriale attraversando i territori contesi del Kashmir.

La risposta dell’India non ha tardato ad arrivare: proprio in questi giorni si stanno svolgendo delle negoziazioni tra India, Iran e Russia per la realizzazione di un collegamento tra Mumbai e San Pietroburgo (International North-South Transport Corridor, INSTC), che coinvolgerà una decina di Paesi dell’Asia centrale. Allo stesso tempo, la Cina sta cercando di rivedere la sua posizione in alcune delle questioni più calde; in Kashmir, per esempio, si sta mostrando più neutrale, cercando di mediare tra India e Pakistan, nella speranza di convincere l’India ad approvare la BRI.

Fino a quando i due Paesi non troveranno un punto di incontro tra le rispettive politiche estere e riusciranno a superare gli attriti del passato, le tensioni saranno destinate a riaffiorare periodicamente, minacciando l’efficacia di una cooperazione economica crescente. Considerato che si tratta delle maggiori potenze regionali – oltre che delle due economie più in rapida crescita del mondo – un miglioramento delle relazioni bilaterali e una maggiore cooperazione sarebbero auspicabili secondo molti: entrambi i Paesi ne ricaverebbero benefici, e lo sviluppo economico della regione nel complesso potrebbe ricevere un impulso considerevole.

 

 

Fonti e Approfondimenti

http://www.indiantradeportal.in/

https://indianexpress.com/article/opinion/editorials/india-china-relations-doklam-standoff-5327789/

http://cpec.gov.pk/

https://thediplomat.com/2018/07/can-china-mediate-between-pakistan-and-india/

https://timesofindia.indiatimes.com/india/china-pak-bus-service-through-pok-violation-of-indias-sovereignty-and-territorial-integrity-foreign-secretary/articleshow/66459971.cms

 

 

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