L’African Development Bank ha stilato una lista chiamata “High 5 for Transforming Africa” (I 5 Punti per Trasformare l’Africa) contenente i cinque maggiori obiettivi che il continente dovrebbe raggiungere per essere “prospero” e competitivo a livello internazionale.
Il quarto dei cinque obiettivi è l’integrazione. I rappresentanti del continente africano sono consapevoli del fatto che l’integrazione è indispensabile per la crescita, un’integrazione che però non può essere solo economica, e che deve incidere attivamente sulla vita dei cittadini. Per questo – oltre a riconoscere la necessità di rafforzare le infrastrutture che permettano la connessione di stati limitrofi – molti Paesi africani si stanno muovendo verso una riduzione dei limiti posti all’attraversamento dei confini nazionali, fattore fondamentale anche per l’Agenda 2063.
I principali motivi per cui è importante che il processo di integrazione del continente africano viaggi anche sulla direttrice della libertà di movimento delle persone sono strettamente collegati alla crescita economica: un alto grado di mobilità permetterebbe un’altrettanto alta possibilità di scambio di manodopera e competenze, ampliando i confini geografici del mercato del lavoro e incentivando la formazione di un sistema economico integrato. La facilitazione del movimento favorirebbe gli investimenti da parte di imprenditori esteri, e incentiverebbe la diversificazione dell’economia degli Stati africani, spesso concentrati sull’estrazione e la vendita di risorse naturali.
Mentre l’Europa chiude le proprie frontiere, l’Africa tenta di aprirle
Con l’obiettivo di misurare se e quanto gli Stati africani si stiano muovendo verso una riduzione delle barriere sul libero movimento delle persone, è stato creato dalla Banca Mondiale l’Africa Visa Openness Index: l’indice mette in ordine gli Stati africani, partendo da quello ritenuto più “aperto” per quanto riguarda la richiesta di visti che permettano ad altri africani di varcarne i confini.
L’Africa Visa Openness Index – che come tutti gli indici rappresenta solo parzialmente la realtà – è quindi un mezzo utile per comprendere a grandi linee il processo di ampliamento della libertà di movimento all’interno del continente africano.
Come noto, un visto è un documento che concede a un soggetto l’autorizzazione ad entrare in un Paese per un determinato periodo di tempo e per l’adempimento di determinate attività; quindi, se per esempio il visto prevede un soggiorno di tre mesi per motivi di studio, il soggetto non avrà legalmente diritto a svolgere attività lavorative in quel frangente temporale.
Gli Stati possono decidere come restringere o allargare la libertà di accesso all’interno dei proprio confini attraverso la gestione della legislazione sui visti. In particolare, per l’entrata in un determinato Paese può essere attivo il sistema di:
- obbligo del visto, il quale prevede che il documento debba essere rilasciato da un’ambasciata, un consolato o un altro rappresentante ufficiale prima della partenza;
- visto all’arrivo, in questo caso il documento si ottiene all’arrivo, e le pratiche prevedono la compilazione di tutti i documenti necessari e il pagamento delle relative tasse;
- visto non necessario, quando nessun visto è necessario per l’attraversamento del confine, anche se sono spesso previste procedure di controllo e registrazione o l’applicazione del timbro di entrata sul passaporto.
L’Africa Visa Openness Index 2018 mostra che gli africani non necessitano di un visto per muoversi verso il 25% degli Stati del continente, mentre possono adempiere alle procedure per l’ottenimento del visto una volta arrivati a destinazione nel 24% dei casi. Di conseguenza, il 51% degli Stati prevedono ancora un sistema di visto obbligatorio prima della partenza per gli altri cittadini del continente.
Se tali dati vengono confrontati con le rilevazioni del 2016 e del 2017, è possibile notare un lento ma progressivo ampliamento della libertà di circolazione intra-continentale, come dimostrano i grafici a seguire.
Le tre categorie servono come punto di partenza per la metodologia di analisi utilizzata dall’Africa Visa Openness Index, la quale assegna a ogni Paese un punteggio che va da 0 a 1, dove 1 rappresenta il massimo grado di apertura al movimento di persone ed è quindi associato agli Stati che non richiedono visti per l’accesso.
Secondo i calcoli, Seychelles e Benin si posizionano ai primi posti della classifica con punteggio 1. A seguire, il Ruanda con un punteggio 0.857 – in quanto prevede accesso libero per i cittadini di 15 Paesi del continente, ma richiede il visto all’entrata per tutti gli altri.
Il Ruanda è un caso particolare: la sua dinamicità sia in campo politico che in campo economico (e il valore che il Paese ha acquisito a livello sia continentale che internazionale) hanno portato a un forte aumento dei flussi in entrata, ai quali il governo del Presidente Kagame spera di far fronte anche grazie a movimenti uscenti agevolati dalle nuove politiche di apertura a cui anche gli altri Stati si stanno adeguando. Il Ruanda nel 2017 ha portato il suo punteggio da 0.822 a 0.807, permettendo ad alcuni africani di accedere soltanto in possesso di visto alla partenza; ma dal 1 gennaio 2018 è entrata in vigore una nuova legislazione che prevede la necessità del solo visto all’entrata per tutti.
In più, Kenya, Ruanda e Uganda offrono la possibilità di ottenere un visto turistico, “East Africa Tourist Visa”, che permette di muoversi liberamente nei tre stati per un periodo di 90 giorni.
Lo Zimbabwe è entrato per la prima volta nella top 20: grazie alla sua nuova politica per cui agli individui provenienti dall’area SADC è richiesto soltanto il visto all’arrivo, con l’obiettivo di incentivare turismo e investimenti.
Il salto maggiore è stato fatto da Benin, che è passato dalla 31esima posizione del 2016, alla 27esima del 2017, ed alla prima posizione di quest’anno, permettendo l’accesso nei propri confini a tutti gli africani senza il bisogno di alcun visto, affiancandosi alle Seychelles.
Tra le prime posizioni, poi, vanno ricordati l’Uganda – di cui abbiamo descritto il sistema di accoglienza per migranti e rifugiati – al sesto posto, il Kenya al nono e il Mozambico al decimo. Il Kenya ha iniziato il suo processo di apertura dei confini nel 2017, quando il Presidente Kenyatta lo ha auspicato nel suo discorso di inaugurazione alla fine dell’anno, che è stato poi lodato – come il Ruanda – come esempio da seguire; inoltre, il Kenya permette ai cittadini dell’East African Community di muoversi con l’ausilio del solo documento di identità.
La maggior parte dei Paesi del Nord Africa si posiziona invece in fondo alla classifica, anche se è la Guinea Equatoriale ad avere l’ultimo posto con il punteggio di 0, in quanto applica un sistema che prevede la necessità di munirsi di un visto prima della partenza per tutti gli altri Stati del continente. Negli ultimi posti anche Sudan, Eritrea ed Etiopia.
Il Sud Africa si posiziona invece poco sotto la metà della classifica, con un punteggio di 0.283; poco sopra, la Nigeria raggiunge lo 0.336. Sud Africa e Nigeria – essendo due dei Paesi che registrano le prestazioni economiche migliori del continente, e avendo di conseguenza una forte capacità attrattiva per i migranti economici intra-continentali – sono ancora restii a “spalancare” le proprie frontiere.
Anche se uno degli scopi del processo di apertura è quello di far sì che lo sviluppo di alcuni Paesi traini quello dei vicini, inserendoli in un contesto integrato, i risultati saranno visibili solo a lungo termine. Nel frattempo, sarà necessario fare attenzione alla direzione degli spostamenti, in quanto si potrebbero verificare movimenti di massa di persone verso i Paesi che al momento offrono maggiori opportunità. Di conseguenza, da un lato, il comportamento restìo di alcuni governi è comprensibile e potrebbe contribuire a produrre fenomeni migratori più bilanciati; dall’altro, se gli arrivi venissero considerati come risorse e gestiti internamente con le giuste accortezze, potrebbero risultare come la spinta per un’ulteriore crescita.
Le prospettive future
L’apertura auspicata dall’Unione Africana, inserita nell’Agenda 2063 – che si sta progressivamente realizzando – sta catalizzando due processi di integrazione interconnessi, ma posizionati su livelli differenti: se da una parte riesce ad abbassare le barriere in tutto il continente, dall’altra elimina completamente quelle interne alle organizzazioni regionali, almeno in questo ambito.
Se il sistema che si sta sviluppando in termini di libertà di movimento proseguisse sulle linee in cui è cominciato anche in altri settori, l’idea di costruire un sistema simile a quello dell’Unione Europea in Africa si farebbe sempre più attuabile. Magari, prendendo l’Europa come esempio, l’Africa riuscirà ad evitare i problemi che adesso attanagliano il vecchio continente.
Fonti e Approfondimenti:
- https://www.visaopenness.org/fileadmin/uploads/afdb/Documents/Africa_Visa_Openness_Report_2018.pdf
- https://www.newtimes.co.rw/news/new-report-hails-rwandas-visa-arrival-policy
- https://www.nation.co.ke/news/-Mixed-reactions-to-Uhuru-open-borders-directive/1056-4211202-fd3r7qz/index.html
- https://www.afdb.org/fileadmin/uploads/afdb/Documents/Generic-Documents/Africa_Visa_Openness_Report_2016.pdf
- https://www.afdb.org/fileadmin/uploads/afdb/Documents/Publications/2017_Africa_Visa_Openness_Report_-_Final.pdf