di Pietro Fasola
Agbogbloshie, situata nel cuore di Accra, la capitale del Ghana, è la discarica di rifiuti elettronici (e-waste) più grande d’Africa e uno dei luoghi più inquinati al mondo. La sua superficie si estende su 11 ettari di terreno (l’equivalente di quasi 16 campi da calcio), ricoperti da vecchi dispositivi elettronici, giunti nel Paese dell’Africa occidentale per mezzo di container. Si tratta di dispositivi etichettati come “prodotti di consumo di seconda mano”, ma in genere non riutilizzabili e di conseguenza bruciati, fatta eccezione per le parti di maggior pregio.
La baraccopoli di Old Fadama
La baraccopoli di Old Fadama sorge a lato della discarica ed è nata come insediamento temporaneo per i rifugiati della “Guinea Fowl War” (o “Konkomba-Nanumba War”), un conflitto scaturito nel 1994 da rivendicazioni tribali sulla proprietà della terra nel Nord del Ghana e combattuto dai Konkomba contro le tribù Nanumba, Dagomba e Gonja.
Nel corso degli anni, l’insediamento di Old Fadama si è progressivamente allargato, giungendo a ospitare oltre 40.000 persone. Le stime sono approssimative poiché molte di loro, provenendo dalle zone rurali del Ghana e da altri Paesi quali Niger, Mali e Costa d’Avorio, non sono censite. Il motivo primario che ha spinto e spinge tuttora queste persone a insediarsi nella baraccopoli di Old Fadama è la ricerca di condizioni di vita migliori nella capitale di uno dei Paesi più sviluppati del continente africano. Molti, però, si trovano a lavorare nella vicina discarica per pochi euro al mese, con gravi conseguenze per la loro salute.
L’area è nota anche con il nome di “Sodoma e Gomorra”. Infatti, nel tempo è divenuta il nascondiglio di rapinatori, spacciatori, venditori illegali di armi e prostitute, questo perché è un luogo dove l’autorità statale non riesce a esercitare il proprio controllo.
Un’oasi naturale divenuta un luogo infernale
Prima di divenire un luogo infernale, la superficie ora occupata dalla discarica di Agbogbloshie era caratterizzata dalla florida laguna di Korle sul fiume Odaw, un’oasi verde che oggi è pervasa da rifiuti di ogni genere.
A favorire la nascita di Agbogbloshie, nel corso degli anni Duemila, sono stati l’aumento dei redditi e dell’elettricità prodotta dalla diga di Akosombo (costruita tra il 1961 e il 1965) che hanno accresciuto la domanda di televisori e computer di seconda mano nei maggiori centri urbani del Ghana. In molti casi, però, i Paesi “donatori” hanno inviato decine di dispositivi inutilizzabili che si sono gradualmente accumulati nella vasta area di Agbogbloshie. I primi a cercare di trarne profitto sono stati i rifugiati della “Guinea Fowl War”, che hanno avviato un vero e proprio business.
La discarica ha però delle importanti ripercussioni ambientali. Il fiume Odaw, che l’attraversa, si è trasformato in un acquitrino scuro e maleodorante. Il corso d’acqua si riversa nel Golfo di Guinea, immettendo nel mare una grande quantità di rifiuti, per lo più plastici, e sostanze inquinanti di ogni genere, come ferro, antimonio e piombo, derivanti dalla combustione dei dispositivi elettronici. Per questo motivo, nel fiume sono pressoché inesistenti pesci o altri organismi viventi.
Alcuni studi hanno rilevato come nel suolo vi sia una concentrazione di piombo superiore del 1000% al limite consentito dagli standard internazionali. Questi studi hanno anche dimostrato che le uova dischiuse da una gallina all’interno della discarica, in media superano di 220 volte i limiti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare sulle diossine clorurate, che possono causare il cancro e danneggiare il sistema immunitario.
Oltre all’inquinamento idrico e del sottosuolo, non bisogna trascurare quello atmosferico, causato dalla combustione dei componenti di nessun valore dei dispositivi elettronici, la quale sprigiona sostanze tossiche come diossine, monossido e diossido di carbonio, acido cianidrico e ossido di azoto.
Lavoratori senza tutele
Molti abitanti di Old Fadama trascorrono le proprie giornate estraendo fibre di rame, oro e argento da cavi e monitor di dispositivi elettronici obsoleti. Per dare un’idea approssimativa, 50.000 cellulari contengono all’incirca un chilo d’oro e 10 chili d’argento.
Le parti plastiche e quelle di nessun valore vengono bruciate, innalzando nubi nere di fumi tossici che causano seri problemi di salute a lavoratori e abitanti dell’area. I lavoratori accusano di frequente malesseri quali gravi problemi respiratori e alla pelle, nausea cronica e mal di testa debilitanti dovuti alle sostanze nocive che inalano quotidianamente per pochi cedi (valuta ghanese). Le parti più pregiate invece lasciano il Ghana, spesso alla volta di Cina e India per mezzo di sotterfugi. Vengono generalmente nascoste all’interno di altri prodotti commerciali, lasciando quindi il Paese in maniera illegale.
Invece, ai prodotti metallici presenti nella discarica viene data nuova vita dall’industria siderurgica, sono prodotte barre di acciaio da costruzione e altri materiali metallici di consumo. Il riciclo dei materiali metallici e la conseguente esportazione sotto forma di prodotti finiti genera al governo del Ghana un profitto di circa 268 milioni di dollari all’anno.
Le attività di smaltimento dei rifiuti elettronici nella discarica di Agbogbloshie sostengono economicamente almeno 200.000 persone tra lavoratori e loro familiari. Infatti, intorno alla discarica verte una filiera che, al contrario di quanto si possa pensare, è molto complessa e coinvolge decine di lavoratori. Ognuno ha un proprio compito da svolgere. Ci sono coloro che acquistano i dispositivi non recuperabili a Tema, il più grande porto dell’ex Costa d’Oro, o direttamente dai consumatori che non sanno come smaltirli. Poi ci sono i rivenditori dei rottami che fungono da intermediari. Ad Agbogbloshie, ci sono i rottamatori, cioè coloro che hanno il compito di rimuovere le parti più pregiate e i ragazzi che si occupano di bruciare (burner boys) le parti senza valore in siti appositi denominati “Bombay” e “Kilimanjaro”.
Perché i rifiuti elettronici occidentali finiscono in Ghana?
La discarica di Agbogbloshie è il risultato della crescente domanda mondiale di apparecchiature elettroniche. Ogni anno, sono oltre 50 milioni le tonnellate di rifiuti elettronici da smaltire, ma solo il 20% di esse viene eliminato in modo appropriato. E il dato più allarmante è che entro il 2050 si prospetta il raddoppio della quantità di rifiuti elettronici annui globali.
Gran parte dei dispositivi elettronici non riutilizzabili, che, come già anticipato precedentemente, arriva in Ghana come “dispositivo di seconda mano”, proviene da Stati Uniti, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Svezia, Italia e Francia. Secondo uno studio coordinato ai sensi della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione, ogni anno il Ghana importa 150 tonnellate di dispositivi elettronici di seconda mano. Alcuni sono rifiuti già al momento dell’arrivo, altri lo diventano ben presto poiché poco performanti.
Il motivo primario per il quale molti di questi apparecchi vengono smaltiti nelle discariche africane, tra le quali quella di Agbogbloshie, è che eliminare un dispositivo elettronico in un qualunque centro apposito in Germania o Francia costa in media tra 3,5 e 5 euro, mentre farlo in Ghana richiede meno di 1,5 euro.
Provvedimenti: tante parole e pochi fatti
Nel corso degli anni, si sono susseguite alcune proposte di riqualifica dell’area in questione, ma la gran parte è caduta nel vuoto a causa dell’assenza di volontà politica.
L’Autorità metropolitana di Accra (AMA) ha emesso in più occasioni delle ordinanze di sgombero forzato, ma anche queste non sono mai state realmente applicate. Perlomeno fino a luglio 2021, quando il governo ha sollecitato un intervento immediato che ha portato alla demolizione di parte della baraccopoli nata all’interno della discarica di Agbogbloshie.
Le foto pubblicate dai media nazionali, come il “Ghanaian Times”, nelle quali viene comparata la medesima area prima e subito dopo l’intervento di demolizione sono emblematiche. Si nota come tutte le baracche, costituite da lamiere e materiale di recupero, siano state abbattute e poi rimosse, lasciando spazio a una vasta spianata di terra bruciata.
Ciò però non ha fatto altro che spingere i lavoratori dell’area a spostarsi poco più in là, proprio a ridosso dell’insediamento di Old Fadama, per continuare a svolgere la propria attività. L’operazione di demolizione ha suscitato anche il malumore di alcuni commercianti dell’area che, stando al piano di sgombero, sono stati costretti a lasciare il mercato locale (noto con il nome di “Onion Market”) per ricollocarsi ben più lontano, ad Adjen Kotokiu.
Il primo luglio 2021, Henry Quartey, rappresentante della Ayawaso Central Constituency nella regione Greater Accra, ha dichiarato che la prossima area a essere smantellata sarà l’agglomerato di Old Fadama. Rimane però ignoto l’eventuale piano di ricollocamento delle migliaia di persone che vivono in quell’area e che fanno dello smaltimento illegale di dispositivi elettronici la loro unica fonte di sostentamento.
La fine di un’era o un’ingiustizia?
A seguito dei fatti appena menzionati, Muntaka Chasant, un fotografo documentarista professionista indipendente del Ghana, ha pubblicato sul proprio sito web un articolo intitolato La fine di un’era o un’ingiustizia?. Chasant, che da anni segue con attenzione gli sviluppi nella discarica di Agbogbloshie, è stato tra i primi a documentare, attraverso fotografie e scritti, quanto stava avvenendo inerentemente allo sgombero.
Con il titolo del suo articolo, Chasant ha lanciato una provocazione. Si chiede e ci chiede se lo sgombero dello scorso luglio sia stato la risoluzione di un problema evidente a tutti e che si trascinava da anni o se, invece, sia stato un’operazione inefficace che ha creato un grande clamore mediatico, ma il cui prezzo più alto è stato pagato dai lavoratori, cioè i più indifesi.
Bisogna vedere come si evolverà la situazione, certamente non è sufficiente abbattere un agglomerato di lamiere per considerare risolta la delicata questione della discarica di Agbogbloshie.
Fonti e approfondimenti
Adjei Asare, “Life in Sodom and Gomorrah: the world’s largest digital dump”, The Guardian, 29/04/2014.
Amoyaw-Osei Yaw, Opoku Agyekum Obed, Pwamang John, Mueller Esther, Fasko Raphael, Schluep Mathias, Ghana e-waste Country Assessment, SBC e-Waste Africa Project, 2011.
Beaumont Peter, “Rotten eggs: e-waste from Europe poisons Ghana’s food chain”, The Guardian, 24/04/2019.
Chasant Muntaka, “Agbogloshie Demolition: The End of An Era or An Injustice?”, 22/08/2021.
Donkor Jonathan, “Clean-up at Agbobloshie Market progresses… one week after traders’ eviction”, The Ghanaian Times, 08/07/2021.
GhanaWeb, “Agbogloshie Demolition: Henry Quartey has not been honest with us – Assemblyman”, 02/07/2021.
Rapezzi Carolina, “The informal e-waste and metal recyclers of Agbogloshie”, Equal Times, 23/10/2020.
Editing a cura di Beatrice Cupitò
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