Ricorda 2010: il Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act

In seguito alle direttive del Dipartimento di Difesa statunitense del 1993, il 28 febbraio 1994 sotto la presidenza Clinton la legge Don’t Ask, Don’t Tell (DADT) divenne effettiva. In sostanza, la legge impediva alle persone omosessuali di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale durante il servizio militare, pena l’esclusione dalle forze armate.

Il DADT fu uno dei provvedimenti più controversi della storia recente degli Stati Uniti a causa della sua natura profondamente discriminatoria nei confronti della comunità LGBT+. Nel 2010 l’amministrazione Obama passò infine il Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act, che abrogò questa legge.

Comunità LGBT+ e forze militari

In un ambiente machista come quello militare, le persone LGBT+ sono state storicamente discriminate, messe all’angolo ed escluse dal prestare servizio. In ragione di considerazioni omofobe e transfobiche, la loro presenza nei corpi armati è sempre stata vista come problematica. La loro esclusione è sempre stata giustificata sulla base di una presunta inadeguatezza delle persone omosessuali le quali sarebbero state “incompatibili” con il servizio. Una norma del Dipartimento di Difesa del 1981 dice chiaramente: “L’omosessualità è incompatibile con il servizio militare. La presenza nell’ambiente militare di persone che si impegnano in comportamenti omosessuali […] compromettono gravemente il completamento della missione militare”.

Questo tipo di discriminazione è presente sin dalla nascita degli Stati Uniti e del loro esercito. Già nell’800 l’omosessualità era motivo di congedo forzato per prassi – prassi che venne codificata ufficialmente in una legge, passata nel 1917 e modificata nel 1921, che proibì l’ingresso a persone omosessuali nelle forze armate. Allo stesso tempo, nella prima metà del ‘900, l’omosessualità divenne un fattore nella valutazione psichiatrica effettuata all’ingresso nell’esercito. Molte persone vennero scartate perché l’omosessualità era considerata un comportamento deviante e una malattia – una barriera, questa, che verrà poi rimossa dall’OMS solo nel1990.

Molte altre invece riuscirono a entrare, pur senza dichiarare pubblicamente il proprio orientamento sessuale per evitare ritorsioni. Fu tra queste che si creò una resistenza interna ai corpi militari, contro le leggi che proibivano loro l’ingresso. Diversi membri del personale militare appartenenti alla comunità LGBT+ uscirono allo scoperto nella seconda metà del secolo scorso e lottarono per rimanere nelle forze armate e per vedere riconosciuto il loro diritto a servire gli Stati Uniti al pari delle persone eterosessuali. Da questo movimento nacque la spinta che portò alla modifica delle leggi, resa effettiva con la legge Don’t Ask, Don’t Tell.

Don’t Ask, Don’t Tell, 1993

La resistenza interna alle forze militari e la crescita del movimento LGBT+ nel Paese – guidato da attivisti come Harvey Milk e Marsha P. Johnson – diedero la spinta decisiva per eliminare le restrizioni formali all’ingresso delle persone omosessuali nell’esercito.

Il risultato fu però una legge, come detto, piuttosto controversa. Don’t Ask, Don’t Tell infatti non eliminò le discriminazioni, ma le mise semplicemente sotto il tappeto, con la speranza di nasconderle dalla scena pubblica.

Don’t Ask, Don’t Tell, infatti continuava a proibire de facto l’accesso e il servizio alle persone omosessuali. Il testo della legge recitava, letteralmente: “La presenza nelle forze armate di persone che dimostrano una propensione o un intento nel partecipare ad atti omosessuali creerebbe un rischio inaccettabile per gli alti standard morali, di ordine, di disciplina e di coesione che sono l’essenza delle abilità militari”. Il loro ingresso era quindi condizionato alla rinuncia della pubblicità del proprio orientamento sessuale.

Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act, 2010

La presidenza Obama abrogò infine il provvedimento nel 2010. Dopo diversi mesi di opposizione da parte dei Repubblicani, guidati nella battaglia dallo sfidante di Obama nelle presidenziali del 2008 John McCain, il provvedimento passò infine al Senato con 65 voti favorevoli e 31 contrari, diventando effettivo a partire dal 2011.

Il Repeal Act eliminò quindi la legge del 1993, ma non eliminò le discriminazioni nelle forze armate statunitensi. Nel 2011 ci fu un ulteriore passo in avanti quando una maggioranza schiacciante di 97-3 nel Senato eliminò l’articolo 125 del Codice di Giustizia Militare che proibiva rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Ciononostante, altri dispositivi legali impedivano il raggiungimento di una parità sostanziale per le coppie omosessuali in cui almeno una persona avesse status di militare. In ragione del Defense of Marriage Act del 1996 – approvato sempre dalla presidenza Clinton – negli USA la legge non riconosceva il matrimonio tra persone dello stesso sesso, definendolo esclusivamente come unione tra un uomo e una donna.

Fu solo con due sentenze della Corte SupremaUnited States v. Windsor del 2013 e Obergefell v. Hodges del 2015 – che anche questa barriera cadde. La seconda in particolare, il 26 giugno 2015 legalizzò di fatto il matrimonio tra persone dello stesso sesso in tutti gli Stati Uniti, pose fine alle discriminazioni che continuavano a colpire anche i membri della comunità LGBT+ che erano parte delle forze militari. A loro, infatti, l’esercito continuava a negare i diritti legati all’assicurazione sanitaria o ai sussidi per gli alloggi alla morte del partner.

Le persone transgender nel contesto del Don’t Ask, Don’t Tell

Menzione a parte meritano le persone transgender. Don’t Ask, Don’t Tell non regolava infatti il tema della discriminazione alle persone trans, le quali però erano – e sono tuttora – fortemente discriminate nel contesto militare statunitense.

L’esercito precluse i membri della comunità LGBT+ dalla possibilità di svolgere il servizio militare dal 1960 circa e fino al 2016, quando l’ordine esecutivo 10450 del 1953 iniziò a essere applicato anche alle forze militari. La predisposizione impediva alle persone che adottavano comportamenti sessuali considerati devianti, quindi tutte le persone LGBT+, di prestare servizio nel governo federale. Fu poi tramite l’Army Regulation 40-501 che l’esercito proibì esplicitamente l’ingresso alle persone transgender.

L’amministrazione Obama nel 2016 eliminò le barriere per tutte le persone che avessero completato la transizione. Recentemente, però, l’amministrazione Trump ha nuovamente bandito le persone transgender dal prestare servizio militare – eccezion fatta per coloro i quali accettino di servire identificandosi con il loro sesso biologico e non con la loro identità di genere. Di fatto, però, questo scredita l’esperienza delle persone transgender e pone in essere una forte discriminazione nei loro confronti.

L’esperienza delle persone trans, contrapposta a quella delle persone omosessuali, è utile per due considerazioni finali. Da un lato, rafforza la convinzione che la discriminazione delle persone LGBT+ sia stata una costante per gran parte della storia statunitense. Questo è particolarmente vero in ambito militare, dove l’ambiente maschilista, machista e patriarcale tende a marginalizzare persone provenienti da questa comunità. Dall’altro, evidenzia come l’esperienza delle persone transgender nella società statunitense sia peculiare, in quanto le discriminazioni nei loro confronti nascono da elementi legati tanto all’omobitransfobia quanto al sessismo.

Fonti e approfondimenti

Don’t Ask, Don’t Tell, Don’t Pursue: Text of the Policy.

Jody Feder, “Don’t Ask, Don’t Tell”: A Legal Analysis, Congressional Research Service, 06/08/2013.

Karen Jowers, Advocates: Gay military couples to see more barriers fall, 26/06/2015.

 

Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_

Be the first to comment on "Ricorda 2010: il Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: