Etiopia ed Eritrea: verso un nuovo capitolo di pace

eritrea
David Peterson, Pixabay, CC0

Ieri, domenica 8 luglio 2018, i leader di Eritrea ed Etiopia, il Presidente Isaias Afwerki e il Primo Ministro Abiy Ahmed, si sono visti durate uno storico incontro tenutosi ad Asmara, capitale Eritrea.

Le tesioni tra i due paesi  che avevano trasformato le loro relazioni in un sistema definito di no war, no peace, sono tese dal 2000, quando dopo la fine della guerra l’Accordo di Algeri, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, aveva sancito che i territori contesi spettassero all’Eritrea, ma l’Etiopia non ha mai accettato e le disposizioni non sono mai state implementate.

Le scene dell’arrivo di Abiy sono state riportate da tutti i maggiori media internazionali: l’atterraggio dell’aereo all’aeroporto di Asmara – che ha segnato il primo atterraggio dell’Ethiopian Airlines in terra Eritrea dopo vent’anni -, la discesa dalla scaletta e il caloroso abbraccio con la controparte eritrea, che a tutto faceva pensare, tranne al passato tumultuoso dei due Paesi. E la città piena di bandiere, sia eritree che etiopi, in segno di accoglienza e le strade piene di gente, di gioia.

Il primo passo verso il cambiamento e il miglioramento delle relazioni è avvenuto proprio con l’elezione di Abiy Ahmed come Primo Ministro Etiope, lo scorso aprile. La sua intraprendenza e la sua volontà di costruire un’Etiopia libera da conflitti, intestini ed esterni, hanno dato fin da subito buoni risultati. Lo scorso maggio, ha positivamente stupito l’opinione pubblica quando ha affermato di voler rispettare l’Accordo di Algeri del 2000. 

L’incontro era stato preceduto da una missione eritrea, inviata in Etiopia per la prima fase delle discussioni di pace, capeggiata dal Ministro degli Esteri Osman Saleh. Anche in questo caso l’accoglienza era stata festosa.

Sembra che i due capi di stato siano riusciti ad accordarsi su varie questioni e questa mattina hanno firmato una Joint Declaration of Peace and Friendship. Dopo che ieri si era parlato di liberà di movimento per i cittadini dei due Paesi, di creazione di un canale per le telefonate dirette, di voli di linea che li colleghino, di libero accesso ai porti e di riapertura delle ambasciate, la Declaration in cinque punti, il testo della quale non è ancora stato reso pubblico, dovrebbe riconfermare le decisioni prese ieri. In aggiunta, si afferma in essa che lo stato di no peace, no war è punto al termine. 

Le conseguenze della pace

Di sicuro, se si riallacciassero i rapporti diplomatici e commerciali, ci sarebbero riscontri positivi a livello sia politico che economico non solo per i due stati, ma per l’intera regione:  per cominciare Etiopia ed Eritrea potrebbero essere da esempio, una dimostrazione che la risoluzione delle dispute in modo pacifico è possibile e inoltre potrebbero collaborare per incentivare gli stati della zona a operarsi per la creazione di un ambiente più adatto allo sviluppo sociale ed economico. 

In più, gli scontri etnico – politici in Etiopia perderebbero dei finanziatori, in quanto sembra che il governo eritreo sostenga da tempo alcuni dei gruppi antigovernativi. Allo stesso modo, l’Etiopia, che ha dichiarato nel 2011 di collaborare con le fazioni che combattono per fare cadere il governo Afwerki, non avrebbe più ragioni per protrarre il supporto. 

A livello economico, sarebbe probabilmente l’Etiopia a guadagnare di più dal rilassamento delle relazioni: la possibilità di utilizzare i porti eritrei sul Mar Rosso sarebbe un ulteriore incentivo alla già esemplare crescita economica del Paese, altrimenti privo di accessi al mare. Ricostruendo canali commerciali, poi, si incentiverebbero gli scambi, fattore che gioverebbe ad entrambe le economie.

Per l’Eritrea, la pace potrebbe rappresentare una grande svolta: la dittatura di Isaias Afwerki ha mantenuto la propria legittimità sulle basi dello scontro che ha permesso la creazione di un sistema di stampo militare con coscrizione obbligatoria, della quale si hanno i termini di inizio, ma non si sa quando e se finirà. La cessazione delle ostilità distruggerà il terreno su cui tutto questo è stato costruito, segnando – forse – una svolta democratica per il piccolo Paese del Corno.

Allo stesso tempo però, con l’applicazione dell’Accordo di Algeri alcune popolazioni passeranno da uno stato a un altro e altre verranno divise dalla nuova linea di confine. Questo potrebbe portare facilmente a situazioni di resistenza, che andranno gestite in modo saggio, facendo attenzione a non fare passi indietro.

 

Fonti e Approfondimenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.


*