Tra incidenti nucleari e falsi allarmi: quanto rischiamo oggi?

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di Sara Rubini

Nonostante le armi nucleari siano state impiegate nella storia solo due volte nel corso del secondo conflitto mondiale, oggigiorno continuano a rivestire un ruolo di centrale importanza nel mantenimento dell’equilibrio internazionale, emergendo come il punto focale  della strategia della deterrenza. Questa strategia consiste nel predisporre misure via via sempre più drastiche e risolutive, partendo dalla minaccia dell’utilizzo di armi convenzionali fino ad arrivare al possibile utilizzo delle armi nucleari. L’obiettivo è quello di scoraggiare ogni possibile attacco nemico, il quale viene persuaso dal fatto che ogni azione offensiva da lui intrapresa, non solo non porterebbe nessun vantaggio, ma anzi provocherebbe danni incalcolabili.

Per capire meglio questo concetto la dottrina militare israeliana può essere presa come esempio. La strategia di sicurezza nazionale di questo Paese si basa sul presupposto che per poter salvaguardare la propria esistenza , Israele non possa permettersi di perdere nessuna guerra. Di conseguenza la miglior strategia possibile è quella di prevenire qualsiasi conflitto e in questo contesto la strategia della deterrenza risulta essere fondamentale. Il Paese, infatti, deve essere pronto a scongiurare ogni possibile attacco nemico, senza escludere, laddove sia necessario, attacchi preventivi o addirittura, in casi estremi, l’utilizzo di armi nucleari . Risulta quindi evidente come incertezza e imprevedibilità siano due caratteristiche essenziali per il suo successo. Proprio per questo motivo la strategia della deterrenza non permette il completo scambio di informazioni e la trasparenza nei movimenti e nelle decisioni, nemmeno tra gli alleati.

Sono queste caratteristiche intrinseche alla politica della deterrenza a rendere frequenti errori di calcolo. Nello scenario nucleare, con l’espressione “errore di calcolo” ci si riferisce alla possibilità che uno Stato possa interpretare erroneamente le intenzioni nemiche e decidere di rispondere utilizzando le armi nucleari. Conseguentemente, anche il più piccolo sbaglio può portare ad un errore di valutazione, che ha la potenzialità di dare origine a un’inarrestabile escalation distruttiva. Incidenti durante le esercitazioni militari, falsi allarmi generati da errori nei sistemi radar, sconfinamenti non intenzionali e informazioni non arrivate a destinazione sono tutti eventi in grado di iniziare conflitti nucleari. Inoltre, non essendo a conoscenza delle strategie e delle decisioni che verranno adottate dagli Stati nemici, un Paese non può mai beneficiare di un quadro chiaro e completo del contesto in cui opera e ciò rende ancora più difficile scegliere la misura migliore da adottare .

Un altro grande fattore di rischio è l’opzione conosciuta come “lancio su avvertimento” (launch on warning), la quale permette, qualora si fosse attaccati, di rispondere con il lancio di un missile ancora prima che l’attacco nemico identificato abbia raggiunto il bersaglio designato. Affinché ciò possa avvenire è necessario avere a disposizione un certo numero di missili balistici armati e pronti all’utilizzo immediato, in modo da poter essere lanciati pochi minuti dopo aver ricevuto l’ordine.

Per poter comprendere al meglio la precarietà e l’imprevedibilità della strategia della deterrenza nucleare presentiamo due casi esemplari, entrambi estratti dal report della Chatham House: il training tape incident e international rocket campaign.

Training Tape Incident

Il primo caso di falso allarme trattato avvenne la mattina del 9 novembre 1979  e vede come protagonisti gli USA e la l’Unione Sovietica ed è oggi ricordato come “Training Tape Incident”. A causa di un malfunzionamento tecnico o a seguito di un evento naturale che il sistema non era in grado di decifrare, il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America inviò il segnale di emergenza e di immediata preparazione per l’imminente attacco Russo. Il sistema di difesa aereo americano fu messo in allerta e almeno dieci caccia intercettori, progettati per fermare e distruggere gli aerei nemici, vennero fatti decollare. L’incidente fu evitato per una questione di pochi minuti. Infatti, il caso volle che dopo sei-sette minuti dalla prima segnalazione i radar furono in grado di capire che si trattava di un falso allarme e lo stato d’allerta venne così revocato. Questo incidente mostra come una manciata di minuti possa essere determinante nell’influenzare una decisione di tale importanza e come l’elemento della casualità possa essere cruciale nel determinare o meno un disastro nucleare.

Va inoltre notato come il progredire della tecnologia in ambito militare riduca sempre di più la fascia di tempo a disposizione dei leader politici e militari di una Potenza nucleare per decidere se rispondere a un presunto attacco o meno . Basti pensare alle armi ipersoniche, le quali risultano difficilmente individuabili dal nemico e impossibili da neutralizzare con normali sistemi antimissile.

International Rocket Campaign 

Alla fine del 1994 un gruppo di scienziati norvegesi stava collaborando con gli Stati Uniti a uno studio che aveva come oggetto l’analisi dell’Aurora Boreale. Tale progetto richiedeva l’utilizzo di missili di dimensioni maggiori di quelli normalmente utilizzati nelle precedenti osservazioni. Come da routine, gli scienziati informarono il Ministro degli Affari Esteri Norvegese che a sua volta avrebbe dovuto notificare ai Paesi limitrofi l’avvio della “International Rocket Campaign”. Ma non tutto andò secondo i piani. Il messaggio, infatti, non raggiunse mai l’ufficio federale russo e, a seguito di questa mancanza di informazioni, una volta lanciato il razzo , la Russia lo riportò come un missile diretto a Mosca.

L’allora Presidente Yeltsin si mise immediatamente in contatto con il Ministro della difesa e tutti i comandanti militari necessari per poter monitorare la traiettoria del missile dall’inizio alla fine. Fortunatamente,  dopo un lungo confronto si ritenne che si trattasse di un falso allarme e si decise conseguentemente di non rispondere al presunto attacco. Questo avvenimento riveste una particolare importanza anche perché per la prima volta la valigetta nucleare venne utilizzata da Yelstin (come dichiarato da lui stesso il giorno seguente alla stampa). Durante la guerra fredda, infatti, Stati Uniti e Unione Sovietica necessitavano un sistema di comando veloce ed efficace, in grado di rendere affidabile la strategia della deterrenza nucleare. Entrambe le super potenze trovarono la soluzione nell’adozione di una valigetta nucleare, che avrebbe permesso ai rispettivi leader di dare l’ordine di attacco nucleare in pochi minuti.

Questo evento mostra come, in casi di possibile escalation nucleare, le decisioni debbano essere prese velocemente e di conseguenza la scelta di un gruppo ristretto di persone diventa cruciale nel dettare il futuro di un intero Paese.

Uno sguardo ai dati

Nonostante la situazione attuale risulti essere molto diversa da quella della Guerra Fredda, questi esempi mostrano come la possibilità di errori di calcolo, equivoci e falsi allarmi sia ancora una costante nel mantenimento della strategia della deterrenza nucleare. Infatti, sebbene il numero di armi nucleari sia in graduale declino, oggi gli Stati possono contare su armi sempre più sofisticate e in continuo miglioramento e ciò mostra come l’obiettivo del disarmo nucleare sia ancora molto lontano. Oggi nel mondo si contano 13,855 testate nucleari, detenuti da nove paesi: Russia, USA, Francia, Cina, Regno Unito, Pakistan, India, Israele e Nord Corea (quest’ultima ritiratasi nel 2003 dal trattato) . Solo cinque tra queste super potenze hanno firmato il “Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari” (La Corea del Nord si è ritirata ufficialmente dal trattato nel 2003) , accordo che ha come obiettivo limitarne la diffusione, favorendo al contrario un utilizzo pacifico dell’energia nucleare.

Inoltre, le continue scoperte in ambito militare contribuiscono a rendere sempre più complesso il processo decisionale, lasciando aperta la possibilità a errori e falsi allarmi.

Conclusioni

Il disarmo nucleare emerge come l’unica soluzione per evitare incidenti nucleari, ma tale opzione risulta essere al momento incompatibile con la congiuntura internazionale adottata dalle Potenze nucleari.

Nonostante la strada verso il disarmo sia lunga e ricca di ostacoli, iniziare un processo di cambiamento è possibile. Innanzitutto, al fine di ridurre il rischio di incidenti nucleari, è necessario che I Paesi in possesso di armi nucleari perseguano una politica che precluda di utilizzare per primi tali armi (first strike), concependo quindi il loro arsenale solo come strumento di risposta ad un attacco nucleare . Inoltre, è essenziale indurre tutti gli Stati ad accettare il principio sostenuto da Gorbachev e da Reagan, secondo cui “una guerra nucleare non può essere vinta e non può essere iniziata.

 

Fonti e approfondimenti

Atomic Heritage Foundation (15 giugno 2018). Nuclear Close Calls: The Norwegian Rocket Incident. 

Chatam House. (2014). Too Close for Comfort Cases of Near Nuclear Use and Options for Policy. 

Forden, G. (6 novembre 2001). False Alarms in the Nuclear Age. Nova.

UNIDIR. (2017). Chapter 5. Risks of Nuclear Command and Control Accidents in Understanding Nuclear Weapon Risks.

Wright, D. (9 novembre 2015). A Nuclear False Alarm that Looked Exactly Like the Real Thing. Union of Concerned Scientists.

 

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