di Anna Baratta
Poche settimane fa il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha festeggiato il suo primo compleanno a due cifre. Risale, infatti, al 26 luglio 2010 la storica decisione del Consiglio che ha istituito questo tassello fondamentale nel percorso dell’Unione verso il raggiungimento di una politica estera davvero comune che possa magari, un giorno, non richiedere più l’unanimità degli Stati membri. Nonostante le grandi aspettative riposte in quello che potenzialmente rappresenterebbe il primo corpo diplomatico transnazionale, ad oggi rimangono ancora forti limitazioni all’autonomia del Servizio, dovute sia alla sua stessa struttura ibrida, sia alla difficoltà di conciliare le priorità di politica estera dei diversi Stati membri, poco propensi a concedere a quest’organo maggior potere decisionale.
Grandi potenzialità ma aspettative deluse
Non si può negare che l’UE abbia fatto passi da gigante in materia di politica estera e aspiri oggi a un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. Non a caso, Ursula von der Leyen ha auspicato una Commissione “geopolitica” sotto il proprio mandato, in grado di portare avanti le sfide dell’UE e di difendere con convinzione le proprie posizioni nel mondo globale. Tuttavia, nonostante l’odierno SEAE sia ormai molto distante dalle primissime delegazioni di natura tecnica della Commissione, la diplomazia europea sembra faticare a entrare nella sua fase adulta, rimanendo uno dei settori più acerbi della politica europea. L’evoluzione del SEAE incarna perfettamente il potenziale solo in parte espresso dell’Unione in materia di politica estera, essendo un organo dalle immense possibilità ma fortemente limitato nelle proprie funzioni.
Fin dalla sua istituzione, il SEAE è stato oggetto di critiche che ne hanno evidenziato a più riprese difetti strutturali e organizzativi che interferiscono con la capacità del Servizio di svolgere al meglio le proprie funzioni. Già nel 2013, l’allora alto rappresentante, Catherine Ashton, aveva presentato un primo rapporto sulla struttura e l’operato del neonato organo, che includeva diverse proposte di revisione. A tale rapporto seguì, l’anno successivo, la valutazione della Corte dei conti che rimarcava con forza le criticità del Servizio a livello giuridico, organizzativo e di funzionamento.
Carenze strutturali: natura giuridica e mandato non ben delineati
Le prime criticità del SEAE emergono già dalla decisione del Consiglio che istituisce il Servizio, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono, come previsto dall’articolo 27 (3) del Trattato sull’Unione europea (TUE),
“fissati da una decisione del Consiglio. Il Consiglio delibera su proposta dell’alto rappresentante, previa consultazione del Parlamento europeo e previa approvazione della Commissione.”
Il SEAE è quindi un organo sui generis anche a livello giuridico, in quanto non viene istituito in senso stretto dai Trattati, ma per decisione del Consiglio, e non può vantare un’esplicita e separata personalità giuridica. Tuttavia, è previsto che il Servizio abbia “la capacità giuridica necessaria all’adempimento dei suoi compiti e al conseguimento dei suoi obiettivi” e venga definito come “autonomous functional body”. Questa terminologia ambigua, frutto della volontà di non concedere al Servizio eccessiva autonomia, rimane una fonte continua di incertezze riguardo alla natura e al mandato del SEAE. Anche quest’ultimo, infatti, è definito in modo piuttosto vago e pone l’organo in posizione subordinata rispetto all’alto rappresentante e alle altre istituzioni. La decisione del Consiglio attribuisce al Servizio, infatti, una funzione essenzialmente di supporto alla Commissione e al segretariato generale del Consiglio in materia di politica estera e all’alto rappresentante nel coordinamento della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e nel suo ruolo di presidente del Consiglio Affari Esteri.
Carenze amministrative: una struttura eccessivamente complessa
Secondo il rapporto della Corte dei conti già citato, anche le carenze nella definizione e nella pianificazione degli obiettivi, nell’organizzazione e nell’assegnazione delle risorse hanno ridotto l’efficienza del SEAE. Diverse criticità riguardano la parte organizzativa del Servizio a partire dal trasferimento – al momento della sua istituzione – di 1.643 funzionari dalla Commissione europea e dal segretariato generale del Consiglio. Questo, unito alla necessità di integrare un gran numero di diplomatici provenienti dai vari Stati membri, ha prodotto un organigramma sbilanciato con un numero eccessivo di posizioni apicali e una catena decisionale complessa e quindi spesso inefficace nel rispondere prontamente alle esigenze del Servizio. Nonostante negli anni si sia cercato di far fronte a questo problema snellendo la struttura dell’organigramma del SEAE, questo rimane ad oggi ancora estremamente complesso. Tale problema va sommandosi a una selezione del personale che presenta ancora, seppur in maniera minore rispetto al passato, squilibri geografici e di genere.
Inoltre, la stessa Ashton aveva segnalato un eccessivo carico di lavoro assegnato all’alto rappresentante senza possibilità di delega (tra cui la nomina dei chair del Comitato Politico e di Sicurezza e di diversi Gruppi di Lavoro del Consiglio) e aveva auspicato, già nel rapporto del 2013, la possibilità di nominare un vice, novità che richiederebbe, però, una modifica dei Trattati.
Le criticità evidenziate finora, soprattutto la semplificazione del quadro amministrativo, sono state parzialmente affrontate da Federica Mogherini durante il suo mandato come alto rappresentante. In un rapporto presentato a fine dicembre 2015, Mogherini aveva illustrato le principali modifiche apportate al Servizio nel corso dello stesso anno, tra cui la creazione di una struttura di gestione piramidale di alto livello più snella, composta da un Segretario generale e tre vice in sostituzione del precedente Consiglio direttivo, e l’eliminazione della funzione di Chief Operating Officer. Tuttavia, nel rapporto non veniva sottolineato il bisogno di una modifica alla decisione del Consiglio, nemmeno in vista del lancio della EU Global Strategy, sebbene Mogherini non escludesse che tale necessità avrebbe potuto presentarsi in un secondo momento, dichiarandosi pronta, nel caso, a valutare quest’opzione. Inoltre, nonostante Mogherini avesse accolto positivamente la richiesta di un ulteriore riesame del Servizio prima della fine del proprio mandato, questo non ha ancora avuto luogo.
Carenze nel coordinamento con le altre istituzioni
Da ultimo, il coordinamento del SEAE con le altre istituzioni è di fondamentale importanza nel ricercare una coerenza sia orizzontale, tra le diverse istituzioni, sia verticale, tra politiche dell’Unione e politiche degli Stati membri. Non vi sono dubbi che le relazioni più complesse rimangano quelle con la Commissione, le cui difficoltà nascono soprattutto da un’assegnazione delle competenze poco chiara soprattutto per quanto riguarda la divisione del lavoro in materia di cooperazione e sviluppo. Questo si traduce quasi automaticamente in un rischio di duplicazione e sovrapposizione di competenze tra i due organi, problemi che si riguardano anche le relazioni con il segretariato generale del Consiglio, le quali si sono rivelate, tuttavia, meno complesse. Difficile è anche la cooperazione all’interno delle delegazioni, dove la comunicazione tra il personale del Servizio e i funzionari della Commissione si è rivelata poco fluida, specialmente per quanto riguarda i rapporti fatti da questi ultimi e le istruzioni ricevute da Bruxelles. La Corte dei conti evidenzia infatti che
“I capi delegazione e i responsabili geografici presso la sede centrale non sono sempre informati delle istruzioni e relazioni scambiate tra la sede centrale della Commissione e il personale della Commissione nelle delegazioni.”
Anche questa mancanza di dialogo si riflette inevitabilmente in una fonte di inefficienza alimentata anche da una gestione separata dei budget amministrativi.
Per quanto riguarda il Parlamento, il suo ruolo in materia di PESC rimane essenzialmente consultivo, con possibilità di rivolgere interrogazioni e raccomandazioni al Consiglio e all’alto rappresentante. Nonostante rimanga margine di manovra per un ampliamento di queste funzioni, Mogherini ha mostrato una chiara volontà, nel corso del proprio mandato, di rafforzare i rapporti con il Parlamento.
Inoltre, l’articolo 5.9 della decisione SEAE prevede una “stretta cooperazione” tra le delegazioni dell’Unione e i servizi diplomatici degli Stati membri per assicurare il coordinamento verticale tra le politiche UE e quelle dei singoli Stati, i cui benefici sono potenzialmente molteplici: migliore trasmissione delle informazioni, condivisione delle strutture logistiche, possibilità per le delegazioni UE di fornire servizi consolari ai propri cittadini, migliore allocazione delle risorse ed efficienza dei servizi. Tali possibilità rimangono però in larga parte poco sviluppate e la comunicazione resta poco trasparente, soprattutto da parte degli Stati membri, nonostante l’articolo 5 (9) della decisione del Consiglio specifichi che: “Le delegazioni dell’Unione operano in stretta cooperazione e condividono le informazioni con i servizi diplomatici degli Stati membri”.
Prospettive future: cosa aspettarsi dal SEAE?
Sicuramente la creazione del SEAE ha rappresentato un passo fondamentale per lo sviluppo di una politica estera europea più strutturata. L’istituzione di un Servizio indipendente ha reso disponibili nuovi strumenti per rafforzare coerenza ed efficacia della PESC e segna una tendenza verso una politica estera sempre più a conduzione comune. Ad oggi, le grandi possibilità offerte dal SEAE rimangono in larga misura non pienamente sviluppate, soprattutto a causa dei limiti strutturali evidenziati del Servizio. Tuttavia, tali criticità sono in parte imputabili alla complessità di quest’organo e alla sua recente istituzione e future modifiche potranno certamente migliorarne l’intera struttura. In questo senso, dalle valutazioni passate, è emersa una chiara volontà, da parte del Servizio, di correggere le proprie inadeguatezze (soprattutto a livello amministrativo) e di promuovere un miglior coordinamento con le istituzioni e i singoli Stati.
Bisognerà quindi attendere un prossimo riesame per poter capire se, durante il mandato della Commissione von der Leyen, il SEAE sarà davvero in grado di essere all’altezza del ruolo di “ministero degli Esteri europeo”.
Fonti e approfondimenti
Comelli M., Pirozzi N., “La politica estera dell’Unione europea dopo Lisbona”, IAI, n.72- 2013
Consiglio dell’UE, Council conclusions on the EEAS Review, 17/12/2013
Consiglio dell’UE, Proposal for a Council Decision establishing the organisation and functioning of the European External Action Service, 25/03/2010.
Corte dei conti europea, Relazione speciale: l’istituzione del Servizio europeo per l’azione esterna, 30/06/2014
Gianniou, M.; Galariotis I. The European External Action Service: Towards a More Coherent EU Foreign Policy? St Antony’s International Review Vol. 12, No. 1, pp. 104-119, Maggio 2016
Parlamento europeo, European Parliament recommendation to the High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy and Vice President of the European Commission, to the Council and to the Commission of 13 June 2013 on the 2013 review of the organisation and the functioning of the EEAS, 13/06/2013
SEAE, Implementing of the EEAS Review: Progress Report of the High Representative to the Council, 8/01/2016
Vai, L. “Aspettando il SEAE: limiti e potenzialità del Servizio Europeo per l’Azione Esterna”, in Giovanni Finizio e Umberto Morelli (a cura di), L’Unione Europea nelle relazioni internazionali, Roma, Carocci, 2015.