Il 1° maggio 2019, in Russia, il Programma nazionale di economia digitale (legge federale 90-FZ), comunemente conosciuto come legge sulla sovranità digitale e l’accesso a internet, è stato approvato dalla Camera alta del Parlamento russo, il Consiglio della Federazione, e firmato dal presidente Vladimir Putin. Il 1° novembre successivo il Programma è entrato ufficialmente in vigore.
La legge prevede la realizzazione di uno spazio internet russo, il RuNet, che possa operare senza l’ausilio di alcun server straniero, grazie a un Domain Name System (DNS) nazionale alternativo che, una volta funzionante, dovrebbe costituire una sorta di web russo parallelo.
In caso di “minacce alla stabile, sicura e integrale operatività di internet sul territorio russo”, il Roskomnadzor (cioè l’organo federale responsabile per la supervisione, il controllo e la censura dei media e delle telecomunicazioni) può isolare il RuNet, costringendo i provider russi di servizi internet a disconnettersi da tutti i server stranieri. In questa evenienza, il Roskomnadzor assumerebbe il pieno controllo di tutte le connessioni all’interno del Paese e, quindi, di ogni contenuto online.
Una rete più protetta o più controllata?
La legge non definisce chiaramente quali sono le minacce che comporterebbero l’attivazione coatta di RuNet, descrivendo soltanto una generale situazione di emergenza. La scelta di delineare una fattispecie aperta lascia alle autorità russe ampia discrezionalità e comporta il rischio di shutdown arbitrari. È proprio questo il tema su cui si concentrano le maggiori critiche: a molti osservatori questa legge appare come l’ennesimo tentativo da parte del Cremlino di limitare le libertà democratiche dei propri cittadini.
Secondo il governo russo, la legge ha lo scopo di prevenire possibili attacchi cibernetici esterni e, soprattutto, fornirebbe alla Russia gli strumenti per sopravvivere nel caso fosse l’Occidente ad “attaccarla”, isolandola e impedendole l’accesso al World Wide Web. A ben guardare, però, il programma appare più come un modo con cui Mosca può limitare ulteriormente l’opposizione interna, esercitando un maggiore controllo sulla rete e i suoi fruitori. Questa legge rientra pienamente nel quadro delle politiche digitali russe incentrate sulla censura, la sorveglianza e la repressione da parte delle autorità federali.
Il provvedimento è stato duramente contestato dalla società civile: in un sondaggio condotto dal centro di ricerca VTsIOM, il 52% degli intervistati si è dichiarato contrario alla legge. Nel marzo del 2019, migliaia di cittadini russi sono scesi nelle piazze di Mosca, San Pietroburgo, Voronež e Chabarovsk per protestare contro la recente approvazione del disegno di legge da parte della Duma (la Camera bassa dell’Assemblea federale), dando vita a una delle più grandi contestazioni dell’ultimo decennio. Secondo l’organizzazione non governativa White Counter, solo a Mosca alle manifestazioni hanno partecipato circa 15.300 persone.
La sovranità digitale e il Roskomnadzor
La sovranità digitale è la gestione dello spazio cibernetico da parte del governo centrale, attraverso il controllo delle connessioni e dei dati che vengono trasmessi. La rete è considerata come un nuovo territorio, oggetto della sovranità esclusiva dello Stato.
Il tentativo di regolare in modo più stringente internet è un fenomeno che ha avuto ampio sviluppo negli ultimi anni e che non riguarda esclusivamente i regimi autoritari; anche gli Stati Uniti e l’Unione europea ambiscono a un maggiore controllo sul web, seppure con mezzi meno radicali di quelli proposti dalla Russia.
L’evoluzione della rete sembra dunque essere la frammentazione nazionale di internet, l’opposto di come era nata: uno strumento intrinsecamente globale, grazie all’utilizzo del linguaggio universale degli indirizzi IP (Internet protocol address) e di un’unica radice DNS per i nodi della rete.
In Russia il compito di realizzare un sistema di rete centralizzato è stato affidato al Roskomnadzor. Questo organismo, costituito nel 2008, si occupa principalmente del controllo del materiale diffuso online e della protezione dei dati personali dei cittadini russi. Per questo, può oscurare i siti ritenuti in qualche modo pericolosi. Nel corso degli anni, la blacklist è diventata sempre più lunga e comprende siti come Linkedin, Wikipedia e alcuni giornali online che si sono occupati della guerra nel Donbass nel 2014.
Con l’adozione della nuova legge sulla sovranità digitale, i poteri del Roskomnadzor saranno ampliati e si occuperà dell’effettivo controllo di quanto viene pubblicato in rete. Il pericolo che i contenuti non allineati con le idee del governo russo vengano censurati è alto, soprattutto considerando che il Roskomnadzor risponde direttamente al ministero delle Comunicazioni.
L’applicazione della legge
Tuttavia, approvare una legge è molto diverso dall’attuarla e oggi, a quasi due anni dall’entrata in vigore, il governo russo è ben lontano dalla piena applicazione della legge sulla sovranità digitale.
Nell’aprile del 2019, le autorità russe avevano annunciato dei test di disconnessione, cioè delle prove generali in cui il Roskomnadzor avrebbe disconnesso tutti i provider russi dai server stranieri, così da poter valutare l’effettiva capacità di funzionamento di RuNet. Questi test, però, sono stati rimandati più volte, aumentando i dubbi sulla reale possibilità di mettere in pratica quanto previsto dalla legge con gli strumenti di cui al momento dispone Mosca.
Allo stesso modo, la Russia ha fallito nel tentativo di impedire ai cittadini l’accesso alle applicazioni che utilizzano sistemi di messaggistica criptata. Tra queste c’è Telegram, ampiamente diffusa tra i cittadini russi e mezzo principale per la condivisione di materiale illegale o disapprovato dal governo.
La profonda discrepanza tra la lettera della legge e la sua applicazione effettiva è dovuta a diversi fattori. Diversi ostacoli burocratici, tecnici e finanziari hanno impedito che si realizzasse in Russia un sistema efficace come quello del Great Firewall cinese, in cui esistono tre portali di connessione che controllano e filtrano ogni informazione che passa tra la rete cinese e quella internazionale.
Al contrario del sistema cinese, ideato nel 1998, la Russia non ha ancora avuto il tempo di creare dei software nazionali che sostituiscano quelli stranieri. I cittadini russi, quindi, continuano a utilizzare abitualmente piattaforme occidentali come Google.
Aumentare il controllo sulle attività online, però, rimane uno dei punti chiave della strategia politica di Putin. Nel dicembre del 2019, il presidente ha approvato una legge, che dovrebbe entrare in vigore nel 2021, per cui tutti gli smartphone, i computer e gli altri dispositivi digitali venduti in Russia dovranno contenere alcuni software di tracciamento preinstallati.
I tribunali russi continuano a multare le compagnie digital straniere che non depositano i dati personali dei cittadini russi all’interno del territorio nazionale, come previsto da una legge entrata in vigore nel 2015. Per questo motivo, il 13 febbraio 2020 la Corte magistrale del distretto giudiziario di Tagansky ha multato Facebook e Twitter per 4 milioni di rubli ciascuna. Inoltre, sono in programma nuove leggi per aumentare i poteri del Roskomnadzor.
Il controllo sul web, nel frattempo, avviene soprattutto offline, attraverso metodi non democratici come l’intimidazione e l’arresto di giornalisti e blogger oppositori del governo.
Fonti e approfondimenti
Sposini, Alessia, Ru-Splinternet. La sovranità digitale in Russia, Geopolitica.info, 20/10/2020
Rainsford, Sarah, Russia internet: Law introducing new controls comes into force, BBC News, 1/11/2019
Doffman, Zak, Putin Begins Installing Equipment To Cut Russia’s Access To World Wide Web, Forbes, 24/09/2019
Dominioni, Samuele, Tafuro Ambrosetti, Eleonora, Russia: la legge sulla sovranità digitale che limita internet, ISPI, 3/05/2019
Shermažn, Justine, The Russian Doll of Putin’s Internet Clampdown, Wired, 1/05/2019
Reuters, 10/03/2019. Thousands of Russians protest against internet restrictions
Editing di Emanuele Monterotti
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