Antonio Costa, leader del partito socialista e artefice del cosiddetto “miracolo portoghese”, è l’indiscusso vincitore di questa tornata elettorale, avendo raggiunto un consenso del 36,7%. Tuttavia, i socialisti mancano l’ambizioso obiettivo della maggioranza assoluta: saranno, dunque, costretti nuovamente ad accordarsi con altri partiti, come già avvenuto nell’ultima legislatura.
Il sistema elettorale e i risultati
Il Portogallo elegge ogni quattro anni un parlamento monocamerale composto da 230 deputati, legato al governo da un rapporto fiduciario. Il sistema elettorale è un proporzionale puro con il metodo d’Hondt, che tende a favorire i partiti maggiori. Il 36,7% dei socialisti ha, dunque, fruttato ben 106 deputati, solamente 10 in meno della maggioranza assoluta. Il principale partito di opposizione, il centrodestra del Partito Socialdemocratico (PSD), ha raggiunto il 28% – risultato nettamente superiore alle aspettative – che incrementa del 6% quello raggiunto alle elezioni europee di maggio.
Terza e quarta posizione per i partiti della sinistra radicale, Bloco de Esquerda e Partito Comunista, che non hanno particolarmente sofferto del sostegno offerto a Costa negli ultimi quattro anni. Essi hanno raggiunto, rispettivamente, il 9,7% e il 6,5%, con una rappresentanza di 19 e 12 deputati.
Deludente, invece, il risultato dei conservatori del Centro Democratico Sociale (CDS): con il 4,2% riesce a eleggere solamente 5 deputati. La leader del partito, Maria Assunção Cristas, ha annunciato le dimissioni. Leggermente sotto le aspettative anche il risultato degli ecologisti e animalisti di PAN (acronimo di Persone, Animali, Natura), che perde quasi due punti percentuali rispetto alle europee, passando dal 5,1% al 3,3%. Entrano in parlamento con risultati di poco superiori all’1% (e un singolo deputato) anche l’estrema destra di Chega, i liberali di IL e il centrosinistra di Livre.
Il Partito Socialista conferma il suo successo nelle regioni meridionali del Paese, caratterizzate da maggiore povertà e favorite dal recente boom del turismo. Il PSD è, invece, il partito di maggioranza relativa nel più sviluppato Nord del Paese. Per quanto riguarda la distribuzione di genere, il nuovo parlamento sarà composto per il 62% da uomini e per il 38% da donne. Negativo è il dato sull’affluenza: solamente il 54,5% dei portoghesi si è recato alle urne – il peggior risultato nella storia del Paese.
Il panorama politico portoghese e la campagna elettorale
Il presidente uscente, il socialista Antonio Costa, ha guidato un governo di minoranza socialista sostenuto dall’esterno dalla sinistra radicale del Bloco de Esquerda e dal Partito Comunista. Questa formula politica è nota con il sarcastico appellativo giornalistico di “geringonça”, traducibile in italiano come “pasticcio”. Le elezioni di Lisbona hanno destato un interesse internazionale forse sproporzionato rispetto alla dimensione del Paese, per via della particolarità del suo panorama politico, estraneo alle recenti evoluzioni della politica occidentale e più simile a un modello novecentesco.
Infatti, il Portogallo è un caso più unico che raro (confermato da queste elezioni) di bipolarismo centrodestra-centrosinistra, caratterizzato dalla sostanziale assenza del populismo di destra e dal successo della socialdemocrazia. Il Partito Socialista portoghese è l’unico in Europa (con la parziale eccezione della Spagna) al governo e in crescita elettorale. La geringonça ha avuto un indiscutibile successo, caratterizzato da crescita economica, rispetto dei vincoli europei ed evidente riduzione della disoccupazione. Costa è stato, però, criticato per il bassissimo tasso di investimenti, il permanere di un forte debito pubblico e l’appiattimento del sistema economico sul settore turistico – utile per ridurre la disoccupazione, ma capace solo di creare impiego a basso reddito.
La campagna elettorale è stata inevitabilmente influenzata dai sondaggi. Essi davano, infatti, per scontata la vittoria dei socialisti: l’unico dubbio era se Costa avrebbe avuto o meno i numeri per governare da solo. I partiti della sinistra radicale hanno fatto molta campagna per impedire a Costa di avere le “mani libere”, per mantenere la politica sociale progressista dell’ultimo governo e impedire la deriva centrista del Partito Socialista.
Il primo ministro ha mostrato, invece, un volto moderato nella campagna elettorale, attento a istanze progressiste come la maggiore progressività della tassazione, l’aumento del salario minimo e un piano di riconversione delle centrali a carbone, ma senza menzionare temi divisivi come lo ius soli, le nazionalizzazioni e l’uscita dalla NATO.
Il leader socialista, tuttavia, non ha fra le sue doti politiche quella della comunicazione elettorale migliore: nei dibattiti, Costa è apparso piuttosto in difficoltà e non è riuscito a fare quel passo in più che gli avrebbe permesso di raggiungere la maggioranza assoluta. Infatti, ha ottenuto un risultato leggermente inferiore a quello che i sondaggi gli prospettavano.
Dall’altra parte, il PSD si presentava decisamente da sfavorito. La leadership di Rui Rio era giudicata scialba e troppo poco incisiva nella sua critica del governo da larghi settori del suo stesso partito. Tuttavia, la sua campagna capillare – attenta alle concrete necessità dei cittadini e lontana dai toni urlati e drammatici della maggior parte delle opposizioni che conosciamo – è stata ben giudicata dagli elettori, che gli hanno accordato un risultato finale superiore alle aspettative. Il partito conservatore del Centro Democratico Sociale (CDS) ha, invece, optato per una campagna fortemente critica nei confronti dell’operato di Costa e dei suoi alleati, senza grande successo.
Prospettive future
Nonostante il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta, non c’è dubbio che il primo ministro portoghese dei prossimi quattro anni sarà ancora Antonio Costa. Il leader socialista ha annunciato che, visti i risultati elettorali, intende ricostituire la geringonça, allargandola anche a PAN e a Livre, anche se il programma di riferimento del governo dovrà necessariamente essere quello socialista.
Jeronimo da Sousa, l’anziano leader del Partito Comunista, ha già annunciato che non intende supportare il nuovo governo, a cui darà sostegno solo “caso per caso”. Tuttavia, Costa non dovrebbe avere problemi a formare un nuovo esecutivo già nelle prossime settimane.
La riedizione della geringonça non è affatto malvista dalle cancellerie europee, nonostante la presenza di partiti critici verso Bruxelles. Il nome di Costa è, infatti, una garanzia per la stabilità politica ed economica del Paese, che è spesso indicato come esempio virtuoso da seguire per i Paesi europei con le economie più fragili.
Prova della stima di cui gode il governo portoghese è stata, nel gennaio 2018, l’elezione a presidente dell’Eurogruppo di Mario Centeno, ministro dell’economia di Costa e architetto del “miracolo portoghese”. Wolfgang Schäuble, ex ministro tedesco e grande fautore dell’austerity, lo definì – con una metafora calcistica che denota indiscutibile ammirazione – “il Cristiano Ronaldo dell’Ecofin”.
Fonti e approfondimenti
Francesco Lenzi, “Facciamo come il Portogallo?”, Il Sole 24 Ore, 18 gennaio 2018.
Ricardo Paes Mamede, “Afinal, o que quere o PS?”, Diario de Noticias, 1 ottobre 2019.
Valeria Manieri, “Si vota nel Portogallo del (semi) miracolo, aspettando un’altra “accozzaglia”, Il Foglio, 6 ottobre 2019.
Diana Ramos, “Costa sem maioria pisca olho ao PAN e Livre para nova geringonça”, Correio da Manhã, 7 ottobre 2019.
The Economist, “Social Democracy is floundering everywhere in Europe, except Portugal”, 14 aprile 2018.