Il 30 agosto 2020 si sono svolte le elezioni parlamentari in Montenegro, in cui risultati inaspettati stanno portando alla richiesta di un effettivo cambiamento politico nella classe dirigente del Paese, data anche la straordinaria affluenza alle urne (76,5%). Lo storico partito del presidente Milo Djukanovic non ha più la maggioranza: l’alleanza dei tre principali partiti di opposizione ha infatti guadagnato 41 degli 81 seggi disponibili in Parlamento, contro i “soli” 40 del Partito Democratico dei Socialisti (DPS) e di altri partiti minori.
Il Montenegro è una Repubblica parlamentare, con un’assemblea unicamerale formata da 81 membri eletti ogni quattro anni; per formare un governo, è sufficiente una maggioranza di 41 deputati. I partiti in lizza possono coalizzarsi tra loro e presentarsi con una o più coalizioni, così da poter raggiungere un maggior numero di voti. Il presidente invece, ha il ruolo di rappresentare il Paese all’estero e di nominare il Primo ministro su proposta dell’Assemblea. In questo caso, Djukanovic rimarrà in carica fino alle prossime elezioni presidenziali del 2023, con il rischio di porsi in aperta contrapposizione alla nuova linea politica del Parlamento e di creare così uno scontro tra i due organi.
Perchè un partito con una solida tradizione di governo e supportato dal presidente in carica non ha raggiunto la maggioranza elettorale? Quali programmi politici saranno promossi dai partiti vincitori?
La campagna elettorale e gli scontri lungo la costa
Tra i motivi principali per cui il Partito Democratico dei Socialisti non ha raggiunto la soglia minima di seggi, la questione religiosa ha giocato un ruolo fondamentale.
Infatti, è indubbio che la contestata legge sulla libertà religiosa voluta dal governo di Djukanovic e le manifestazioni di piazza avvenute nel corso di quest’anno abbiano spostato l’elettorato verso i partiti e le posizioni filo-serbe.
Tuttavia, le violenze della polizia sulla popolazione civile avvenute a Budva e Kotor hanno contribuito in misura maggiore alla disfatta del DPS, soprattutto nella regione costiera. I fatti risalgono a giugno 2020 quando si sono svolte le elezioni comunali. La vittoria di Marko Carević portò il candidato e i sostenitori del DPS a compiere un vero e proprio golpe locale, facendo momentaneamente destituire e arrestare dalla polizia il neoeletto sindaco. Le proteste di piazza, le tensioni crescenti e la prepotenza dei rappresentanti del DPS hanno probabilmente determinato la carenza di voti per il partito di Djukanovic alle elezioni nazionali e alle amministrative dei comuni costieri.
Oltretutto, l’Ufficio per le Istituzioni democratiche e per i Diritti Umani (ODIHR), nelle sue conclusioni in merito alla Missione di osservazione elettorale limitata (LEOM), ha constatato che le elezioni si sono svolte in un’atmosfera polarizzata per quanto riguarda le questioni della Chiesa e dell’identità nazionale. Secondo l’opinione dell’europarlamentare e capo missione Tamas Meszerics: “I partecipanti sono stati in grado di trasmettere i loro messaggi, ma il partito al potere ha ottenuto un ingiusto vantaggio attraverso l’uso improprio delle risorse statali e la copertura mediatica dominante”.
I partiti in lista
I 27 deputati eletti per la maggior parte dal Fronte Democratico, tradizionale partito di opposizione guidato da Zdravko Krivokapic e pilastro della coalizione “Per il Futuro del Montenegro, hanno avuto non solo il pieno ed esplicito sostegno della Chiesa serbo-ortodossa, ma anche dei giornalisti e dei media in Serbia. Infatti, “Per il Futuro del Montenegro” è una coalizione composta da partiti etno-nazionalisti, clericali, conservatori e populisti con un’ampia base elettorale filo-serba, filo-russa e anti-NATO. Si ricordi che nel 2006 la maggior parte dei leader del Fronte Democratico aveva osteggiato il referendum per l’indipendenza dalla Serbia. Tra le fila della macro coalizione sono stati eletti deputati politicamente anche molto distanti tra loro: troviamo per esempio esponenti della “Nuova Democrazia Serba”, del “Movimento per i Cambiamenti”, del “Montenegro Unito” e del “Partito Popolare Socialista del Montenegro”.
La coalizione “Peace is Our Nation” che ruota attorno alla figura di Aleksa Becic, invece, raccoglie le nuove forze populiste del Montenegro Democratico (Demokrate Crne Gore – DCG) e del Partito Nazionale Socialista del Montenegro (Socijalisticka Narodna Partija Crne Gore – SNP). Questo gruppo di partiti di natura diversa si è sempre posto a favore dell’unione con la Serbia. Anche se il DCG ha cercato di ridefinirsi come un partito civico e pro-europeo, negli ultimi quattro anni i suoi membri eletti si sono rifiutati di sedere nel Parlamento montenegrino, in aperto contrasto con le indicazioni dell’UE e con il fine di ostacolare ogni ulteriore passo verso l’integrazione europea, iniziata nel 2012. Questo loro comportamento a tratti ambiguo e apertamente filo-serbo gli ha permesso di prendere parte alle manifestazioni antigovernative e a favore della Chiesa serbo-ortodossa, così da poter rivendicare quanti più voti possibili in nome della libertà religiosa (e identitaria) dei montenegrini serbo-ortodossi.
La terza coalizione, e il possibile ago della bilancia per il futuro democratico del Montenegro, è la coalizione “Nero su Bianco” il cui principale esponente, Dritan Abazovic, appartiene al Partito Ujedinjena Reformska Akcija (URA). Si tratta di un partito civico, verde e filoeuropeo. Nonostante siano stati eletti soltanto quattro parlamentari, quest’ultimi sono essenziali per la costituzione del nuovo Parlamento e potrebbero giocare un ruolo attivo in sede decisionale. Come sottolinea Dritan Abazovic durante un’intervista sugli obiettivi del nuovo governo rilasciata a Deutsche Welle e selezionata dall’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa:
“Ritengo che quanto si affermi su un’opposizione ‘pro-russa e pro-serba’ sia falso. Non perché non esistano questo tipo di partiti o perché non abbiano ottenuto un significativo numero di seggi ma perché dobbiamo formare un governo civico di coalizione. Non ha vinto nessuna maggioranza pro-serba. Piuttosto, la gran maggioranza dei cittadini del Montenegro ha reclamato un cambiamento.”
I risultati elettorali
Il Fronte Democratico di Montenegro (DF) di orientamento filo serbo, ha ottenuto il 35,5% dei voti e 27 seggi con la coalizione “Per il futuro del Montenegro”; la coalizione “Peace is Our Nation”, invece, ha ottenuto il 12,5% dei voti e 10 seggi. Queste due coalizioni, che si sono assicurate quasi da sole la maggioranza dei voti elettorali, sono formate da partiti politicamente anche distanti tra loro: “Peace is Our Nation”, ad esempio, contiene al suo interno partiti filo serbi, una lista civica per la riconciliazione popolare e centristi. Il terzo blocco dell’opposizione, con a capo l’europeista Dritan Abazovic per la lista civica “Nero su Bianco”, ha guadagnato il 5,5% dei voti e quattro seggi. La somma dei seggi ha portato la coalizione dei partiti di opposizione ad assicurarsi 41 seggi su 81.
In contrasto con quanto storicamente annunciato, il partito di Milo Djukanovic ha invece ottenuto nel complesso 40 seggi, anche grazie al sostegno di alcuni partiti minori di ispirazione croata ed etnonazionalista. Nonostante i festeggiamenti per la vittoria della coalizione e l’impegno comune per porre fine al regime di “Re Milo”, le tre coalizioni risultano molto distanti sul piano valoriale e identitario, oltre che dal punto di vista del programma elettorale.
Oltretutto, il numero totale dei seggi conquistati (41) è indicativo di una maggioranza fragile e supportata da una base elettorale disomogenea al suo interno. Questa vittoria, debole in termini numerici, porta con sé il duplice rischio di formare un governo con un unico partito al comando oppure di sfociare in un impasse politico tra le diverse coalizioni.
A sinistra in arancione sono rappresentati i 30 seggi del DPS; al centro in rosa ci sono 10 seggi della coalizione “Peace is our Nation” e a destra in blu ci sono i 27 seggi della coalizione “Per il Futuro del Montenegro”.
Il governo tecnico e gli obiettivi per una democrazia in Montenegro
Il cambiamento rivendicato da tutti e tre i leader di coalizione è sintetizzabile nel desiderio di riformare il regime costruito da Djukanovic, senza sfociare in un nuovo regime monopartitico. Per questo motivo, i vincitori della tornata elettorale hanno già firmato un accordo sui principi della nuova coalizione di governo, che sarà composta da non meno di 20 partiti, e la creazione di un governo tecnico ad interim, posto a salvaguardia delle elezioni parlamentari del 2024.
Inoltre, il presidente uscente dell’Assemblea del Montenegro, Ivan Brajović, ha proposto che la sessione costitutiva del nuovo Parlamento avesse luogo il 23 settembre, a meno di un mese dalle elezioni, incontrando il parere positivo di tutti i leader di partito e spingendo senza ulteriori tentennamenti verso un effettivo inizio della legislatura. Tra i vari argomenti trattati, la sessione ha avuto come oggetto di discussione la votazione della proposta a capo di governo di Zdravko Krivokapić, leader del Fronte Democratico, con il sostegno unanime di tutte e tre le coalizioni.
I temi che il prossimo Parlamento montenegrino dovrà affrontare non sono pochi e per quanto riguarda le questioni interne al Paese spaziano dalla lotta alla corruzione politica, alla criminalità organizzata, fino alla disparità sociale e di risorse economiche. Sul piano delle relazioni internazionali, invece, si dovrà osservare attentamente quale peso politico avranno i partiti filo-serbi e quelli europeisti per la presenza del Montenegro nella NATO (entrata nel 2017 grazie anche all’astensione del DCG), il riconoscimento del Kosovo e l’avanzamento nell’integrazione europea.
Nonostante la risonanza mediatica che il successo elettorale ha generato nei confronti dei partiti un tempo all’opposizione, la strada verso la normalizzazione del processo democratico è ancora lunga e piena di ostacoli. Il declassamento dello Stato di Montenegro da “Democrazia” a “Regime Ibrido” da parte del rapporto di Freedom House nel 2020 riassume lo status quo attuale della politica montenegrina. Sarà interessante osservare come il Parlamento sorretto da un’esigua maggioranza numerica riuscirà a bilanciare non solo le proposte o l’ostruzionismo del partito di Djukanovic (cui appartengono 40 seggi), ma anche le possibili derive autoritarie dei partiti presenti nella coalizione di governo.
Fonti e approfondimenti
Balkan Insight, Live Blog: Montenegro Elections 2020, Podgorica, 30/08/2020;
European Western Balkans, Constitutive session of the Assembly of Montenegro to take place on 23 September, 17/09/2020;
Kajosevic Samir, “Budva: arrestati sindaco e parte del consiglio comunale”, Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa, Budva, 18/06/2020;
Kajosevic Samir, “Montenegro Coalition Leaders Agree on ‘Pro-European’ Course”, Balkan Insight, Podgorica, 09/09/2020;
Kajosevic Samir, “Montenegro Opposition Pledges to Maintain Country’s EU Path”, Balkan Insight, Podgorica, 01/09/2020;
OSCE, Parliamentary Elections, 30 August 2020, Podgorica, 31/08/2020;
Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa, Montenegro: consenso su Krivokapić a capo del governo, 24/09/2020;
Plamenac Branka, “Amministrative in Montenegro: gli elettori puniscono la corruzione politica”, Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa, Budva, 17/09/2020;
Roze Jasmina, “Dritan Abazović: rendere effettiva l’alternanza in Montenegro”, Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa, 08/09/2020;
Sinisa Vukovic, Majda Ruge, “What Montenegro’s future government means for the Western Balkans”, European Council on Foreign Relations, 15/09/2020