L’importanza del Senato alle elezioni USA del 2020

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Copertina di Riccardo Barelli.

Verso il prossimo 3 novembre gli occhi sono tutti puntati sulla corsa presidenziale che vede contrapposti Trump e Biden. Accanto a questa, però, c’è una sfida che sarà altrettanto importante per determinare gli equilibri di potere che definiranno almeno il prossimo quadriennio: il voto per il Senato USA.

La situazione attuale

Ad oggi la camera alta statunitense è a maggioranza repubblicana. Il GOP infatti occupa 53 seggi sui 100 disponibili e ne detiene il controllo dal 2014, quando i democratici persero 9 seggi alle elezioni di medio termine del secondo mandato Obama. I democratici occupano invece 45 seggi, mentre i due rimanenti sono di Bernie Sanders e Angus King, due indipendenti che però sono spesso allineati con il Partito democratico.

Il 3 novembre saranno in palio 35 seggi, secondo lo schema che vede circa un terzo del Senato rinnovarsi ogni due anni: il mandato dei senatori è infatti sessennale. Di questi seggi, 23 sono attualmente occupati da repubblicani e 12 da democratici. Questo è un vantaggio non indifferente per il GOP, che può giocare in difesa e godere del vantaggio dell’incumbency per molti dei propri candidati. Molti dei seggi repubblicani che si rinnovano sono inoltre in Stati che tradizionalmente sono roccaforti conservatrici, il che rende la strada piuttosto in salita per i democratici.

Proprio questi hanno bisogno di riconquistare il Senato – hanno già la maggioranza nella Camera dei Rappresentanti – per poter avere il pieno controllo del ramo legislativo. Se Biden, in caso di vittoria, si trovasse nella posizione di essere, dal primo giorno di presidenza, una cosiddetta anatra zoppa (ovvero, senza il controllo del legislativo), i democratici si troverebbero davanti a dei problemi enormi.

Le corse da guardare sono, principalmente, quelle nei sette Stati più in bilico dove il seggio è attualmente repubblicano, ovvero Arizona, Colorado, North Carolina, Maine, Iowa, Georgia, Montana. A questi si aggiungono il Michigan, attualmente democratico ed essenziale da mantenere per avere speranze di ribaltare la situazione, e l’Alabama, dove l’incumbent Doug Jones (democratico) corre seriamente il rischio di perdere il seggio.

L’importanza del Senato USA nel 2020

Il caso in cui Biden vinca le elezioni ma non ottenga la maggioranza in Senato non è così remoto: come detto prima, il GOP ha un notevole vantaggio per mantenere il controllo della camera alta. Per riconquistarla (ovvero ottenere almeno un 50-50, facendo così valere il voto decisivo, nel caso, della vicepresidente Harris) i democratici dovranno sfondare in Stati rurali (come il Montana) o a sud della Mason-Dixon line, quindi territori con caratteristiche demografiche che avvantaggiano i repubblicani. Nonostante FiveThirtyEight dia come possibile una maggioranza Dem (63% di probabilità), la corsa è molto aperta.

Per i democratici, vincere la presidenza con Biden senza però ottenere il controllo del legislativo sarebbe un risultato di poco al di sopra del disastroso. Scongiurare il pericolo Trump è ovviamente l’obiettivo principale, ma è anche il minimo necessario, ma non sufficiente, per bilanciare lo squilibrio di potere istituzionale che è nelle mani dei conservatori in questo momento. In particolare, le considerazioni da fare sono da un lato relative al ramo legislativo, dall’altro al ramo giudiziario dell’assetto politico-istituzionale statunitense.

Il problema legislativo

Dal punto di vista dell’iniziativa legislativa, non avere un controllo saldo – quindi con un buon margine, possibilmente – della camera alta significherebbe, per i democratici, esporsi a una impasse politico-istituzionale almeno biennale, fino alle prossime Midterm. Il Partito repubblicano ha dimostrato, negli ultimi mesi, di essere diventato sempre meno disponibile al compromesso, come nei casi dello shutdown governativo, dell’impeachment a Trump e delle leggi passate per mitigare la crisi dovuta al Covid-19.

Biden, però, si è presentato a queste elezioni con un progetto politico che, seppur moderato, è estremamente ambizioso per quelle che sono le corde del Partito democratico e fondamentale per una grossa fetta dell’elettorato. Tutte le questioni relative all’ambiente, al welfare, alla lotta al razzismo strutturale sono temi su cui Biden sarà sottoposto a un feroce scrutinio dall’elettorato democratico. Se i repubblicani dovessero trovarsi nella posizione di poter bloccare le iniziative legislative dei democratici, in particolare su questi temi, questo alimenterebbe senza dubbio le frustrazioni di un elettorato sempre più progressista che chiede un cambiamento radicale alla politica statunitense.

Senato, Corte Suprema e le richieste di packing the Court

La seconda questione rilevante è quella che lega il controllo del Senato al controllo del ramo giudiziario, visto che negli USA è la camera alta a decidere sulle nomine dei giudici per la Corte Suprema. La Corte, di solito composta da 9 membri, vede attualmente una maggioranza di 5-3 a favore dei conservatori in seguito alla morte di Ruth Bader Ginsburg, giudice progressista. In aggiunta a ciò, Trump e McConnell (leader repubblicano al Senato) hanno dichiarato di voler procedere con la nomina di Amy Coney Barrett, giudice delle Corti di Appello del 7° circuito (rappresentante diversi Stati del Midwest). Coney Barrett è estremamente conservatrice, con posizioni dure su questioni come il diritto di aborto e i matrimoni per persone dello stesso sesso che con lei, e quindi con una maggioranza conservatrice di 6-3, sarebbero oggetto di continui attacchi e rischierebbero di subire enormi passi indietro nei prossimi anni. 

Già il 5 ottobre i giudici Alito e Thomas, conservatori, hanno espresso la volontà di ribaltare la storica sentenza Obergefell v. Hodges del 2015, che garantì alle persone dello stesso sesso il diritto di sposarsi. Al contempo, da almeno un anno sono iniziati gli attacchi dei repubblicani a Roe v. Wade, la sentenza del 1973 che garantì il diritto di aborto negli USA. Ricordiamo che la Corte ha un ruolo importante anche nel decidere su temi quali la voter suppression, questione molto calda in questa tornata elettorale. Infine, sempre la Corte potrebbe essere fondamentale nel caso questa elezione presidenziale sia contestata, ovvero nel caso dal voto del 3 novembre non esca un chiaro vincitore, come accadde nel 2000 quando la sentenza Bush v. Gore fu decisiva per l’esito finale. 

Va da sé, quindi, che una Corte con maggioranza conservatrice di 6-3 (con 5 giudici di maggioranza molto conservatori, Roberts escluso) può diventare un hotspot politico-istituzionale per riportare indietro l’orologio sui diritti civili e politici. Da qui l’importanza del Senato: per espandere la Corte e nominare nuovi giudici – mossa che permetterebbe di ricostruire una maggioranza progressista, per esempio espandendo i membri da 9 a 13 e nominando 4 democratici – servirà il controllo della camera alta.

Dal Senato passa il destino degli Stati Uniti

Il Senato sarà quindi decisivo per il futuro politico degli Stati Uniti, non tanto quanto la presidenza ma cionondimeno fondamentale. Per i repubblicani, mantenerlo significherebbe avere almeno due anni durante i quali impedire ai democratici il passaggio dei loro progetti legislativi di riforma, mettendo al contempo in cassaforte la maggioranza alla Corte Suprema, di 5-3 o 6-3 a seconda della conferma o meno di Coney Barrett. Questo renderebbe un’eventuale sconfitta di Trump molto meno amara, perché un tale assetto darebbe comunque loro la possibilità di mantenere lo status quo legislativo, sfruttando al contempo la Corte per cancellare alcune tra le sentenze più progressiste della storia statunitense.

Per i democratici, invece, la partita è fondamentale per il motivo opposto: senza il Senato il loro progetto politico rischia di schiantarsi contro il muro dell’opposizione del GOP. Questo non solo aprirebbe le porte ai rischi di cui prima, ma andrebbe anche a spazientire quella fetta di elettorato più progressista che il 3 novembre voterà Biden non per allineamento ideologico, ma solo per scongiurare un secondo mandato Trump. Negli ultimi cinque anni, dalle primarie che videro Clinton e Sanders sfidarsi, la voce dell’ala di sinistra del Partito democratico è cresciuta a dismisura: per non perdere la fiducia di queste persone, servirà tutto il potere politico necessario per poter affrontare di petto le sfide che l’elettorato democratico chiede ai propri rappresentanti.

 

Fonti e approfondimenti

Howe Amy, “Profile of a potential nominee: Amy Coney Barrett”, SCOTUSblog, 21/09/2020

Pramuk Jacob, “A guide to 2020′s most important Senate races”, CNBC, 11/09/2020

Reutenberg Jim, “The Attack On Voting”The New York Times, 30/09/2020

US Senate Forecast, FiveThirtyEight

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