La lotta al climate change, sviluppatasi e amplificatasi negli ultimi anni, ha ulteriormente contribuito a mettere in luce gli effetti dei disastri e dell’inquinamento ambientale nei confronti degli ecosistemi e delle nostre comunità. Questi fenomeni infatti, oltre a causare danni alle collettività e all’ambiente in generale, lasciano dietro di essi una scia di effetti nocivi difficilmente riparabili o che impiegano molto tempo prima di essere assorbiti. Negli ultimi decenni, negli Stati Uniti, questi fenomeni sono minacciosamente cresciuti e quelli di cui parleremo in questo articolo hanno tutti una causa in comune: l’attività umana.
Petrolio: sversamenti e danni ambientali
Gli incidenti dovuti agli sversamenti di petrolio in mare sono tra i disastri ambientali più gravi che possano accadere e negli Stati Uniti questo tipo di incidente è più volte avvenuto negli ultimi trent’anni. A partire dalla Exxon Valdez, passando per la Deepwater Horizon, fino all’ultimo sversamento avvenuto nella California del Sud lo scorso autunno.
Il 24 marzo 1989 la superpetroliera di proprietà della Exxon chiamata Exxon Valdez colpì una scogliera di Bligh Reef nello stretto di Prince William, nel golfo dell’Alaska. L’incidente provocò la dispersione in mare di 40,9 milioni di litri di petrolio inquinando 1.900 km di coste e portando alla morte, secondo le stime, di 250.000 uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, centinaia di altri uccelli, mammiferi marini e uova a causa della contaminazione.
Il disastro della Exxon Valdez fu per molto tempo il peggior disastro ambientale causato dalla fuoriuscita di greggio in acqua. Un triste primato superato nell’aprile 2010 dalla Deepwater Horizon, piattaforma petrolifera di proprietà svizzera affittata alla multinazionale britannica BP stazionante sopra al pozzo di Macondo nel Golfo del Messico, a circa 70 km dalla Louisiana. Lo sversamento di petrolio, iniziato il 20 aprile 2010 a causa di un’esplosione che provocò un incendio a bordo e la dispersione di 11 persone, è terminato nel luglio seguente in seguito agli sforzi della stessa BP e dell’amministrazione Obama, con la chiusura definitiva del pozzo il successivo 4 agosto.
L’ultimo disastro risale infine al 4 ottobre scorso, al largo delle coste della California del Sud, precisamente nella Contea di Orange, c’è stato uno sversamento di petrolio dovuto a un guasto che ha portato alla rottura di un oleodotto di proprietà di una compagnia texana. Dall’oleodotto, collegato a una piattaforma offshore, si sono riversati nelle acque della costa del Pacifico quasi mezzo milione di litri di greggio prima della messa in sicurezza. Huntington, Newport e Laguna Beach sono state le città più colpite, vedendosi costrette a chiudere le proprie spiagge e le attività peschiere sulla costa con una grande macchia nera pericolosamente allargatasi in mare. Centinaia di uccelli sono stati recuperati e molti altri sono morti invece, per l’avvelenamento, così come molti pesci, senza contare il danno ai luoghi di deposizioni delle uova di questi ultimi.
L’inquinamento dell’aria
L’inquinamento dell’aria si riferisce al rilascio di sostanze inquinanti in essa che danno vita a fenomeni dannosi per la salute umana e per il pianeta nel suo insieme. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno l’inquinamento atmosferico è responsabile di quasi sette milioni di morti in tutto il mondo. Nove esseri umani su dieci attualmente respirano aria che supera i limiti delle linee guida dell’OMS per gli inquinanti, con quelli che vivono nei Paesi a basso e medio reddito che ne soffrono di più. Negli Stati Uniti, il Clean Air Act, istituito nel 1970, autorizza la US Environmental Protection Agency a salvaguardare la salute pubblica regolando le emissioni di questi inquinanti atmosferici.
Secondo il rapporto State of the Air del 2021 dell’American Lung Association, circa quattro residenti su dieci negli Stati Uniti, 135 milioni di persone, vivono in contee con livelli di inquinamento atmosferico troppo alti e malsani. C’è da dire comunque, che da quando il rapporto annuale è stato pubblicato per la prima volta, nel 2000, i dati hanno mostrato come il Clean Air Act sia stato in grado di ridurre le emissioni nocive dei trasporti, delle centrali elettriche e della produzione.
Recenti scoperte, tuttavia, riflettono come gli incendi provocati dai cambiamenti climatici e il caldo estremo si stiano aggiungendo alle sfide della protezione della salute pubblica. L’ultimo rapporto, che si concentra sull’ozono, sull’inquinamento da particelle durante tutto l’anno e sull’inquinamento da particelle a breve termine, rileva anche disparità razziali. Di questo ne parleremo più avanti.
John Walke, direttore del Clean Air Project, ha affermato che «la maggior parte dell’inquinamento atmosferico deriva dall’uso e dalla produzione di energia». «La combustione di combustibili fossili rilascia gas e sostanze chimiche nell’aria» e in un ciclo di feedback particolarmente distruttivo, l’inquinamento atmosferico non solo contribuisce al cambiamento climatico, ma ne è anche esacerbato. «L’inquinamento atmosferico sotto forma di anidride carbonica e metano aumenta la temperatura della terra», afferma Walke. «Un altro tipo di inquinamento atmosferico, lo smog, viene poi aggravato dall’aumento del calore, che si forma quando il clima è più caldo e ci sono più radiazioni ultraviolette». Il cambiamento climatico aumenta anche la produzione di inquinanti atmosferici allergenici, tra cui muffe (grazie alle condizioni di umidità causate da condizioni meteorologiche estreme e aumento delle inondazioni) e pollini.
Inquinamento industriale
Innegabile è poi la correlazione fra eventi catastrofici ambientali e l’inquinamento industriale, come visto in precedenza riferendosi alla produzione energetica, ma non solo. Eventi avversi, infatti, rientrano in più sfere produttive legate a stabilimenti industriali di diverso tipo.
Uno dei tradizionali volani dell’economia del West Virginia è rappresentato dall’industria del carbone, che ha contribuito allo sviluppo economico, nel corso dei decenni, di tutta la nazione. Come riportato in maniera puntuale dalla NBC in un articolo online, per anni molte persone in West Virginia, attraverso il loro lavoro nell’industria del carbone, sono state orgogliose di sapere che stavano aiutando la crescita economica degli Stati Uniti. Tuttavia, nel corso degli anni, molti di loro hanno iniziato ad ammalarsi: bronchiti, danni ai polmoni e tumori sono infatti aumentati nel corso del tempo. Eppure, nonostante gli sforzi di molte associazioni e realtà sul territorio, il passaggio a fonti di energia pulite è in una situazione di stallo.
Dall’inizio della presidenza di Joe Biden, tutti gli occhi sono stati puntati sul senatore del West Virginia Joe Manchin, il cui dissenso, in un Senato equamente diviso, sta bloccando l’agenda federale anche in materia climatica. Prima di entrare in politica, Manchin ha fondato e gestito la società di intermediazione del carbone Enersystems. Egli ha poi ceduto l’azienda a suo figlio dopo aver ottenuto la sua prima carica politica nel 2000, ma ha continuato a tenere milioni di azioni della società. Secondo le dichiarazioni finanziarie del senatore, Manchin continua a guadagnare infatti centinaia di migliaia di dollari ogni anno dalla vendita del carbone.
Ma questo del West Virginia è solo un esempio. Un altro caso lo troviamo in Michigan, più precisamente a Flint, dove una crisi idrica negli ultimi anni ha acceso i riflettori dei media su questa città del Midwest. Sviluppatasi nel 2014, questa crisi ha avuto inizio quando alcuni dirigenti dello Stato, che facevano rapporto al Governatore Rick Snyder e al dipartimento del Tesoro statale, hanno deciso di trasferire l’approvvigionamento idrico della città dal Detroit Water and Sewerage Department (DWSD) al fiume Flint come misura di risparmio sui costi. L’acqua non adeguatamente trattata conteneva valori batterici troppo elevati veicolanti la legionella e una certa dose di piombo, tanto da causare la morte di 12 persone e averne fatte ammalare molte altre, bambini compresi. La questione è stata risolta nel 2016, eppure ancora oggi in molti non si fidano dei funzionari eletti continuando a bere acqua in bottiglia. Le cause legali, con risarcimenti milionari, non sono ancora concluse.
Il fenomeno del razzismo ambientale
Nella lettura geografica dell’inquinamento ambientale degli Stati Uniti, risulta poi chiara una certa correlazione di disparità razziale. L’ultimo rapporto State of air già citato in precedenza, che si concentra sull’ozono, sull’inquinamento da particelle durante tutto l’anno e sull’inquinamento da particelle a breve termine, rileva anche che le persone di colore hanno il 61% in più di probabilità rispetto ai bianchi di vivere in una contea con dati negativi in almeno una di quelle categorie e una probabilità tre volte superiore di vivere in una contea con un rapporto negativo in tutte e tre.
Citando di nuovo il Michigan, il distretto con i più alti livelli di inquinamento dello Stato, si trova a Detroit, la capitale statale e la città con più afroamericani degli Stati Uniti. Gli studi hanno collegato gli alti livelli di inquinamento e contaminazione ai numerosi casi di asma, cancro, malattie croniche, disturbi neurologici e difetti alla nascita rispetto al resto dello Stato.
In uno studio del 2016, il Dipartimento della Salute e dei Servizi umani del Michigan non solo ha rilevato che il tasso a Detroit di adulti con asma era del 29% più alto rispetto al resto dello Stato, ma anche che il tasso di ricoveri per asma era tre volte superiore. Condizioni che, secondo lo studio, sono molto probabilmente date da un’esposizione a lungo termine a situazioni ambientali avverse.
L’inquinamento a Detroit, città industriale, è storicamente dovuto a fabbriche, acciaierie, centrali elettriche, inceneritori di rifiuti urbani e sanitari ora chiusi, scarichi di veicoli e raffinerie di petrolio. Queste e altre fonti di inquinamento hanno contribuito a una bassa qualità dell’aria, mentre le acque reflue contaminate e gli scarichi di produzione, le perdite, nonché gli sversamenti e il deflusso di petrolio e prodotti chimici hanno provocato la contaminazione dell’acqua (vedi il caso Flint).
Detroit, ma anche altre città come Houston, in Texas, e Richmond, in California, è quindi un chiaro esempio di ciò che accade quando le persone povere e di colore vivono a contatto con l’inquinamento ambientale, prigioniere di una condizione difficilmente evitabile.
Il panorama dell’inquinamento ambientale statunitense appare quindi frastagliato, eterogeneo e in grado di toccare vari aspetti e strati sociali del Paese, causando gravi problemi a livello economico e di sviluppo. L’interesse generale nel raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile si trova a confrontarsi con altri interessi particolari legati ad aspetti economici e politici.
Eppure ripensare il modello generale porterebbe a vantaggi su diversi piani, da quello sanitario a quello economico. Le disparità da affrontare sono molteplici e il tempo necessario a raggiungere gli obiettivi non è breve, ma se si vogliono raggiungere risultati importanti è d’obbligo iniziare quanto prima. Magari partendo da un aumento della sensibilizzazione nei vari strati sociali fino ad arrivare a influenzare la politica dal basso, seguendo quel modello di democrazia partecipativa colpito da un livello di polarizzazione del dibattito sempre più elevato.
Fonti e approfondimenti
“A closer look at what caused the Flint water crisis”, ACS, 01/02/2017.
Costley D., “The blackest city in the US is facing an environmental justice nightmare”, The Guardian, 09/01/2020.
“Environmental Justice in Detroit”, Detroiters Working for Environmental Justice.
McCormick A., “West Virginia’s coal powered the nation for years. Now, many look to a cleaner future”, NBCNews, 29/09/2021.
Mckenzie J., Turrentine J., “Air Pollution: Everything You Need to Know”, NRDC, 22/06/2021.
Moss A., Means T., “10 Environmental Disasters Caused by Humans”, Treehugger, 30/11/2021.
Pannett R., Firozi P., Knowles H., Pietsch B., “Oil spill threatens Southern California wildlife and closes down beaches while Coast Guard investigates source of leak”, The Washington Post, 04/10/2021.
Ray M., “Flint water crisis”, Britannica.
The Editorial Board, “A Decade After Deepwater Horizon”, The New York Times, 19/04/2020.
Editing a cura di Cecilia Coletti