Nel 2010, l’Europa era nel pieno della crisi economica e finanziaria, esplosa due anni prima negli Stati Uniti e rapidamente propagata nel resto del mondo. È in questo contesto che nasce “Europa 2020“, una strategia decennale proposta dalla Commissione europea per dare un segnale di risposta al grave momento di difficoltà che l’UE stava vivendo. Le istituzioni europee avevano intenzione di dimostrare – ai propri cittadini, agli Stati membri e al resto del mondo – di voler affrontare la crisi in modo unitario non solo occupandosi dei problemi più immediati, ma anche prevedendo degli interventi sul lungo periodo.
La crisi economica e le sue conseguenze
Nel marzo del 2010, mese in cui la Commissione europea presentò la strategia, le economie della maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea erano entrate nella fase più acuta della crisi. I debiti pubblici degli Stati, in media, superavano l’80% del PIL. I progressi maturati negli anni precedenti riguardo crescita economica e livelli di occupazione erano stati di colpo annullati. Il PIL dell’area UE, nel 2009, era sceso del 4%, la produzione industriale era tornata ai livelli degli anni Novanta e 23 milioni di persone risultavano essere disoccupate.
La crisi aveva, inoltre, fatto emergere le carenze strutturali dell’UE. Già prima del 2010, l’Europa registrava tassi di crescita e di occupazione inferiori rispetto alle altre grandi economie mondiali. A questo si aggiungevano anche altri problemi: quello demografico, con una popolazione attiva sempre più vecchia e prossima al pensionamento, e quello di competitività, in campo tecnologico e industriale, con le economie emergenti. L’esplodere della crisi non aveva fatto altro che acuire tali problematiche.
Con questi presupposti le istituzioni europee non potevano solo occuparsi della gestione degli effetti immediati della crisi economica, ma dovevano iniziare a pensare anche alle modifiche strutturali necessarie per porre le basi dell’economia europea del futuro.
Per una crescita “intelligente, sostenibile, inclusiva”
La strategia “Europa 2020” aveva proprio lo scopo di porre degli obiettivi sul lungo periodo per avviare una riforma molto più profonda degli aspetti socioeconomici dell’Europa. Secondo l’allora presidente della Commissione europea, José Barroso, la strategia doveva rappresentare la solida base di una crescita “intelligente, sostenibile, inclusiva” per i Paesi dell’UE.
La Commissione aveva posto alcuni ambiziosi obiettivi in materia di occupazione, innovazione, clima, istruzione e integrazione sociale. Nello specifico, i cinque punti della strategia erano:
- garantire un livello di occupazione del 75% nella fascia di età 20-64 anni;
- investire almeno il 3% del PIL dell’UE in ricerca e sviluppo;
- limitare le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990, ricavare il 20% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili e aumentare l’efficienza energetica del 20%;
- ridurre il tasso di abbandono scolastico al di sotto della soglia del 10% e portare al 40% la percentuale di persone che hanno ultimato gli studi universitari nella fascia di età 30-34 anni;
- ridurre di 20 milioni il numero di persone a rischio povertà ed emarginazione.
Le iniziative faro
Sempre all’interno del quadro della strategia decennale, erano state istituite 7 iniziative faro, necessarie alle istituzioni europee e agli Stati membri per adempiere agli obiettivi prefissati nel corso degli anni. Le iniziative in questione erano:
- “Un’agenda per le nuove competenze e i nuovi posti di lavoro“: per porre le basi della modernizzazione del mercato del lavoro;
- “L’Unione dell’innovazione“: per riorientare le politiche legate alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione in funzione di nuove sfide, come il cambiamento climatico e l’utilizzo di nuove risorse energetiche;
- “Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse“: per permettere una transizione verso un’economia efficiente e basata su risorse a limitate emissioni di CO2;
- “Una politica industriale per l’era della globalizzazione“: per definire un quadro di politiche industriali moderne e capaci di affrontare le nuove sfide dettate dal processo di globalizzazione;
- “Youth on the move“: per promuovere la mobilità studentesca e aumentare l’attrattiva internazionale delle università europee;
- “Un’agenda europea del digitale“: per trarre dei vantaggi socioeconomici da un mercato digitale unico basato su una rete internet ultraveloce;
- “Piattaforma europea contro la povertà“: per garantire coesione economica, sociale e territoriale.
Strategia comune, obiettivi nazionali
Tutte le iniziative faro contenevano obiettivi da attuare sia a livello europeo, con la Commissione impegnata in prima linea, sia direttamente a livello nazionale dagli Stati membri. La caratteristica principale della strategia “Europa 2020” era, infatti, la forte collaborazione e interconnessione tra istituzioni europee e Stati membri, sui quali ricadeva la responsabilità di porsi, annualmente, degli obiettivi da rispettare.
Il coordinamento tra gli Stati per attuare le riforme strutturali previste da “Europa 2020” è poi diventato uno dei tre nuclei principali, assieme alle politiche di bilancio e agli squilibri macroeconomici, del cosiddetto “semestre europeo”. Da gennaio a giugno di ogni anno, infatti, le istituzioni europee si impegnano quasi esclusivamente dell’analisi di questi fondamentali aspetti economici, valutando le politiche proposte da ciascun Stato membro e, a tal riguardo, formulando delle raccomandazioni.
A che punto siamo dopo dieci anni
Il decennio successivo alla messa in atto della strategia “Europa 2020” si è rivelato essere molto difficile e la ripresa dalla crisi economica e finanziaria molto più complessa di quanto si potesse immaginare. In diverse circostanze, dalla crisi dei debiti sovrani del 2011 al referendum in Regno Unito che ha portato all’estenuante negoziato per Brexit, fino ad arrivare all’attuale emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19, l’UE si è ritrovata sottoposta a una fortissima pressione che l’ha portata a rivedere i propri obiettivi e la propria agenda.
Nonostante le indubbie difficoltà, Commissione europea e Stati membri negli ultimi 10 anni hanno continuato a lavorare per raggiungere gli obiettivi posti. Dagli ultimi dati disponibili, quelli del 2019, alcuni dei 5 punti della strategia non sembrano molto lontani dall’essere raggiunti, altri si sono rivelati fallimentari, altri ancora sono stati raggiunti con successo.
Per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico, l’obiettivo di scendere al di sotto della soglia del 10% a livello UE è stato raggiunto e quasi tutti gli Stati sono riusciti a rispettare gli obiettivi nazionali. Lo stesso vale anche per l’altro obiettivo legato all’istruzione, quello di portare la soglia dei laureati nella fascia di età 30-34 anni oltre il 40%. Male invece per quanto riguarda i settori di ricerca e sviluppo e lotta alla povertà: in entrambi casi, infatti, i limitati progressi che si sono registrati in questi dieci anni si sono rivelati insufficienti a raggiungere i livelli auspicati. Gli obiettivi relativi ai tassi di disoccupazione e quelli legati al clima e all’energia nei dati del 2019 risultavano essere a un passo dall’essere raggiunti e sarà necessario attendere quelli del 2020 per verificarne i risultati finali.
Dopo dieci anni, una nuova crisi
A poco più di dieci anni dalla grande recessione, l’UE si trova a fronteggiare una nuova crisi economica che, secondo le ultime previsioni, avrà degli effetti ancor più devastanti rispetto a quella di un decennio fa. Il lockdown attuato in tutti i Paesi europei per arginare la propagazione del Sars-Cov-2 ha avuto delle ripercussioni gravissime sulla produzione e sui consumi. Le stime dalla Commissione europea sul PILdegli Stati membri prevedono un calo record del -8,7% nell’Eurozona.
Negli ultimi mesi, le istituzioni europee sono state principalmente impegnate a trovare delle soluzioni rapide ed efficaci per sostenere gli Stati maggiormente colpiti dalla pandemia. Già nei primi mesi di mandato, però, la Commissione von der Leyen aveva presentato un’agenda di riforme strutturali su diverse materie, dall’ambiente (con il Green New Deal), alla digitalizzazione, alla trasformazione del mercato del lavoro. L’ambizioso progetto di von der Leyen si è inevitabilmente interrotto durante i mesi dell’emergenza, ma quei punti non sono stati estromessi definitivamente dall’agenda. Non è da escludere, tra l’altro, che questa nuova crisi possa fungere da motore per far convergere i progetti iniziali della Commissione in una nuova e più ambiziosa strategia di riforme strutturali da attuare sul lungo periodo.
Fonti e approfondimenti
Commissione europea, “Strategia Europa 2020“, 3/3/2010.
Eurostat, Europe 2020, headline indicators: scoreboard.
Beda R., “Ue, calo Pil Italia: -11,2% nel 2020. Eurozona: -8,7%. Dombrovskis: <<Impatto della pandemia più grave del previsto>>“, Il Sole 24 Ore, 7/7/2020.
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_