In Togo la democrazia è ancora lontana

Il World Democracy Index 2019 dell’Economist Intelligence Unit classifica il Togo tra gli Stati autoritari, di gran lunga indietro rispetto a Paesi come il Ghana, Benin e Burkina Faso. Il Togo è 126 ° su 167 Paesi. A ridosso delle prossime elezioni presidenziali  è quindi ancora agli ultimi posti in classifica in termini di democrazia.

Il World Democracy Index

Il World Democracy Index è un indice compilato dall’Economist Intelligence Unit (EIU) e intende misurare lo stato della democrazia in 167 Paesi, di cui 166 sono Stati sovrani e 164 sono Stati membri delle Nazioni Unite. Copre quindi quasi l’intera popolazione mondiale e la stragrande maggioranza degli Stati del mondo.

L’indice di democrazia ideato dall’EIU si basa su cinque categorie:  processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica e libertà civili. Sulla base dei valori ottenuti negli indicatori rappresentanti le cinque categorie, i Paesi sono classificati in quattro tipi di regime: democrazia perfetta, democrazia imperfetta, regime ibrido e regime autoritario.

Dai risultati di questa analisi, più di un terzo della popolazione mondiale vive sotto un regime autoritario. Pertanto, solo 76 dei 167 Paesi coperti dallo studio, pari al 45,5%, possono essere considerati democrazie. Il numero di democrazie perfette è salito a 22 nel 2019 da 20 nel 2018, ma dei 91 Paesi rimasti nell’indice, 54 sono regimi autoritari, contro 52 nel 2018 e 37 sono classificati come regimi ibridi, contro 39 nel 2018.

La posizione del Togo

Dall’indice si può facilmente notare che nella regione dell’Africa occidentale il Togo figura tra i “cattivi studenti”. Il Paese infatti, guidato da oltre 50 anni dalla dinastia Gnassingbé, supera Paesi come Niger, Guinea, Guinea-Bissau e Guinea Equatoriale, ma allo stesso tempo, i suoi vicini come Ghana, Benin e Burkina Faso occupano posizioni migliori.

Classificato tra i regimi dittatoriali, il Togo occupa infatti il 126 ° posto nel mondo. Questa classificazione non è altro che un riflesso della governance di Faure Gnassingbé. Al terzo mandato presidenziale, Gnassingbé è a capo di un regime che viola i diritti umani e restringe le libertà fondamentali, compromettendo i processi elettorali.

Richieste di riforma rimaste inascoltate 

Le elezioni presidenziali del 25 aprile 2015 portarono alla vittoria di Faure Gnassingbé. Assicurandosi il suo terzo mandato quinquennale, ha consolidato il potere della sua famiglia che detiene il potere dal 1967 e si accinge a partecipare anche alle elezioni presidenziali che si terranno il prossimo 22 febbraio 2020 e che lo vedono candidato per il suo quarto mandato. Sul piano mondiale solo la dinastia dominante della Corea del Nord ha detenuto il potere esecutivo più a lungo.

In questi anni di regime le riforme costituzionali ed elettorali che sarebbero state necessarie per elezioni libere ed eque, sono state rinviate a tempo indeterminato. Queste riforme sono state ripetutamente richieste dall’opposizione divisa e indebolita, da numerose organizzazioni della società civile e dai donatori internazionali. Le riforme includevano tra l’altro il ristabilimento del limite di due mandati per la presidenza, lo svolgimento di elezioni locali, rinviate dal 1983 e il riadattamento dei distretti elettorali.

Leggeri miglioramenti 

La condotta del presidente mostra più trasparenza e impegno nel dialogo rispetto a quanto accaduto durante il regime di suo padre, ma per quanto i suoi sforzi possano essere sinceri, Faure Gnassingbé è ancora circondato da molte figure influenti del vecchio regime dittatoriale. Inoltre, la popolazione del Togo sembra essere diventata sempre più frustrata dall’incapacità del regime di avviare riforme significative.

L’impegno dell’élite al potere nei confronti delle istituzioni democratiche è ovviamente aumentato a seguito dell’apertura politica e della continua pressione dei donatori internazionali. Apparentemente, il regime di Gnassingbé ha appreso molto dal passato, come indicato dalla rottura formale con l’eredità dell’ex partito di raggruppamento del popolo togolese RPT e dalla sua sostituzione con un partito conservatore modernizzato di unione per la Repubblica UNIR nell’aprile 2012. Il regime era ansioso di rafforzare la legittimità dopo la sua acquisizione irregolare di potere attraverso elezioni pacifiche, sebbene non democratiche, che sono seguite (legislative nel 2007 e poi nel 2013 e presidenziali nel 2010 e nel 2015). Tuttavia, per quanto riguarda le istituzioni esistenti, rimane un alto grado di scetticismo: le elezioni con le quali il presidente è stato eletto non sono state ritenute da tutti legittime e il parlamento rimane ancora dominato dalla RPT / UNIR.

Il culto personale attorno al presidente è ancora presente nella vita quotidiana. Tutto ciò, unitamente all’atteggiamento imprevedibile dei sostenitori della linea dura all’interno dell’RPT / UNIR e delle forze di sicurezza, solleva ulteriori dubbi sul livello di impegno nei confronti della creazione di istituzioni realmente democratiche.

Le libertà violate 

Nell’ottobre 2016, Amnesty International chiese  la tutela dei diritti alla libertà di associazione, assemblea pacifica ed espressione in Togo e illustrò dettagliatamente diversi casi riguardanti la violazione di questi diritti, come aveva già fatto in passato.

La libertà di espressione, anche attraverso i media, è costituzionalmente garantita, ma in una certa misura limitata. Secondo Afrobarometer (2015) solo il 21% delle persone intervistate (2011-2013) si sentiva libero di dire quello che pensava. 

Vi è una vasta gamma di quotidiani e settimanali, una vivace stampa privata. La radio è il mezzo più popolare, in particolare nelle zone rurali. La rete radio di proprietà del governo comprende più stazioni, mentre ci sono anche diverse dozzine di stazioni radio private e alcune stazioni radio comunitarie. Inoltre, ci sono due emittenti statali e cinque stazioni televisive private che trasmettono regolarmente notizie ed è possibile seguire liberamente numerose stazioni straniere. Sembra quindi che lo spazio per opinioni ed eventuale dissenso siano garantiti.

Infatti, la libertà di parola e la libertà di stampa sono tutelate dalla legge, ma la legge non è sempre rispettata. L’Alta Autorità di radiodiffusione e comunicazione (HAAC), che dovrebbe proteggere la libertà di stampa e garantire standard etici di base, è fortemente prevenuta a favore del governo, in particolare durante le campagne elettorali. 

Il parlamento ha approvato una legge sui media più restrittiva il 19 febbraio 2013, che avrebbe conferito alla HAAC un maggiore potere di controllo con ampi poteri di censura. Sebbene la Corte costituzionale abbia annullato alcuni degli emendamenti repressivi della legge sui media, la mancanza di libertà di stampa è rimasta centrale nella critica degli organismi nazionali e internazionali per i diritti umani. 

Nel 2015 il Parlamento ha votato a favore di alcune modifiche del codice penale. Ne risulta la criminalizzazione dell’organizzazione della partecipazione alle proteste che non hanno completato le procedure amministrative necessarie. Procedure che sono ovviamente lunghe e complicate.

Nonostante questo, secondo lo studio di Freedom House di fine 2019 il Togo ha ottenuto 43 su 100 punti per livello di libertà. Già dal 2016, la Freedom House ha aggiornato lo stato del Togo da “non libero” a “parzialmente libero”. Di sicuro hanno contribuito la criminalizzazione della tortura – nonostante ne sia data una definizione non del tutto conforme a quella della relativa convenzione delle Nazioni Unite. Inoltre, proprio nel 2016, è stata approvata una legge sulla libertà di informazione che permette di visionare i documenti governativi, anche se con alcune eccezioni e un governo che spesso non risponde alle richieste. Infine, hanno inciso anche i miglioramenti dell’ambiente mediatico registrati durante le elezioni del 2015.

Per quanto riguarda invece le prossime elezioni, i riflettori sono puntati tutti sul Togo, in quanto sarà il primo Paese di sei, in questo 2020, a tenere le elezioni presidenziali nell’Africa Subsahariana.

 

Fonti e approfondimenti 

Freedom House, Togo, Freedom in the world 2019

The Economist Intelligence Unit, Democracy Index 2019

Bertelsmann Stiftung, Togo Country Report, Transformation Index BTI, 2018

Liberté, Indice 2019 sur la démocratie dans le monde: Le Togo classé parmi les… Dictatures, Togo actualité, 26 Gennaio 2020

Edema A. , Le Togo très corrompu selon Transparency International, iciLome, 27 Gennaio 2020

 

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