In periodo pre elettorale è difficile che i candidati politici dedichino spazio di dibattito alla politica estera: l’elettorato è più interessato alla situazione interna del Paese, soprattutto in un momento di instabilità politica ed economica. Le elezioni midterm che si terranno il prossimo 8 novembre negli Stati Uniti non fanno eccezione. Tuttavia, la guerra tra Ucraina e Russia e la recente pubblicazione della National Security Strategy da parte dell’amministrazione Biden hanno aperto un importante spazio di discussione.
Dove eravamo rimasti
«Vogliamo una relazione stabile e prevedibile», così affermava il presidente Joe Biden a proposito dei rapporti tra gli Stati Uniti e la Russia. Era la primavera del 2021 e quasi nessuno si aspettava che, appena un anno dopo, la situazione internazionale, e quindi tra i due Paesi, sarebbe stata totalmente ribaltata.
Qualche mese dopo questa dichiarazione, nell’ottobre 2021, i principali responsabili dell’intelligence e della difesa statunitensi dichiararono a Biden quello che sembrava essere il piano sempre più certo del suo omologo Russo: l’invasione su larga scala dell’Ucraina.
Coinvolgere gli Stati Uniti in un’altra guerra non era ciò che Biden aveva pianificato e il ritiro degli ultimi contingenti militari dall’Afghanistan il 15 agosto, ha rappresentato il monito a quelli che sarebbero stati i futuri impegni militari statunitensi. Dal dicembre 2021 fino al 24 febbraio 2022, giorno di inizio dell’aggressione russa, gli Stati Uniti hanno lavorato duramente per convincere e allertare i propri alleati sulle reali intenzioni di Putin, ma con scarsi risultati.
La guerra ha imposto all’amministrazione Biden una rivisitazione della propria agenda di politica estera ora scritta nero su bianco nella National Security Strategy 2022, pubblicata lo scorso 12 ottobre.
NSS 2022
La Strategia di sicurezza nazionale è un documento che ogni amministrazione statunitense in carica è tenuta a redigere, così come previsto dalla legge approvata dal Congresso nel 1986. È un documento indirizzato alla lettura pubblica interna e internazionale, in cui l’amministrazione descrive i propri futuri impegni di politica estera e quindi di sicurezza nazionale con una narrazione generale e uno stile poco tecnico e molto politico.
La NSS pubblicata dall’amministrazione Biden era molto attesa: non solo perché dovuta in termini temporali di pubblicazione, ma anche perché finora le direttrici della politica estera di questa amministrazione erano state abbastanza incerte soprattutto nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina: quanto e come si sarebbero impegnati gli Stati Uniti nella guerra?
Marcus Stanley, direttore del dipartimento di advocacy del think tank Quincy Institute for Responsible Statecraft, definisce la Strategia da poco pubblicata “schizofrenica” nel suo voler tenere insieme le promesse ambiziose di guidare la cooperazione globale nell’affrontare le sfide transnazionali e la necessità interna di ridimensionare l’impegno statunitense per affrontare un periodo di dura diseguaglianza economica e sociale e una forte polarizzazione politica interna.
«Nel mondo, il bisogno di una leadership statunitense è grande come lo è sempre stato» scrive Biden all’inizio delle due pagine introduttive alla NSS, ma non manca poi di descrivere le sfide quotidiane attuali dei cittadini e delle cittadine statunitensi: l’insicurezza alimentare, il cambiamento climatico, i tagli all’energia, l’iperinflazione, il terrorismo interno. La soluzione principale descritta è fedele alle precedenti strategie di sicurezza nazionale: proteggere la sicurezza dei cittadini statunitensi, espandere la prosperità economica e le opportunità, realizzare e difendere i valori democratici al centro dell’american way of life.
Democrazie vs autocrazie
L’attuale NSS introduce un passaggio importante e nuovo: elimina la linea immaginaria che normalmente divide la politica estera da quella interna. L’amministrazione Biden riconosce la vulnerabilità economica e sociale del Paese e anche per questo, se gli USA vogliono avere successo all’estero, è ritenuto necessario investire nell’innovazione e nell’industria al proprio interno. La Strategia delinea un piano di investimenti in settori strategici per il Paese quali le tecnologie emergenti, le biotecnologie e la telecomunicazioni avanzate.
La globalizzazione economica fa un passo indietro dunque.
Riguardo alle decisioni di politica estera, la narrativa scelta dall’amministrazione Biden rispecchia le posizioni prese finora, ma le descrive con toni meno accesi rispetto al passato, complice forse l’appuntamento elettorale del prossimo 8 novembre.
L’equilibrio del sistema internazionale è rappresentato nella NSS come in pericolo per la competizione tra grandi potenze, soprattutto a causa di quelle che vogliono ridefinirlo: Cina e Russia, le quali comunque, non sono mai descritte come “nemiche”, ma come “competitor”.
La competizione tra democrazie e autocrazie è la lente attraverso la quale l’amministrazione Biden continua a guardare il mondo, in un esercizio di rafforzamento delle alleanze e di definizione della principale sfida alla propria politica estera: la Cina.
Se la Russia viene descritta come un «immediato e continuo pericolo per l’ordine e la sicurezza regionale europea, una fonte di instabilità globale» è anche vero che questa «non possiede tutto lo spettro di capacità della Cina». Per vincere la competizione con la Cina è essenziale, secondo la NSS, che gli USA investano in casa, si allineino con i propri partner su scopi e cause comuni e difendano i propri interessi. Tutto questo senza fare alcuno sconto alla Cina riguardo le risposte che questa deve sugli abusi e sul mancato rispetto dei diritti umani nello Xinjiang, in Tibet e ad Hong Kong e continuando a sostenere la One China policy riguardo alle relazioni con Taiwan.
Internal policy first
«Non vogliamo un conflitto o una nuova Guerra Fredda. Piuttosto, stiamo cercando di supportare ogni Paese nell’esercizio della propria libertà di fare scelte che servano ai propri interessi. Questa è una differenza critica tra la nostra visione, che vuole preservare l’autonomia e i diritti degli Stati meno potenti e quella dei nostri rivali, che non lo vogliono», si legge nella Strategia che individua tra i “rivali” anche l’Iran e la Corea del Nord, definite le uniche piccole potenze autocratiche, in una logica che esclude ad esempio, l’Arabia Saudita, regime certo non democratico, ma riconosciuto come alleato dagli USA.
Nonostante la Strategia preveda una continua modernizzazione e potenziamento dell’esercito per il raggiungimento di una capacità di deterrenza integrata, la seconda parte del documento è centrata sul rafforzamento della democrazia statunitense al proprio interno e avverte sulla necessità di elaborare la prima National Strategy for Countering Domestic Terrorism prendendo molto in considerazione quindi, quelli che sono i sondaggi interni nel Paese.
Secondo un sondaggio della Fondazione Eurasia Group infatti, quasi la metà degli statunitensi ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero diminuire il loro coinvolgimento militare all’estero. Molti più statunitensi (81%) hanno dichiarato di essere preoccupati per le minacce interne al Paese piuttosto che per quelle esterne (19%). Tra gli obiettivi di politica estera, oltre il 75% degli intervistati ha ritenuto molto importante proteggere i posti di lavoro dei lavoratori statunitensi e prevenire la diffusione di armi nucleari nel mondo. Gli obiettivi meno votati invece, sono stati “aiutare a portare una forma di governo democratica in altre nazioni” (18%) e “proteggere le nazioni più deboli dall’aggressione straniera” (32%).
George Beebe, ex capo della sezione analisi sulla Russia della CIA, scrive che «negli ultimi tre decenni sono emersi divari abissali non solo tra le ambizioni dell’America nel mondo e la sua capacità di raggiungere tali obiettivi, ma anche tra un’élite della politica estera di Washington troppo concentrata sulla promozione del primato statunitense e gli americani comuni che desiderano una maggiore stabilità e prosperità in patria». Per questo «la principale sfida strategica che Washington si trova ad affrontare oggi non è quella di vincere una battaglia decisiva tra libertà e tirannia, ma di ottenere un respiro all’estero che permetta al Paese di concentrarsi su una ripresa interna disperatamente necessaria».
A due settimane dalle elezioni di medio termine, l’amministrazione Biden ha presentato dunque, un documento che racchiude quella foreign policy for the middle class annunciata da Biden già durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali.
“America is back”, disse il presidente dopo la sua elezione nel novembre 2020, per marcare il più volte mancato rispetto dei vincoli internazionali di Trump, ma una “politica estera per la classe media” deve trovare il modo per limitare gli impegni all’estero in modo da poter ricostruire la propria democrazia e colmare le disuguaglianze sociali ed economiche interne.
I risultati elettorali delle prossime midterm ci diranno quale sarà il margine politico all’interno del Congresso statunitense a favore dell’amministrazione Biden e quindi, anche delle sue future scelte di politica estera.
Fonti e approfondimenti
Beebe, George, “Managed Competition: a U.S. Grand Strategy for a multipolar word”, Quincy Institute for Responsible Statecraft, Quincy Brief. n. 30, settembre 2022.
National Security Strategy, ottobre 2022
Harris, Shane, DeYoung, Karen, Khurshudyan, Isabelle, Parker, Ashley e Sly, Liz, “Road to war: U.S. struggled to convince allies, and Zelensky, of risk of invasion”, Washington Post, 16/08/2022.
vandel Heuvel, Katrina, “What to americans care about? Not a Cold War with Russia and China”, Washington Post, 20/09/2022.
Pillar, Paul, R., “Biden’s National Security Strategy: Worthyperspectives but little strategy”, Responsible Statecraft, 14/10/2022.
Stanley, Marcus, “Biden’s ‘schizophrenic’ National Security Strategy”, Responsible Statecraft, 12/10/2022.
Traub, James, “Biden’s ‘Foreign Policy for the Middle Class’ Is a Revolution”, Foreign Policy, 17/03/2021.