L’accordo sugli investimenti tra Cina e UE: origini e sviluppi

CAI: L'accordo commerciale tra Cina e Unione europea
Marco Verch Professional Photographer - Flickr - CC BY 2.0

Il Comprehensive Agreement on Investment (CAI) è un ambizioso accordo commerciale tra Cina e Unione europea nato dall’esigenza di regolamentare e rafforzare la cooperazione sugli investimenti nel pieno del disaccoppiamento (decoupling) tra l’economia cinese e quella statunitense, ovvero la riduzione dell’interdipendenza tra le due economie, soprattutto in settori di importanza strategica. Un esempio è la rilocalizzazione delle aziende statunitensi in Cina verso altre destinazioni, in Asia o negli USA (reshoring). Dal punto di vista cinese, il disaccoppiamento si riflette nella volontà di puntare sul mercato interno, uno dei principali obiettivi del XIV Piano Quinquennale (2021-2025).

A dicembre 2020, Cina e Unione europea si sono accordate sulla regolamentazione dei propri investimenti esteri. Infatti, il CAI si propone di garantire un unico quadro legale sugli investimenti, che sostituisca i 26 accordi bilaterali in vigore tra i membri dell’Unione e la Repubblica Popolare Cinese.

La Cina rappresenta un partner strategico fondamentale per la politica commerciale dell’UE. Secondo i dati Eurostat, per quanto riguarda gli scambi di beni, Pechino è diventato il primo partner commerciale dell’Unione nel 2020. La competitività del mercato cinese, ormai seconda potenza economica dietro gli Stati Uniti, incentiva diversi attori a instaurare rapporti commerciali con la Cina. Garantirsi un accesso meno vincolato a uno dei mercati più competitivi al mondo è un vantaggio non solo commerciale ma anche diplomatico. Tuttavia, intrattenere dei rapporti commerciali con Pechino comporta una serie di rischi e limitazioni, che sono emersi anche nel contesto del CAI.

Rapporti commerciali bilaterali sino-europei

Nel 1975, Christopher Soames fu il primo commissario europeo a visitare la Cina. Dopo il riconoscimento di Pechino come unico rappresentante legittimo della RPC, vennero ufficialmente instaurate le relazioni diplomatiche sino-europee. Da quel momento, i rapporti si concretizzarono in una serie di visite diplomatiche e negoziati commerciali. Nel 1978, venne stipulato il primo accordo commerciale tra la Comunità economica europea (CEE) e la Cina. Tuttavia, i rapporti subirono una battuta d’arresto in seguito agli eventi di piazza Tiananmen del 1989, che determinarono un periodo di isolamento per Pechino. Come conseguenza, l’Europa impose per la prima volta delle sanzioni alla Cina per la violazione dei diritti umani, disponendo anche un embargo sulle armi.

Le relazioni commerciali tra Pechino e Bruxelles ripresero negli anni Novanta e raggiunsero l’apice negli anni 2000, grazie anche al supporto europeo per l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, finalizzato nel 2001. Tuttavia, la rapida crescita dell’economia cinese e la situazione politica interna determinarono un clima di inquietudine all’interno dell’UE. Per questa ragione, nel 2006 la Commissione europea pubblicò un documento programmatico sul commercio e gli investimenti che esprimeva le principali preoccupazioni. Per l’UE, la Cina avrebbe dovuto aprire maggiormente il mercato e riformare l’economia, offrendo più tutele e diritti per le imprese straniere.

Il volume degli scambi commerciali tra i due attori è aumentato in maniera esponenziale nel corso degli anni, tanto da portare nel 2013 alla negoziazione di un accordo- il CAI – che facilitasse la gestione del commercio bilaterale. Inoltre, nello stesso anno, venne varata dalla Cina l’iniziativa nota come La Nuova Via della Seta, che dal punto di vista europeo può essere considerata come un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, migliora la connettività, favorisce la crescita dei flussi commerciali e la circolazione di beni e servizi. Dall’altro introduce all’interno del mercato europeo,e non solo, investimenti di aziende sotto il diretto controllo del PCC. Si tratta, dunque, di un progetto che rischia di minare la competitività del mercato unico europeo.

Un passo in avanti verso una maggiore apertura è rappresentato dalla recente riforma legislativa in materia di investimenti esteri in Cina entrata in vigore il 1° gennaio 2020. Nonostante l’approvazione di questa legge, fare business con la RPC è ancora oggi problematico. Secondo il Business Environment Survey 2020, elaborato dalla Camera di commercio europea in Cina, la maggior parte delle aziende straniere ha incontrato difficoltà e ha affermato che la disparità di trattamento rispetto alle aziende cinesi persiste ancora. Tuttavia, la volontà da parte della potenza asiatica di agevolare l’ingresso anche alle imprese straniere comincia lentamente a manifestarsi e l’Accordo Comprensivo sugli Investimenti ne è la testimonianza.

Cina-UE: quanto contano gli investimenti?

La pandemia non ha compromesso i rapporti commerciali tra Cina e UE, al contrario li ha fortificati. Le importazioni da parte dell’UE dalla Cina sono aumentate del 5,6%, mentre le esportazioni del 2,2%. D’altro canto, gli investimenti diretti esteri (IDE) cinesi in Europa –  dopo l’apice raggiunto nel 2016 – hanno subito un leggero calo negli ultimi anni. Ciononostante, nel 2019 la somma degli IDE cinesi ammontava a 12 miliardi di euro.

Secondo i dati del World Investment Report 2019 di UNCTAD, le aziende europee hanno investito circa 140 miliardi di dollari nella RPC. Sempre nel 2019, le imprese cinesi che hanno investito direttamente in UE erano 3.200, creando 260.000 posti di lavoro per circa 120 miliardi. Nei primi mesi del 2020, gli investimenti di società europee in Cina hanno raggiunto una somma pari a 2,3 miliardi di dollari, soprattutto in settori chiave come automotive e agroalimentare.

Come si è arrivati al CAI: round negoziali dal 2013 ad oggi

I negoziati sul CAI hanno avuto inizio nel 2013 e sono durati ben sette anni e 35 round negoziali. Sebbene il 30 dicembre 2020 UE e Cina abbiano raggiunto un accordo di principio sul CAI, al momento l’iter di approvazione è bloccato al Parlamento Europeo.

L’annuncio ufficiale della volontà di negoziare sul CAI fu dato in occasione del XVI Summit sino-europeo nel 2013. Sul fronte europeo, il patto è stato fortemente voluto da uno dei mercati più forti dell’UE, che ha importanti relazioni commerciali con la Cina: la Germania. Tuttavia, dopo una serie di trattative avvenute nel gennaio 2014, soltanto nel 2016 UE e Cina hanno convenuto sul contenuto effettivo dell’accordo e annunciato le negoziazioni vere e proprie.

Due anni dopo, durante il XX vertice sino-europeo del luglio 2018, furono presentate le prime proposte per l’accesso degli investitori europei al mercato cinese. Le divergenze sulle politiche di investimento – l’UE chiedeva che si abbattessero le barriere imposte dal mercato cinese- non portarono a un accordo e ci fu un rinvio all’anno successivo. Nel 2019, entrambe le parti si impegnarono a chiudere l’accordo entro il 2020. È tra il 20mo e il 24mo round di negoziazioni che vennero affrontate le questioni più spinose, come la regolamentazione dei servizi finanziari, i trasferimenti di capitale e le dispute interne a ai vari membri dell’UE. A dicembre dello stesso anno, ci fu un secondo scambio di offerte per l’accesso ai rispettivi mercati che garantivano più tutele agli investitori stranieri.

La decisione di finalizzare l’accordo entro il 2020 portò a una accelerazione dei lavori, articolati in  una serie di negoziati che miravano a definire nello specifico i punti cardine del CAI, tra i quali parità di condizioni, provvedimenti per disciplinare i rapporti con le imprese di Stato, accesso ai settori chiave (automotive, salute, energia e telecomunicazioni) e sviluppo sostenibile.

Su cosa si basa il Comprehensive Agreement on Investment?

L’obiettivo principale del CAI è legato alla necessità di incentivare la collaborazione in materia di investimenti, all’interno di una cornice di principi condivisi, più trasparenza e un mercato più accessibile. L’accordo si prefigge di abbattere le barriere d’accesso del mercato cinese attraverso la liberalizzazione degli investimenti in settori precedentemente vietati e garantendo un trattamento equo e parità di condizioni (equal playing field) alle imprese UE che operano in Cina. In questo modo, si tutelano gli investitori europei da possibili variazioni delle condizioni commerciali influenzate dalla situazione politica interna cinese.

Inizialmente, l’accordo mirava soltanto alla creazione di un quadro giuridico uniforme soprattutto in materia di investimenti bilaterali. Nel corso degli anni, il testo è stato modificato aggiungendo un focus su altre tematiche come i diritti dei lavoratori, l’ambiente e lo sviluppo sostenibile. La complessità dell’accordo consiste nel tentativo di affrontare tre criticità legate al mercato cinese:

  • Reciprocità di accesso
  • Parità di condizioni per tutti gli operatori/investitori
  • Regole condivise su salute, clima e diritti dei lavoratori

Le imprese straniere si troverebbero così di fronte a un mercato più accessibile e privo di vincoli preesistenti come l’obbligo di joint ventures con operatori locali in settori specifici. Il vantaggio per il gigante asiatico sta nella creazione di un clima più disteso tra Oriente e Occidente. Invece un obiettivo  comune è la tutela unilaterale degli interessi nazionali con l’utilizzo di un meccanismo di monitoraggio ad hoc degli investimenti in entrata.

CAI: chiave d’accesso definitiva per il mercato cinese?

Negli ultimi mesi, le divergenze tra UE e Cina hanno portato a un congelamento delle trattative. Uno dei motivi riguarda la richiesta da parte dei leader europei di un maggior impegno da parte delle autorità cinesi per il rispetto dei diritti umani. È un tema sensibile, strettamente connesso a una delle questioni più delicate per la RPC: la questione del Xinjiang.

Tuttavia, se il CAI andasse in porto, gli investitori europei avrebbero accesso a settori chiave prima inaccessibili a qualsiasi investitore straniero. L’accordo favorirebbe la cooperazione economica e garantirebbe una competizione equa e più trasparente. Gli investimenti sarebbero incoraggiati grazie a maggiori certezze sia da un punto di vista giuridico, sia perché si aprirebbero dei flussi di investimento di importanza strategica. Inoltre, Pechino potrebbe avere accesso agli investimenti sulle energie rinnovabili, essendo questo mercato europeo già aperto a capitali esteri. Infine, da un punto di vista europeo, una competizione più trasparente e bilanciata con la seconda economia mondiale comporterebbe numerosi vantaggi commerciali e un punto di svolta nelle relazioni con Pechino.

 

Fonti e approfondimenti

Alessandra Colarizi, “UE-Cina: un accordo parziale e molte questioni geopolitiche aperte”, Aspenia online, gennaio 2021

Alicia García-Herrero, “The EU-China investment deal may be anachronic in a bifurcating world”, Bruegel, aprile 2021

CHINA BRIEFING, EU-China Comprehensive Investment Agreement

CHINA BRIEFING, The EU Suspends Ratification Investment Agreement with China: Business and Trade Implications

Dadush Uri and André Sapir, “Is the European Union’s investment agreement with China underrated?”, Bruegel, settembre 2021

EUROSTAT, China-EU – international trade in goods statistics

Gaia Bortolotti, “L’Accordo Comprensivo sugli Investimenti tra Unione Europea e Cina (CAI)”, Bridging China Group, 04/03/2021

Global Times, Mutually beneficial China-EU investment deal won’t fall apart, marzo 2021

Global Times, European Parliament votes through motion to freeze China investment deal, risking bloc’s economy amid political self-entertainment, maggio 2021

ISPI, Europa – Cina: si cambia, 5 maggio 2021

ISPI, UE-Cina, il super accordo sugli investimenti, 30 dicembre 2020

Parlamento Europeo,_Accordo comprensivo sugli investimenti (CAI) UE-CINA

Matilde Echeverri Erk, “Nuova Legge sugli Investimenti Stranieri: Modifiche e Obiettivi”, Bridging China Group, 6 giugno 2020

Michael D. Sampson, The Downstream Implications of the EU-China Investment Agreement: Lessons from Trade, Basille Paper, 1 marzo 2021

OEC, China (CHN) Exports, Imports, and Trade Partners | OEC

UNCTAD’s World Investment Report 2020

Weinian Hu, The EU-China Comprehensive Agreement on Investment, CEPS Policy Insight, maggio 2021

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

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