Secondo un nuovo studio del WWF, i Paesi del Mediterraneo e in primis l’Italia, sono i Paesi maggiormente a rischio per gli impatti dei cambiamenti climatici. Aumento delle temperature, innalzamento del livello del mare, riduzione dei ghiacciai alpini, perdita della biodiversità e rischi per la salute umana, sono già effetti percepibili. Negli ultimi trent’anni la temperatura media italiana è stata quasi sempre più alta rispetto a quella globale. Nel 2013, l’anomalia per questa temperatura è stata infatti di +1.04 °C , rispetto ai +0.88 °C globali (European Environment Agency), ed è previsto un aumento di ondate di calore da una media di 16 giorni del 2005 a 80-120 giorni nel 2050.
Tali ondate di calore, secondo i rapporti ISPRA (Istituto Superiore Protezione Ambientale), causano in Italia un incremento del 20-30% della mortalità giornaliera nella fascia di età sopra i 75 anni. Nel 2017, i quattro principali fiumi italiani (Po, Adige, Tevere e Arno) hanno visto diminuire le portate medie annue di circa il 40% rispetto alla media del trentennio 1981-2010 e sei Regioni hanno chiesto lo Stato di emergenza per carenze idriche anche nel settore potabile. Eventi estremi come le alluvioni in Sicilia nel novembre 2018 e le raffiche di vento come quelle che hanno abbattuto 40 milioni di alberi in Veneto, potrebbero inoltre essere sempre più frequenti con enormi ripercussioni a livello nazionale.
La situazione sembra perciò essere di estrema emergenza. Vediamo a questo proposito quali sono le politiche attuate dall’Italia ed i suoi obiettivi in contesto nazionale, Europeo ed internazionale, per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il fallimento del Protocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) è entrato in vigore nel febbraio 2005 e ha regolamentato le emissioni di gas ad effetto serra (in particolar modo dell’anidride carbonica, CO2) per il periodo 2008-2012. L’Unione Europea nel suo complesso si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra dell’8% rispetto ai livelli del 1990. Successivamente, tale impegno, assunto collettivamente, è stato ripartito in maniera differenziata tra gli Stati membri della Unione Europea. In tale contesto, l’Italia si era impegnata a ridurre le proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo 2008-2012: le emissioni di gas serra non avrebbero dovuto superare le 483,3 MtCO2/anno. Mettendo a confronto i livelli di emissioni per i due periodi di riferimento, le emissioni in Italia sono diminuite solamente del 4,6%.
Verso il 2020
L’impegno sottoscritto dall’UE per il periodo successivo al 2012 è stato assolto nel corso della COP di Doha nello stesso anno, durante la quale è stato possibile raggiungere un accordo tra le Parti circa la prosecuzione del protocollo di Kyoto, fissando impegni di riduzione dei Paesi industrializzati per il periodo 2013-2020.
L’Italia ha depositato il proprio strumento di ratifica il 18 luglio 2016, aderendo ai seguenti obiettivi energetici e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, che rientrano nel cosiddetto “pacchetto per il clima e l’energia 2020”:
- riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990;
- riduzione dei consumi energetici del 20% rispetto allo scenario business as usual;
- contributo al raggiungimento di produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 20% dei consumi energetici dell’Unione europea;
- uso dei biocombustibili per il 10% della quantità di combustibile utilizzato nel settore dei trasporti.
I provvedimenti più rilevanti in materia di gas serra sono l’Effort Sharing e la Direttiva sul Emissions Trading System (ETS). Quest’ultima stabilisce infatti un massimo di emissioni a livello europeo, creando un mercato interno in cui possono essere venduti dei “permessi ad inquinare” se inutilizzati.
L’Effort Sharing ripartisce invece tra gli Stati Membri l’obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni di gas serra per i settori non inclusi nell‘Emissions trading (detti non-ETS), ovvero i settori agricolo, trasporti, residenziale e civile. Per l’Italia l’obiettivo di riduzione è del 13% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020.
Secondo i dati dell’ISPRA tutti i target dovrebbero essere rispettati entro il 2020, mentre le proiezioni per il 2030 suggeriscono la necessità di ulteriori misure da adottare per raggiungere tre dei cinque target per i diversi gas.
Il Quadro Clima-Energia 2030
Le proiezioni di questa tabella per il 2030 non considerano però le misure proposte nel nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) inviato alla Commissione europea in data 8 gennaio 2019, finalizzati all’attuazione di più ambiziosi obiettivi previsti a livello europeo per l’Accordo di Parigi. A ottobre 2014 infatti, il Consiglio europeo ha approvato le Conclusioni che contengono i nuovi obiettivi per il periodo 2021-2030, che costituiscono l‘INDC (Intended Nationally Determined Contribution) dell’UE. L’elemento centrale del nuovo Quadro Clima-Energia 2030 è l’obiettivo di riduzione dei gas serra del 40% a livello europeo rispetto all’anno 1990 ripartito tra i settori ETS e non-ETS, che pesano rispettivamente 43% e 30% rispetto all’anno 2005.
Per il raggiungimento dell’obiettivo non-ETS, viene stavolta incluso anche il settore dell’uso del suolo, dei cambiamenti di uso del suolo e della silvicoltura (“LULUCF”), grazie alle sue potenzialità di offrire benefici climatici a lungo termine.
La proposta di Regolamento “Effort Sharing” 2030 ripartisce l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 30% tra gli Stati Membri sulla base del PIL pro-capite del 2013. Per l’Italia è previsto un obiettivo di riduzione al 2030 pari al -33% rispetto al 2005.
Alcuni esempi di provvedimenti e atti a livello nazionale, completati o in corso di definizione, su efficienza energetica e fonti rinnovabili per raggiungere questo target:
- Proroga al 31 dicembre 2019 del termine previsto per usufruire di detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, rispettivamente del 50 e del 65%;
- Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione dei requisiti minimi degli edifici;
- Introduzione di linee Guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici;
- Aggiornamento della disciplina per l’incentivazione di interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili;
- Autorizzazione di 25 milioni di euro di spesa per il 2019 e di 40 milioni di euro per gli anni 2020-2022 per potenziare e accelerare il programma di riqualificazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale;
- Determinazione di nuovi obiettivi di efficienza energetica per i grandi distributori di energia elettrica e gas;
- Disincentivi, sotto forma di imposta, per l’acquisto di auto nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia;
- Incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l’acquisto di auto nuove a basse emissioni;
- Nuovi contributi ai comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile, variabili tra i 60mila e i 150mila euro a seconda del numero di abitanti, inseriti nel Decreto Crescita.
Ipotizzando che tutto ciò possa essere sufficiente per il raggiungimento dei target, è però importante sottolineare che il rispetto dei target Europei ed internazionali non sia un punto di arrivo. La crisi climatica mondiale richiede infatti sforzi ancora maggiori che devono essere raggiunti nel minor tempo possibile. A tal fine, sono necessari sì investimenti nelle energie rinnovabili, ma anche altrettanti paralleli disinvestimenti dalle energie fossili. Per l’Italia in particolare, di grande aiuto per la riduzione delle emissioni, ma non solo, sarebbero politiche volte alla costruzione di un’economia circolare. Nonostante l’enfasi posta sul termine nel contratto di governo dell’ultima legislatura, mancano ancora provvedimenti concreti e una vera e propria strategia in questa direzione.
È inoltre sempre più grande la richiesta di cambiamento dimostrata dai movimenti per il clima diffusi in tutta Italia, per una maggiore attenzione da parte della politica ai temi del clima e dell’ambiente. La transizione del sistema energetico ed economico del nostro Paese, come quello di tutti gli altri, verso un sistema più sostenibile e a emissioni zero, non può più essere rimandata. Per questo sono necessari obiettivi più ambiziosi dei target europei, consistenti in misure forti che ci possano far trovare preparati alle ancora più impegnative sfide future.
Fonti ed approfondimenti
Camera dei Deputati, “Servizio Studi XVIII Legislatura, Cambiamenti climatici“, 18 Gennaio 2019
Camera dei Deputati, “Documentazione Parlamentare, Ambiente, Infrastrutture e Politiche abitative“
European Environment Agency, “Italy country briefing“, 2015
ISPRA, Italian Greenhouse Gas Inventory, 1990-2015
ISPRA, Politiche sul clima e scenari emissivi
European Environment Agency, Italy GHG and energy 2017 country profile
International Energy Agency, Italy, 2016
European Environment Agency, Climate Change Mitigation