Ricorda 1991: La Commissione Badinter per l’ex-Jugoslavia

Commissione Badinter
Riccardo Barelli - Remix Lo Spiegone - @sbamueller - Wikipedia - Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

Istituita come corte arbitrale nel 1991, la Commissione Badinter nacque nel quadro delle azioni intraprese inizialmente della Comunità europea per fronteggiare il processo di dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Attraverso le sue opinioni, la Commissione si espresse su una serie di temi molto delicati e potenzialmente molto innovativi, quali per esempio il riconoscimento dei nuovi Stati che stavano emergendo dalla dissoluzione della Federazione jugoslava e sull’autodeterminazione delle minoranze.

I primi referendum per l’indipendenza dalla Federazione jugoslava

Sul finire del 1990, a dieci anni dalla morte del Maresciallo Tito, le sei repubbliche jugoslave erano ormai dominate dal riemergere di sentimenti nazionalisti e nella Federazione si erano avviate una serie di negoziazioni riguardo alla possibilità di trasformare la Jugoslavia in una confederazione composta da repubbliche indipendenti. Eppure, se questa ipotesi fu sostenuta dalla maggior parte delle repubbliche, la Serbia, in quanto attore dominante nella Federazione, era fortemente contraria. Inoltre, il tutto era complicato dal fatto che i confini delle repubbliche non ricalcavano perfettamente i confini “etnici” e ciò diventò particolarmente rilevante a causa delle aspirazioni nazionalistiche serbe verso la creazione di una “Grande Serbia”, annettendo tutti i territori in cui erano presenti minoranze serbe (specialmente in Croazia e Bosnia-Erzegovina).

Dopo il fallimento delle negoziazioni, il 25 giugno 1991 Slovenia e Croazia dichiararono la propria indipendenza, scontrandosi con l’opposizione federale e della repubblica serba. Due giorni dopo, scoppiarono i primi scontri in Slovenia, seguiti dall’intervento della Comunità europea con la conclusione degli Accordi di Brioni il 7 luglio 1991, i quali prevedevano il ritiro delle forze federali e la sospensione dell’auto-dichiarata indipendenza di Slovenia e Croazia. Ciononostante, la fine delle ostilità in Slovenia aprì lo spazio per l’intervento dell’armata federale e delle forze paramilitari serbe in Croazia.

Anche nel caso della seconda ondata di ostilità, la Comunità europea intervenne cercando di ottenere un cessate il fuoco e di ristabilire le negoziazioni sul nuovo assetto costituzionale della Federazione jugoslava. Per questo motivo, nell’agosto del 1991 fu convocata la Conferenza di Pace sulla Jugoslavia, per riportare la pace in Jugoslavia e quindi coordinare le negoziazioni sul futuro della Federazione sotto la guida di due principi fondamentali: il rifiuto categorico di qualsiasi cambiamento dei confini (interni e internazionali) attraverso la forza; e la garanzia della tutela dei diritti umani delle minoranze in tutte le repubbliche. Pertanto, inizialmente la Comunità europea mantenne una posizione per cui la Jugoslavia avrebbe mantenuto il proprio carattere statale.

Mandato e composizione della Commissione

In questo contesto, la Comunità europea decise di dotarsi di una corte arbitrale che sostenesse la Conferenza di Pace, esprimendosi su questioni sottoposte dal presidente della Conferenza, dal presidente del Consiglio dei ministri della Comunità europea, dagli Stati membri, dalle repubbliche jugoslave e dalla Federazione. Tale organo si sarebbe riunito a Parigi e sarebbe stato composto da cinque membri, due nominati all’unanimità dalla presidenza della Federazione jugoslava e tre dalla Comunità europea e dagli Stati membri. 

La corte prese il nome di Commissione Badinter dal nome del suo presidente, Robert Badinter (presidente del Conseil Constitutionnel francese) ed ebbe in totale due composizioni. Al momento della sua prima istituzione nel 1991, oltre al presidente furono nominati Aldo Corasantini (presidente della Corte costituzionale italiana), Roman Herzog (presidente della Corte costituzionale tedesca), Irène Pétry (presidente della Corte arbitrale belga), e Francisco Tomas y Valiente (presidente del Tribunale costituzionale spagnolo). A causa del mancato accordo all’interno della presidenza federale jugoslava, tutti i membri furono nominati dagli Stati membri.

Nel 1993, la Commissione fu ricostituita e ne fu cambiata la composizione: cinque membri permanenti, di cui tre nominati dal Consiglio dei Ministri della Comunità europea tra i giudici delle più alte corti degli Stati membri, uno selezionato dal presidente della Corte internazionale di giustizia (CIG) e un ultimo nominato tra i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU). Della prima composizione rimasero solo Badinter e Herzog, a cui si aggiunsero Francesco Paolo Casavola (presidente della Corte costituzionale italiana); Elizabeth Palm in qualità di giudice della Corte EDU e José Maria Ruda (ex-presidente della CIG).

Il mandato dalla Commissione Badinter era piuttosto vago, in quanto l’obiettivo era quello di creare un organo che fosse capace di risolvere controversie attraverso il diritto, su richiesta delle parti. Ciò permise alla Commissione di esprimersi su una grande varietà di questioni, come evidente dalle diverse opinioni che produsse negli anni di attività.

Le opinioni della Commissione

Le opinioni della Commissione Badinter furono 15 in totale, seguendo l’evoluzione del processo di dissoluzione della Jugoslavia, ed è possibile raggrupparle per temi.

Opinioni n. 1-3 (Autodeterminazione e nuove frontiere)

La prima richiesta sottoposta alla Commissione Badinter fu su impulso del presidente della Conferenza di Pace, Lord Carrington. Attraverso di essa, si cercava di chiarire se le dichiarazioni di indipendenza da parte di alcune repubbliche erano da trattare come casi di secessione dalla Federazione, che però avrebbe continuato a esistere, oppure se ciò implicava anche la dissoluzione della Federazione. La Commissione Badinter sostenne che si trattava di questa seconda alternativa, confermando la posizione politica portata avanti dai negoziatori europei e americani, che stavano già trattando ciò che succedeva in Jugoslavia come un processo di dissoluzione, concedendo il riconoscimento alle repubbliche che ne facessero richiesta.

La seconda e terza richiesta furono poste invece dalla Serbia, circa il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni serbe in Croazia e Bosnia-Erzegovina. Inoltre, la Serbia chiedeva se i propri confini con la Croazia e con la Bosnia potessero essere considerati come frontiere ai sensi del diritto internazionale pubblico. Entrambi i quesiti servivano alla Serbia per avere una base giuridica per giustificare l’autodeterminazione delle minoranze serbe nelle due repubbliche in cui si stavano consumando le maggiori violenze, così da poter includere quei territori all’interno dei confini serbi. La Commissione si espresse contrariamente in entrambe le richieste, sostenendo una delle principali posizioni della Conferenza di Pace a guida europea, ossia che qualsiasi cambiamento unilaterale dei confini delle repubbliche era da escludersi, fatto salvo in caso di accordo reciproco.

Opinioni n. 4-7 (Applicazione della Dichiarazione sul Riconoscimento)

Dopo aver abbandonato l’ipotesi che la Federazione jugoslava avrebbe continuato a esistere come entità statale, il presidente della Conferenza di Pace Lord Carrington si fece promotore di un progetto di Convenzione sulla Jugoslavia (Draft Convention on Yugoslavia), che includesse la creazione di: repubbliche indipendenti e sovrane, con personalità internazionale; un’associazione di tutte le repubbliche, anch’essa con personalità internazionale; meccanismi di supervisione per la protezione dei diritti umani delle minoranze. Anche in questo caso, la Serbia fu l’unica repubblica a opporsi alla proposta, facendo naufragare le negoziazioni.

La Comunità europea fu quindi costretta ad abbandonare l’idea di un accordo condiviso, adottando una dichiarazione per il riconoscimento dei nuovi Stati senza la necessità dell’accordo della Serbia. Tale dichiarazione prevedeva due requisiti per il riconoscimento: il rispetto dei principi di Stato di diritto, democrazia e diritti umani; la garanzia del rispetto dei diritti delle minoranze etniche e nazionali. Una volta adottata, il presidente del Consiglio della Comunità europea chiese alla Commissione Badinter quali repubbliche effettivamente soddisfacevano i requisiti per il riconoscimento

La Commissione trovò che Slovenia e Macedonia soddisfacessero in pieno i requisiti previsti dalla dichiarazione, mentre la Croazia avrebbe dovuto includere i principi della Draft Convention nella sua nuova costituzione. Infine, la Bosnia avrebbe dovuto prima tenere un referendum sull’indipendenza sotto la supervisione internazionale, così da soddisfare i requisiti della dichiarazione. Tuttavia, la Comunità europea decise di riconoscere in prima battuta Slovenia e Croazia, mentre sospese il riconoscimento per Bosnia e Macedonia. Successivamente, la prima fu riconosciuta una volta tenuto il referendum richiesto dalla Commissione Badinter, mentre la seconda fu riconosciuta qualche mese dopo, nonostante le obiezioni della Grecia riguardo il nome “Macedonia”.

Opinioni n. 8-10 (Statualità) e n. 11-15 (Successione statale)

Il terzo gruppo di opinioni riguardava ciò che rimaneva della Jugoslavia, ossia l’unione proclamata da Serbia e Montenegro, chiamata Repubblica Federale di Jugoslavia e dichiarata come Stato successore dell’ormai ex-Jugoslavia. Pertanto, Lord Carrington chiese di chiarire lo status della nuova entità statale alla Commissione Badinter, la quale stabilì che il processo di dissoluzione si era completato e che la Repubblica Federale era a tutti gli effetti un nuovo Stato e non il successore della Jugoslavia. Questo portò a una serie di questioni più tecniche e specifiche sulle condizioni che portano o meno a una legittima successione statale.

L’eredità della Commissione Badinter

Per quanto le opinioni della Commissione Badinter rappresentino un contributo significativo allo studio degli aspetti giuridici della dissoluzione degli Stati, il lavoro della Commissione è stato oggetto di forti critiche, a causa della poca chiarezza e talvolta incoerenza tra le opinioni e della natura più o meno vincolante delle proprie conclusioni. Inoltre, la Commissione fu fortemente influenzata dall’evoluzione degli eventi e dal fatto di essere stata creata in una situazione eccezionale, come quella della dissoluzione di una federazione multietnica. Tuttavia, ci sono alcuni elementi che evidenziano il contributo della Commissione, come ad esempio l’importanza della protezione dei diritti umani e delle minoranze come requisito per l’acquisizione dello status di “Stato” riconosciuto dal diritto internazionale.

 

Fonti e approfondimenti

Fitzmaurice, Malgosia. “Badinter Commission (for the Former Yugoslavia)” in Max Planck Encyclopedias of International Law (giugno 2019).

Navari, Cornelia. “How the Badinter Commission on Yugoslavia laid the roots for Crimea’s secession from UkraineLSE EUROPP Blog, 20/02/2015.

Pellet, Alain. “The Opinions of the Badinter Arbitration Committee A Second Breath for the Self-Determination of PeoplesEuropean Journal of International Law, vol. 3 (1992): 178-185.

Pomerance, Michla. “The Badinter Commission: The Use and Misuse of the International Court of Justice’s JurisprudenceMichigan Journal of International Law, vol. 20, no. 1 (1998): 31-58.

Radan, Peter. “The Badinter arbitration commission and the partition of YugoslaviaThe Journal of Nationalism and Ethnicity, vol. 25, no. 3 (1997): 537-557.

Terrett, Steve. 2017. The Dissolution of Yugoslavia and the Badinter Arbitration Commission. London and New York: Routledge.

 

Editing a cura di Francesco Bertoldi

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