Hutu e tutsi, la creazione di identità etniche

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nella regione africana dei Grandi Laghi, molte dinamiche sono riconducibili alla costruzione di identità etniche. Un processo iniziato in epoca coloniale e interiorizzato tanto a fondo dalle popolazioni locali da aver determinato innumerevoli conflitti e tensioni nell’area. Come quello avvenuto tra hutu e tutsi nel 1994.

Un concetto da decostruire

“Etnia” deriva dal greco ethnos (“popolo”, “nazione”). Negli anni ne sono state date diverse definizioni. Ma tutte sottolineano alcuni elementi comuni ai membri di un gruppo etnico: lingua, costumi, valori e discendenza.

In Africa, il concetto è stato introdotto a fine Ottocento dai coloni sotto l’influsso dell’antropologia fisica e della ricerca ossessiva di classificazioni ereditata dalle scienze naturali. Fino a quel momento, l’etnia non esisteva. C’erano piuttosto realtà fluide, ora territorializzate, frazionate e rese essenze immutabili dai colonizzatori. Tutsi e hutu sono uno degli esempi per eccellenza di questo processo.

L’epoca precoloniale

In epoca precoloniale, nei Grandi Laghi, abitavano tutsi, hutu e twa. Tre gruppi distinti sulla base dell’occupazione: agricoltura per gli hutu, allevamento nel caso dei tutsi, caccia e raccolta in quello dei twa.

Si trattava infatti di classi sociali, parte di una società omogenea del punto di vista linguistico e culturale. Non a caso, la mobilità tra i gruppi era frequente e i confini molto fluidi.

Le prime classificazioni tra hutu e tutsi

I primi europei – tedeschi – giunsero nell’area a fine Ottocento e fin da subito classificarono le popolazioni locali. Si basavano su presunte evidenze scientifiche e sociali: bellezza, intelligenza, fierezza e organizzazione politica.

I tutsi – ritenuti più belli, eleganti e intelligenti – furono definiti superiori. Nacquero svariati miti sulla loro origine: discendenti di popolazioni asiatiche o etiopi, frutto di migrazioni caucasiche o, addirittura, individui scesi dal giardino dell’Eden.

Tutti gli altri – hutu e twa – erano considerati inferiori. Le cronache dell’epoca li descrivevano come rozzi, sia nei modi di fare che nell’aspetto fisico, poco intelligenti e incapaci di governare uno Stato.

Sebbene i colonizzatori suddividessero le popolazioni sulla base di presunte caratteristiche fisiche e sociali, riconoscevano comunque che questi fattori non si presentavano sempre in tutti gli individui. Mentre sul piano culturale furono incapaci di individuare delle differenze: i tre gruppi condividevano usi, cultura e lingua.

Suddivisioni rafforzate

Ciononostante, i belgi – che ottennero Ruanda e Burundi dopo la Prima guerra mondiale – introdussero una struttura gerarchica estranea al contesto locale. I tutsi (14% della popolazione) divennero i capi, hutu (85%) e twa (1%) la massa subordinata.

Veniva completamente ignorata la presenza nella società precoloniale di tutsi che non occupavano posizioni di leadership. Così come era trascurata l’esistenza di hutu che ricoprivano funzioni di potere. Anche nell’istruzione i tutsi avevano la precedenza, in quanto futura classe dirigente. Hutu e twa erano invece destinati a lavorare nelle piantagioni e nelle miniere.

Gli hutu furono gradualmente esclusi da qualsiasi posizione politica e dal sistema educativo. Molti hutu che avevano beneficiato di privilegi in epoca precoloniale li persero. Mentre diverse famiglie tutsi, che fino a quel momento non ne avevano goduto, iniziarono ad accedervi.

Nel 1930 poi i belgi introdussero carte d’identità obbligatorie per i maschi adulti, dove era indicata l’etnia, attribuita arbitrariamente dai coloni durante il censimento. Erano stati classificati come tutsi coloro che possedevano più di dieci vacche, hutu coloro che ne avevano meno.

Violenze a sfondo etnico

Le identità etniche così costruite furono interiorizzate da coloro che erano stati classificati. Tra i tutsi si diffuse la percezione di essere superiori, i leader naturali del Paese. Gli hutu invece vennero mantenuti in una condizione di inferiorità e ciò non fece altro che alimentare il loro malcontento.

Infatti, era solo questione di tempo prima che le tensioni etniche esplodessero. Massacri ciclici – con l’obiettivo di eliminare definitivamente l’altra etnia – hanno segnato la storia di Ruanda e Burundi fino alla fine degli anni Novanta.

I discorsi di odio – evidenti soprattutto nel caso del genocidio ruandese – hanno raggiunto livelli inimmaginabili. Mostrando quanto la costruzione di identità etniche fosse stata fatta propria dalla popolazione.

Etnie oggi

Il genocidio in Ruanda (1994) e la guerra civile in Burundi (1993-2005) hanno segnato uno spartiacque nella storia dei due Paesi. Da quel momento, in Ruanda è vietato parlare di etnie mentre in Burundi c’è una condivisione del potere tra hutu e tutsi.

In realtà, le identità etniche continuano a influenzare profondamente la vita quotidiana. Ma in modo più subdolo. Soprattutto in Ruanda dove l’eredità del genocidio rende ancora oggi difficili le relazioni tra giovani provenienti da due gruppi etnici differenti.

Ma è osservando la politica estera ruandese che ci si rende conto di quanto l’etnia sia centrale. Nel contesto dei conflitti nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), il presidente del Ruanda, Paul Kagame, ha adottato una strategia di “solidarietà transetnica”.

Dopo la fuga di molti degli hutu responsabili del genocidio nell’Est della Rdc, il Ruanda è intervenuto militarmente – sia in modo diretto sia attraverso il supporto a movimenti armati tutsi – sostenendo di dover difendere i tutsi congolesi da un potenziale genocidio. Oltre che, ovviamente, difendere la propria sicurezza nazionale. Ancora oggi, la dicotomia hutu/tutsi è uno dei fattori al centro della politica estera ruandese nella Rdc.

Fonti e approfondimenti

Amselle, Jean-Loup, M’Bokolo, Elikia (traduzione a cura di Michela Fusaschi e Francesco Pompeo). 2017. L’invenzione dell’etnia. Meltemi editore. Milano

Couttenier, Maarten. 2014. “We can’t help laughing”. Physical Anthropology in Belgium and Congo (1882-1914). in The Invention of Race: Scientific and Popular Representations of Race. Routledge. Londra

Jourdan, Luca (a cura di). Il Rwanda a vent’anni dal genocidio. Afriche e Orienti, 3 (2014)

Prunier, Gérard. 1995. The Rwanda Crisis (1959-1994). History of a genocide. C. Hurst & Co. Londra

Comments are closed.

Scopri di più da Lo Spiegone

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere