Turchia e Repubblica Turca di Cipro Nord: le relazioni oltre la retorica nazionalista

Turchia Cipro Nord
@Adam Jones - wikimedia commons - CC BY-SA 2.0

Lo scorso 20 luglio si sono svolte, nella parte nord di Nicosia, le celebrazioni ufficiali tra le autorità turco-cipriote e turche per commemorare il quarantaseiesimo anniversario del primo intervento turco a difesa della minoranza turco-cipriota, minacciata dai greci ultranazionalisti dell’Organizzazione Nazionale dei Combattenti Ciprioti (EOKA) nel 1974.

Questo tipo di eventi è il risultato della retorica nazionalista del motherland-babyland, secondo cui la Turchia sarebbe una madre protettiva nei confronti di una Cipro considerata come un bambino da accudire. Il discorso del motherland-babyland continua a essere ritenuto la dinamica principale delle relazioni tra le due società. Tuttavia, un primo studio pubblicato nel 2012 dalla Turkish Economic and Social Studies Foundation ha rilevato che i turco-ciprioti preferirebbero lo sviluppo di una relazione fraterna tra eguali rispetto all’attuale, gerarchica e paternalistica. Un altro studio del 2020, che ha considerato le principali tendenze, i pregiudizi e le aspettative tra Turchia e Cipro Nord, ha concluso che sono in aumento la diffidenza e i preconcetti tra turchi e turco-ciprioti.

La retorica del motherland e babyland

La rappresentazione storiografica turca di Cipro come un’estensione della penisola anatolica e la condivisione da parte dei turco-ciprioti della lingua turca, della religione islamica e di valori sociali sono fattori che hanno rafforzato la rappresentazione del rapporto tra Turchia e Cipro Nord nei termini di motherland e babyland. La presunta relazione di unità e integrità tra le due parti fu enfatizzata sin dai tempi dell’Impero ottomano. Tuttavia, con la nascita dell’odierna Turchia, i legami tra Cipro e la Turchia furono interrotti, in linea con la politica di non interventismo adottata da Mustafa Kemal verso le popolazioni turche presenti al di fuori dei confini definiti dal Patto Nazionale del 1920.

Negli anni Cinquanta, grazie al contributo di intellettuali, studenti e leader politici turco-ciprioti mossi da ideali pan-turchi, come Rauf Denktas, l’isola divenne una questione centrale per l’opinione pubblica turca e il governo di Ankara. Negli anni Sessanta, in seguito agli scontri inter-comunitari tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, la retorica della causa nazionale si rafforzò. Inoltre, quest’ultima fu fomentata anche dal contesto internazionale della Guerra Fredda: la Turchia condivideva un confine con l’Unione Sovietica e la presenza di un Paese non allineato a sud rappresentava un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale.

Per tutte queste ragioni, l’invasione turca del 1974, in seguito al colpo di stato sostenuto dalla Giunta greca, venne salutata con entusiasmo sia dalla Turchia che dalla comunità turco-cipriota. L’isola fu così divisa in due parti, separate da una green zone controllata dalle Nazioni Unite. La parte sud, la Repubblica di Cipro, è abitata da greco-ciprioti e riconosciuta dalla comunità internazionale. La parte nord è occupata, invece, dalla Repubblica Turca di Cipro Nord (RTCN), formalmente nata nel 1983 e riconosciuta soltanto dal governo di Ankara; qui troviamo turco-ciprioti e i cosiddetti coloni turchi.

La mancata risoluzione del conflitto, l’isolamento internazionale e l’embargo hanno negli anni consolidato la retorica nazionalista turca verso la RTCN. Tuttavia, le nuove generazioni di turco-ciprioti hanno iniziato a esprimere la propria insofferenza e il desiderio di indipendenza verso una Turchia vista come una madre autoritaria, o come quello che nella teoria delle Relazioni Internazionali è definito un patron state: un Paese più grande, o più forte, che protegge un Paese client, più debole e spesso non riconosciuto.

La RTCN vista dalla Turchia: da causa nazionale a fardello

Nei primi anni del Duemila il partito turco di Giustizia e Sviluppo (AKP) cercò di ridefinire l’approccio turco alla questione cipriota tentando la via della conciliazione. La Turchia iniziò a percepire Cipro Nord come un fardello nazionale e un ostacolo ai negoziati per l’accesso all’Unione europea. Tra il 2002 e il 2003, inoltre, si verificarono forti proteste in favore dell’unificazione dell’isola, guidate dai partiti ciprioti di centro-sinistra. Tra i motivi della mobilitazione vi fu, in primis, la pesante crisi economica che colpì la Turchia nel 1999 e che fece crollare il valore della lira. L’economia di Cipro Nord subì forti ripercussioni, con perdite per un valore che si aggirava intorno ai 200 milioni di dollari. Altri motivi furono l’assassinio del giornalista dell’opposizione Kutlu Adali e l’arresto di Sener Levent, reporter del quotidiano Avrupa. Infine, le proteste furono alimentate dal crescente risentimento verso l’arrivo di molti migranti, perlopiù arabi e curdi scarsamente qualificati provenienti dalla Turchia sud-orientale. Questi vennero percepiti come nuovi coloni, che si sarebbero aggiunti a quelli impiantati dal governo turco alla fine degli anni Settanta e originari delle zone rurali dell’Anatolia. Secondo i partiti di centro-sinistra, queste migrazioni avrebbero rafforzato il partito di destra di Denktas, oltre a impedire l’espressione della volontà politica turco-cipriota.

In seguito al fallimento del piano Annan per la riunificazione dell’isola nel 2004 e alla sospensione delle negoziazioni per l’entrata della Turchia nell’Unione europea, l’AKP ritornò su posizioni più nazionaliste. Dal 2004 la Turchia avviò una serie di riforme economiche per sviluppare la RTCN, dimostrando così che i suoi interessi rimanevano più strategici che ideologici. La Turchia assunse progressivamente un ruolo affine a quello del Fondo Monetario Internazionale per la RTCN, spingendo per avviare una profonda trasformazione in senso neoliberale dell’economia di Cipro Nord, caratterizzata da profondi deficit strutturali. Questa scelta ridimensionò la pesante macchina statale della RTCN e la rese, allo stesso tempo, un’area di investimento in grado di attirare capitale estero.

Con l’assenso di ampi settori della borghesia turco-cipriota, decisa a rompere la dipendenza economica dalla Turchia e a favorire l’integrazione di Cipro nord nei mercati internazionali, la Turchia impose diversi programmi di austerità e di privatizzazione delle imprese statali, come quelli già avviati nella Penisola Anatolica a partire dagli anni Ottanta. Il capitale turco penetrò i settori del commercio, delle infrastrutture, dell’istruzione, delle costruzioni e del turismo della RTCN. Questo fu possibile grazie a diversi accordi di cooperazione economica tra Turchia e RTCN e tramite la creazione di istituzioni, come il Turkey-TRCN Business Council, con l’obiettivo di facilitare l’arrivo del capitale privato turco a Cipro. Le politiche neoliberiste, oltre a ridurre la capacità distributiva del governo della RTCN, alimentarono le proteste da parte dei sindacati tra il 2011 e il 2013. A essere colpiti dalle politiche di tagli alla spesa pubblica, dalla precarizzazione del lavoro e dall’aumento della disoccupazione, che passò dal 5,4% nel 2009 al 16% nel 2015, furono i membri della classe media, in particolare i dipendenti pubblici, e i ceti popolari.

Verso le elezioni presidenziali del 2020

Le proteste di Gezi dell’estate 2013, la guerra in Siria e la relativa crisi migratoria, il rinnovato conflitto con le forze curde nel sud-est della Turchia e il colpo di stato del 2016 hanno messo in ombra la questione di Cipro. Le recenti dispute che hanno avuto origine per la scoperta di nuovi giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale, insieme al crescente autoritarismo del governo di Erdoğan, hanno aumentato il senso di insoddisfazione da parte della RTCN.

Dopo il fallimento del debole tentativo di negoziati per la riunificazione di Cipro nel 2017, le tensioni sono aumentate quando il presidente della RTCN Mustafa Akıncı ha criticato, nel 2019, l’Operazione Primavera di Pace nella Siria del Nord, venendo ammonito dal presidente Erdogan per aver “oltrepassato i limiti”. Nel 2020 lo stesso Akıncı, nel corso di un’intervista, ha descritto lo scenario di una possibile annessione della RTCN alla Turchia come “orribile”, venendo criticato duramente da Erdoğan e dal ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu.

Un’interessante occasione per comprendere meglio il continuo cambiamento delle dinamiche delle relazioni tra Turchia e RTCN saranno le elezioni presidenziali che si terranno l’11 ottobre, dopo essere state posticipate di sei mesi per la pandemia di Covid-19. A sfidare nel ballottaggio il presidente Akıncı, fautore di una maggiore indipendenza da Ankara e favorevole a trovare un accordo con la parte greca, potrebbero essere il Primo ministro Ersin Tatar, vicino alle posizioni di Ankara per una partizione definitiva dell’isola, e il leader del Partito Repubblicano Turco Tufan Erhurman, che è salito nei consensi nell’ultimo periodo a causa della cattiva gestione sanitaria dell’attuale governo.

 

Fonti e approfondimenti

F. Asli Ergul Jorgensen, Dilek Latİf, “Different than us’? Reciprocal perceptions of the societies in Turkey and North Cyprus”, Mediterranean Politics, 2020

Bozkurt U., “Turkey: From the ‘Motherland’ to the ‘IMF of northern Cyprus’?”, Cyprus Review, 2014

Bryant R., Hatay M., “Turkish Perceptions of Cyprus: 1948 to the Present”, PRIO Cyprus Centre, 2015

Cihanli B., “Political Economy of the 1999 Banking Crisis in North Cyprus: A Sovereignty Approach”, Masters of Science in Economic Theory and Policy, 2020

Ioannou G. , Charalambous G., “The social and political impact of the Cyprus economic crisis (2010–2017)”, Friedrich-Ebert-Stiftung, 2017

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