L’istruzione è un diritto fondamentale e universale. Il compito degli Stati è quello di garantire l’accesso all’educazione scolastica ai propri cittadini come pure ai migranti che si trovino stabilmente o temporaneamente nel loro territorio, a prescindere dal loro status giuridico.
Ma il dovere dei governi non si limita al garantire l’iscrizione a un istituto scolastico, perché è loro compito far sì che tutti gli studenti abbiano stessi diritti e stessi doveri e che vengano prese tutte le accortezze necessarie per rendere la scuola il principale luogo di integrazione sociale e culturale.
Gli alunni migranti
Innanzitutto è importante definire il concetto di “alunni migranti”. Secondo il report Integrating Students from Migrant Backgrounds into Schools in Europe, elaborato nel 2019 da Eurydice in collaborazione con la Commissione europea, vengono inclusi nel gruppo degli studenti provenienti da contesti migratori coloro che sono appena arrivati in uno Stato diverso da quello in cui sono nati, migranti di seconda generazione e migranti di ritorno al Paese d’origine. Le motivazioni alla base di questa migrazione, siano esse economiche o sociali, sono irrilevanti ai fini dello studio, come anche il loro status giuridico.
Non esistono dati aggiornati sul numero di studenti migranti attualmente presenti negli Stati membri. A tal riguardo, si può però far riferimento ai dati relativi ai migranti minori di 15 anni, e quindi in età scolare, presenti in Europa. Se si esclude il caso del Lussemburgo – in cui quasi il 20% dei giovani è nativo di uno Stato estero, dovuto più alle ridotte dimensioni del Paese e all’alta concentrazione di lavoratori migranti altamente specializzati – per il resto la media europea è inferiore al 10%.
Le principali sfide degli studenti migranti
I problemi che gli studenti provenienti da un contesto migratorio si trovano a fronteggiare a scuola non sono pochi. Nuovo Paese, nuova lingua, nuove regole e tradizioni sono le principali sfide da affrontare. Inoltre, questi studenti possono aver vissuto in passato delle esperienze particolarmente traumatiche, oppure il loro trasferimento in un nuovo Paese può essere stato accompagnato da ulteriori situazioni di disagio dovute a condizioni abitative precarie e problemi economici.
Tutti questi aspetti possono avere delle ripercussioni importanti sul rendimento degli studenti migranti, portandoli spesso ad abbandonare gli studi prima del conseguimento del diploma. Nella maggior parte degli Stati europei, infatti, gli studenti nati nel Paese in cui studiano ottengono risultati migliori degli studenti nati all’estero e il tasso di abbandono scolastico degli studenti in contesto migratorio è più alto di quello del resto dei compagni.
Il multilinguismo
La barriera linguistica è l’ostacolo più difficile da superare per gli studenti che si ritrovano a frequentare la scuola in un Paese diverso da quello in cui sono nati e cresciuti. Questa difficoltà esiste anche tra i casi di migranti di seconda generazione, ovvero nati nel Paese in cui effettivamente studiano da genitori immigrati precedentemente. Ciò accade se a casa parlano un idioma diverso da quello utilizzato a scuola. La lingua rappresenta, infatti, il veicolo attraverso cui passano gli insegnamenti e per questo i governi nazionali e le istituzioni europee considerano il suo apprendimento fondamentale per poi poter ottenere buoni risultati nelle altre materie.
Il fenomeno delle classi multilingue, dove almeno uno degli studenti ha un’altra lingua madre o in famiglia parla abitualmente una lingua diversa da quella in cui studia, negli ultimi anni è aumentato in modo significativo. La percentuale dei professori e insegnanti di classi multilingue sfiora il 25% in Europa. Le percentuali più alte si toccano in Svezia (55,1%), Austria (50,6%), Belgio (45,5% nelle Fiandre e 37,4% in Vallonia), Bulgaria (42,8%), Cipro (41,2%).
Per insegnare in classi multiculturali sono necessarie delle competenze che non sempre il corpo insegnante di un Paese ospitante possiede. Un sondaggio svolto tra i presidi delle scuole degli Stati membri segnala che tra le figure professionali di cui c’è più carenza all’interno delle scuole spiccano proprio gli insegnanti preparati per insegnare in contesti multiculturali e multilinguistici. Tra tutti i Paesi europei, quelli che denunciano le situazioni più critiche sono Italia (52,2%), Portogallo (41,2%) e Francia (39,9%).
L’impegno dell’Unione europea
L’UE riconosce come l’apprendimento scolastico dei giovani migranti rappresenti un processo estremamente delicato e come la scuola, attraverso una serie di accorgimenti, possa diventare il principale luogo di integrazione.
Per questo motivo, nel corso degli anni, le istituzioni europee hanno prodotto diversi documenti per sensibilizzare gli Stati membri sul tema e invitandoli a prendere dei provvedimenti per rendere le scuole sempre più organizzate ad accogliere studenti multilingue e culturalmente eterogenei.
La linea indicata dall’UE agli Stati membri prevede prima di tutto, come visto, lo studio intensivo della lingua del Paese in cui si studia, offrendo dei corsi che devono accompagnare l’inserimento nella classe ordinaria. Inoltre, viene raccomandato anche lo studio della lingua del Paese d’origine, per accrescere il capitale culturale e aumentare le possibilità dello studente nel mercato del lavoro.
Oltre all’aspetto linguistico, le istituzioni incentivano anche delle forme di istruzione aggiuntiva, quali corsi pomeridiani, doposcuola, tutoraggio. Viene poi suggerito anche l’accrescimento delle competenze degli insegnanti in materia di gestione delle classi multiculturali e la valorizzazione dell’educazione interculturale come approccio generale.
La risposta degli Stati
Nonostante le linee guida dettate dalle istituzioni europee, gli Stati membri non sempre hanno saputo dare una risposta ottimale alla sempre più incalzante necessità di trasformare la scuola in un luogo inclusivo.
Il Migrant Integration Policy Index (MIPEX), che monitora le politiche a favore dell’integrazione dei migranti in 52 Paesi europei ed extraeuropei, ha dato un punteggio a ciascun Paese in base all’impegno nel favorire l’integrazione nell’ambito scolastico. Questo punteggio è il risultato delle politiche che i governi centrali e regionali hanno messo in campo per garantire l’accesso alle scuole agli studenti migranti e tiene conto dei servizi offerti dalle scuole a supporto dei giovani, per migliorare le loro esperienze scolastiche.
I Paesi nordici hanno ottenuto i punteggi più alti. La Svezia (93 punti, prima dei 52 Paesi sottoposti al monitoraggio) offre agli studenti l’accesso a ogni grado d’istruzione e fornisce delle iniziative ad hoc per assecondare le loro necessità. Tra le misure più apprezzate ci sono gli incentivi dello studio della lingua madre. Della Finlandia (88 punti) viene segnalata una particolare attenzione dedicata al multilinguismo.
Tra i Paesi non nordici, quelli che hanno ottenuto un punteggio alto sono il Belgio (74 punti), il Portogallo (69 punti) e il Lussemburgo (64), Stati che già da diversi anni si dedicano alla creazione di strategie e fondi dedicati all’interculturalizzazione della scuola.
I Paesi europei con i punteggi più bassi, in generale, sono i Paesi dell’Europa orientale. A spiccare sono Slovacchia (7 punti) e Ungheria (0 punti). Entrambi gli Stati non garantiscono l’accesso all’istruzione obbligatoria a tutti gli studenti migranti e, inoltre, non prevedono delle politiche per favorire l’integrazione di questi ultimi.
La lunga strada verso una scuola più inclusiva
Se si escludono i Paesi nordici e qualche altra eccezione, sono tanti gli Stati europei che ancora devono fare molto per rendere i propri sistemi scolastici più inclusivi. Anche se nella maggior parte di essi l’accesso alla scuola è garantito a tutti gli studenti migranti, quello che manca è un ambiente effettivamente multiculturale, in cui le differenze culturali e linguistiche sono un valore aggiunto e non una questione da ignorare.
La responsabilità di questa vera e propria riforma dei sistemi scolastici deve essere ripartita tra più livelli, a partire dalle istituzioni europee, passando dai governi nazionali e locali, fino ad arrivare alle scuole stesse che giocano un ruolo fondamentale nel mettere in pratica tali politiche.
Fonti e approfondimenti
Commissione europea, “Green Paper. Migration & mobility: challenges and opportunities for EU education systems”, 3/7/2008.
Consiglio dell’Unione europea, “Council conclusions of 26 November 2009 on the education of children with a migrant background”, 11/12/2009.
Commissione europea/EACEA/Eurydice, “Integrating Students from Migrant Backgrounds into Schools in Europe: National Policies and Measures. Eurydice Report”, 2019.
Commissione europea, “Education and Training Monitor 2019”, 2019.
Migrant Integration Policy Index.
Editing a cura di Carolina Venco
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