Bassora, 14 luglio. Le temperature sfiorano i 48 gradi, non c’è elettricità e l’acqua scarseggia, la popolazione è scesa nelle strade per protestare contro un governo che da anni non garantisce condizioni di vita accettabili. Uno dei manifestanti riassume così l’essenza di un paradosso divenuto insostenibile: “Acqua. Sto chiedendo acqua. E’ una vergogna che io chieda acqua nel 2018 quando il mio petrolio nutre il mondo”. Infatti le case della città sono al buio ma poco lontano nei giacimenti di Rumaila, Zubair e West Qurna le trivelle lavorano a pieno ritmo per estrarre la maggior parte del petrolio iracheno.
Protester in Basra sums up the anger there: Water. I am demanding water. What does the world see? It’s a shame that I am demanding water in 2018 and I have oil that feeds the world pic.twitter.com/l6vpeROJIw
— Hayder al-Khoei (@7ayder87) July 14, 2018
Cosa è successo nelle ultime due settimane?
Le proteste sono partite da Bassora l’8 luglio quando l’Iran ha tagliato l’elettricità destinata all’Iraq causando un blackout nelle zone del Sud. Pochi giorni dopo, le manifestazioni si sono diffuse nelle città meridionali e sciite di Kerbala, Najaf, Dhi Qar, Maysan. Non sembra ci sia nessun partito o leader a capo dei movimenti di protesta. Sebbene per buona parte si sia trattato di sit-in pacifici davanti agli edifici governativi o ai pozzi petroliferi, non sono mancati atti violenti come l’incendio delle sedi di diversi gruppi politici tra cui quella del partito al-Dawa. Le proteste sono rimaste per il momento localizzate al Sud con episodi minori a Baghdad.
Perché si protesta?
A fronte di una domanda che cresce senza sosta, la produzione energetica irachena continua ad essere insufficiente: stando a fonti ufficiali vengono prodotti 15,700 MW all’ora quando ne servirebbero 23,000 per assicurare una copertura ottimale e continua di case e industrie. Il problema è tanto nella produzione quanto nella distribuzione dal momento che non mancano quanti si collegano abusivamente alle centrali elettriche e chi ricorrentemente non paga le bollette. Rimane poco chiaro perché Teheran abbia deciso di interrompere la fornitura di elettricità, se per la crisi energetica interna o per gli ingenti pagamenti che Baghdad non ha ancora versato, considerando anche che l’uscita di Trump dal JCPOA ha reso più complicate le transazioni finanziarie verso la Repubblica Islamica.
La mancanza di luce non è però che una delle gravi carenze che affliggono il Sud dell’Iraq. Scuole e strutture sanitarie sono poche e gestite male. Il tasso di disoccupazione giovanile è in continua ascesa e le grandi compagnie del petrolio che potrebbero creare posti di lavoro, impiegano uno scarso 4% della manodopera locale. A loro volta i proventi della produzione petrolifera si perdono in un giro di corruzione che coinvolge appaltatori privati ed enti governativi, lasciando alla popolazione nient’altro che i fumi inquinanti che si levano in spirali scure dai pozzi.
Lo smaltimento dei rifiuti è fallace con gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini e le baraccopoli accolgono un numero sempre più alto di iracheni che lasciano le campagne per cercare fortuna nelle città. Agricoltura e allevamento hanno infatti risentito dell’assenza di investimenti, dell’espropriazione di terreni destinati alle esplorazioni petrolifere, dell’aumento della salinità dell’acqua. A ciò è da aggiungere che la quantità d’acqua che il Tigri e l’Eufrate portano nel Paese è in calo a causa delle dighe costruite in Turchia e Iran e più in generale, dell’aumento delle temperature globali.
Il lento declino della “Venezia dell’est”
Non è la prima volta che Bassora è protagonista di insurrezioni popolari, a testimonianza di uno stato di abbandono che ha radici antiche. Eppure questa città che giace sullo Shatt al-Arab, dove il Tigri e dell’Eufrate si gettano nel Golfo Persico, è stata un tempo culla di civiltà antiche, ha accolto nel suo porto migliaia di viaggiatori con le loro culture che l’hanno resa a lungo un vivace centro intellettuale. Le cartoline degli anni ’60 ritraggono i suoi palazzi con le balconate riflesse nei canali che la attraversano e ne ricordano il passato glorioso come “Venezia dell’est”. Oggi non rimane molto di tutto questo se non le cicatrici profonde di anni di marginalizzazione.
Durante la guerra Iran – Iraq, Bassora era stato uno dei centri più colpiti dai bombardamenti iraniani. Saddam Hussein dal canto suo si rifiutò di ricostruire la città per punire i suoi abitanti in rivolta e la lasciò poi languire sotto le sanzioni che colpirono il Paese per praticamente un decennio. Quando nel 2003 il regime è caduto e il fronte sciita è salito al potere, i politici in campagna elettorale si sono prodigati in promesse per la rivalutazione del Sud se non fosse che, ad oggi, ben poco è stato mantenuto. Invece corruzione e nepotismo hanno preso il sopravvento e hanno contribuito a peggiorare le condizioni dell’area al punto che proteste sono scoppiate già nel 2010 e poi, più prepotentemente, nel 2015 fino a riemergere questo mese.
Oggi come tre anni fa, i canti di rabbia che riecheggiano qui, nel cuore dell’Iraq sciita, eludono la narrativa settaria che ha caratterizzato il post-Saddam. I manifestanti nel video gridano “Nè sciiti, nè sunniti… laici”. Sono parole di frustrazione verso una classe politica corrotta che irretisce ogni possibilità di crescita nel Paese, un’ insofferenza che va al di là delle differenze religiose. I discorsi e le azioni di gran parte dell’élite al governo, volti a intensificare le divisioni etniche e religiose per distrarre la popolazione dai problemi reali del Paese, hanno sempre meno successo di fronte all’evidenza di un degrado che colpisce tutti indistintamente, tranne proprio quell’élite che dal caos trae profitto.
Un governo assente
Il governo ha risposto ai disordini cercando sia di sopprimere che di cooptare le proteste. Da un lato, alcune delle truppe dell’unità anti terrorismo e della Nona Divisione che avevano combattuto l’ISIS a Mosul sono state schierate contro i manifestanti e hanno cercato di disperdere la folla con gas lacrimogeno e cannoni ad acqua. Si contano finora un centinaio di feriti e una decina di morti tra i manifestanti. D’altra parte, Haider al-Abadi, primo ministro in carica temporaneamente, ha cercato di aprire una finestra di dialogo con i maggiori capi tribali dell’area, si è impegnato a versare 3,5 milioni di dollari alla provincia di Bassora e a creare 10000 posti di lavoro nel settore petrolifero.
Ciò non è stato sufficiente a spegnere la rabbia popolare. La classe politica ha perso credibilità. Poi anche volendo, il processo di decentralizzazione è stato così caotico, frammentato e mal guidato che non ci sarebbero istituzioni affidabili a livello provinciale per gestire e allocare i nuovi fondi. D’altronde l’Iraq è ancora senza governo: il mandato del precedente governo è scaduto il 30 giugno e i vincitori delle elezioni di maggio non sono ancora riusciti a formare una coalizione di maggioranza. La transizione è stata ulteriormente rallentata dalla Corte Suprema che ha ordinato il riconteggio manuale di parte dei voti per presunti brogli elettorali in alcune circoscrizioni.
Questa non è né la prima e non sarà l’ultima estate rovente in Iraq. Questo giro di proteste probabilmente andrà scemando e non ci sarà un’escalation tale da ribaltare l’establishment politico. Ma il governo centrale dovrebbe prendere in seria considerazione una migliore distribuzione delle risorse e una spartizione più efficiente delle responsibilità tra il centro e la periferia. La pericolosa alternativa infatti è trovarsi a gestire, presto o tardi, l’esplosione e diffusione dell’ennesimo focolaio di crisi in un Paese che rimane oltremodo fragile.
Fonti e approfondimenti
https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/07/iraq-protests-south-demands-abadi-government.html
http://www.niqash.org/en/articles/economy/3015/
Can Sadr fulfill his campaign promise to reform the Iraq energy sector?
As Protests Sweep Iraq, are the Country’s Political Elites Running out of Options?
https://apnews.com/a8c150aa24ff4a58a95a8d761d3a9d37
http://musingsoniraq.blogspot.com/2018/05/sadr-communist-alliance-and-iraqs-2018.html
Fai clic per accedere a Faleh_Iraqi%20Protest%20Movement_Published_English.pdf
https://www.wsj.com/articles/oil-rich-iraq-cant-keep-the-lights-on-1532174400?redirect=amp#click=
https://www.aljazeera.com/indepth/features/iraq-protests-180717074846746.html
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