Da settimane prosegue la protesta dei cosiddetti “gilet gialli” in Francia. Quella che era iniziata come una dimostrazione contro l’innalzamento del prezzo della benzina si è trasformata nell’esternazione della diffusa ostilità per l’operato del Presidente Emmanuel Macron, la cui popolarità è da mesi in picchiata (e le elezioni europee sono alle porte).
Chi sono i gilet gialli?
Le prime domande naturali da porsi sono da cosa è scaturita questa protesta e chi sono coloro che ne prendono parte. Intorno alla metà del mese di novembre, alcuni automobilisti, esasperati dall’improvviso e brusco aumento del prezzo dei carburanti dovuto alla decisione di Macron di “accelerare la transizione verso le energie rinnovabili”, hanno organizzato dei sit-in e bloccato alcune strade. Loro elemento caratteristico è l’indossare il “gilet jaune”, il giubbotto catarifrangente che deve essere per legge tenuto in macchina. Non è una protesta connotata politicamente, tanto che alcuni commentatori hanno parlato di “protesta senza leader”, dopo che sono stati allontanati i sindacalisti che hanno tentato di prenderne il controllo.
I gilets jaunes sono stati paragonati all’effimero movimento italiano dei Forconi che, come loro, aveva iniziato bloccando strade e protestando per le troppe tasse, oltre che per gli scarsi risultati di un governo ritenuto lontano dagli interessi della popolazione reale, salvo poi sprofondare nell’oblio dopo alcuni mesi di fama e popolarità. Il successo dei gilets jaunes ha addirittura portato a un tentativo di emulazione in Italia, in cui è nato proprio in questi ultimi giorni un Coordinamento Gilet Gialli, che si definisce “non contro il governo ma contro l’Europa” e che si dichiara pronto a non pagare più i pedaggi autostradali se essi non scenderanno di prezzo e soprattutto se continueranno ad essere gestiti da Autostrade Spa, ritenuta responsabile del disastroso crollo del ponte Morandi a Genova lo scorso 14 agosto.

Fonte: Christophe Becker su Flickr
La scelta di Macron, sia pur lodevole in quanto va nella direzione di portare la Francia sulla strada tracciata dagli accordi sul clima firmati a Parigi nel 2015, ha un impatto molto forte sui cittadini della classe medio-bassa, soprattutto per coloro che vivono nelle campagne, che non possono rinunciare all’auto privata per spostarsi e che non possono permettersi di acquistare una vettura elettrica nel breve periodo. La protesta ha avuto un forte seguito in tutta la Francia e numerosi blocchi stradali sono stati organizzati in tutti i dipartimenti transalpini. I manifestanti chiedono ormai apertamente le dimissioni del Presidente Macron, allargando la contestazione al suo intero operato, che i sondaggi giudicano come il più impopolare nella storia della Quinta Repubblica francese.
I cortei a Parigi e le reazioni politiche
Sabato 17 novembre ci sono state violenti cortei nelle grandi città del Paese tra cui Parigi che hanno causato due morti e centinaia di feriti, seguiti da un’ulteriore manifestazione il sabato successivo sempre nella capitale, nuovamente caratterizzata da violenze e questa volta con un minor seguito, anche se si parla sempre di circa ottomila persone. Nell’ultima dimostrazione alcuni manifestanti si sono lasciati andare ad atti di vandalismo, il più eclatante dei quali è stato un furto dal valore calcolato in 500 mila euro al prestigioso negozio di Dior sugli Champs Elysées. Tali eventi hanno portato il Presidente e il nuovo Ministro degli Interni Cristophe Castaner a condannare fortemente le proteste.
Macron ha in particolare dichiarato che da parte sua c’è volontà di trattare con i gilet gialli, ma che non ha intenzione di piegarsi alle violenze e che ad ogni modo la transizione ecologica andrà avanti, mentre Castaner li ha definiti “un movimento radicalizzato”. Sebbene i gilets jaunesnon abbiano una connotazione politica, la loro protesta è stata immediatamente appoggiata dal Rassemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen, dal movimento populista di sinistra “La France Insoumise” guidato da Jean Luc Mélenchon e da alcuni influenti membri dei Repubblicani, il principale partito di centro-destra francese, che hanno affermato che questa è la legittima reazione popolare a un governo che obera di nuove tasse i propri cittadini.

Fonte: Christophe Becker su Flickr
La più ampia partita politica
Il movimento dei gilet gialli probabilmente si sgonfierà nel giro di qualche settimana, essendo già i numeri dei partecipanti alle sue dimostrazioni in evidente calo, come non ha mancato di evidenziare il ministro Castaner. Il Presidente Macron farà tuttavia bene a non prenderlo come un fuoco di paglia. Il suo gradimento supera a stento il 30%, risultato peggiore di quello del suo criticatissimo predecessore Francois Hollande, che dopo cinque anni di mandato non si è ricandidato per evitare quella che sarebbe con ogni probabilità stata una schiacciante sconfitta. In particolare, le critiche principali rivolte al Presidente sono quelle di essere distante dai problemi della gente comune e di un andamento non soddisfacente dell’economia, che cresce su un ritmo più basso delle aspettative e che continua ad essere caratterizzata da un importante debito pubblico.
Macron è più stimato in politica estera, di cui viene apprezzata la difesa degli interessi e dell’immagine internazionale della Francia. Egli si è fatto inoltre notare per aver criticato fortemente Trump per il suo ritiro dagli accordi di Parigi e per le sue politiche protezioniste, per aver redarguito Putin sui diritti umani in una conferenza stampa congiunta, mossa che è stata definita unanimemente come lodevole e di un coraggio che quasi si avvicina alla sfrontatezza. L’inquilino dell’Eliseo ha ribadito queste critiche ai due uomini più potenti del mondo in loro presenza nel discorso alla cerimonia per i cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale tenutasi a Parigi l’11 novembre. Tuttavia, l’enfant prodige della politica francese è conscio che le elezioni si vincono primariamente sui temi della politica interna, partita che sta inesorabilmente perdendo.
Le opposizioni lo attaccano pesantemente ogni giorno e la prossima primavera ci sarà l’importante appuntamento delle elezioni europee. Macron ha infatti vinto le elezioni lo scorso anno con una coraggiosa campagna in difesa dell’Europa, in contrapposizione al sovranismo di cui Marine Le Pen è il volto principale del continente e anche all’euroscetticismo della sinistra radicale di Mélenchon, che nell’ultimo appuntamento elettorale ha comunque avuto un exploit, perlopiù a spese di un Partito Socialista ormai praticamente scomparso. Il Presidente ha tuttavia sempre saputo che la sua eclatante vittoria al ballottaggio (67% contro il 33% della sua sfidante Marine Le Pen) è più figlia di un’ostilità diffusa verso l’erede di un movimento fascista che di una sua effettiva popolarità e gli eventi di questi mesi lo stanno dimostrando.
La consultazione di maggio sarà un punto decisivo per la parabola politica del Presidente, che ha nel rafforzamento dell’Unione Europea uno dei suoi punti cardine. Sembra proprio che i gilets jaunes siano dunque solo il primo appuntamento di una lunghissima e forse decisiva campagna elettorale.
Fonti e approfondimenti
- “Macron acknowledges plight of “gilets jaunes” but won’t cut fuel tax”, Angelique Chrisafis, The Guardian, 27 Novembre 2018
- « Les “gilets jaunes” sont aussi le produit d’une succession d’échecs du mouvement social », Le Monde, 20 Novembre 2018
- “Qui sont le gilets jaunes qui manifesteront samedi?”, Clémentine Maligorne, Le Figaro, 14 Novembre 2018