Il diritto alla terra come garante di altri diritti umani

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il “diritto alla terra” svolge un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità culturale delle popolazioni indigene. Tale diritto viene, talvolta, attribuito dalla giurisprudenza nazionale in virtù del riconoscimento di un pre-existing title: ovvero un titolo, giuridicamente vincolante, di preferenza e preminenza rispetto alle attività economiche dello Stato o di terzi privati. 

Il rapporto ancestrale con la terra

Il rapporto ancestrale con le terre native, per le popolazioni indigene, è ricco di significati materiali e spirituali: la “terra” avrebbe un impatto diretto sulla realizzazione di una serie di diritti umani e, data l’interdipendenza tra diritti, le questioni legate al territorio possono potenzialmente avere un impatto trasversale. Le controversie sul possesso della terra sono spesso causa di violenti conflitti e pongono ostacoli al sereno svolgersi delle relazioni tra indigeni e Stato territoriale. Il “diritto di accesso alla terra” influisce, quindi, su tematiche quali la riduzione della povertà, l’accesso ai mezzi di sussistenza, i progetti di sviluppo e gli interventi umanitari. Le problematiche globali emergenti, i cambiamenti climatici e la stessa rapida urbanizzazione hanno maggiormente complicato il quadro della tutela delle tribù indigene, poiché il settore privato e pubblico dello Stato tendono a espandersi avocando a sé una serie di territori e riserve destinate in origine alle popolazioni native.

 

Diritto alla terra e diritti connessi: l’indivisibilità dei diritti umani 

Riconosciuto da molti autori come il “diritto-antecedente logico” per la costruzione della propria identità culturale, il diritto alla terra è intimamente connesso a una serie di ulteriori diritti che vengono internazionalmente riconosciuti alle popolazioni indigene, coerentemente con la teoria generale dei diritti umani per cui gli stessi sono, tra l’altro, indivisibili. All’interno di questo catalogo di diritti connessi figurano il diritto all’autodeterminazione (interna), il diritto all’autoidentificazione, il diritto alla previa consultazione informata, il diritto al culto, il diritto al cibo e il diritto a un adeguato standard di vita.  Il riconoscimento del diritto alla terra comporta, inoltre, che lo Stato territoriale debba astenersi da qualsiasi tipo di turbativa in materia; non sarebbe cioè possibile, salvo casi di estrema necessità dello Stato, “interporsi” nel rapporto tra popolazione indigena e “terra nativa”. 

 

La giurisprudenza degli Human rights treaty bodies 

Nell’ambito del Patto sui diritti civili e politici del 1966 è stato creato un meccanismo di risoluzione delle controversie, non vincolante, che può essere attivato dai singoli individui, nei confronti dello Stato nazionale, per pretese violazioni dei diritti contenuti nell’Accordo. 

Nel leading case “Lubicon Lake Band, una tribù indigena del Canada, sostenne che lo sfruttamento di risorse naturali, quali gas e petrolio presenti nei loro territori ancestrali, da parte di aziende private aveva portato alla distruzione delle risorse naturali che garantivano loro il mantenimento del “tradizionale stile di vita”. I ricorrenti prospettarono così la violazione del diritto all’autodeterminazione laddove fu concessa l’espropriazione del loro territorio a vantaggio di aziende private canadesi. Il Comitato dell’ICCPR (International covenant on civil and political rights) nella sua analisi ritenne che fosse minacciato lo stile di vita della comunità indigena di riferimento, basato sul legame con la propria terra; mezzo di sostentamento e riferimento culturale: «Le storiche disuguaglianze […] e alcuni recenti sviluppi minacciano il tradizionale stile di vita e la cultura della Lubicon Lake Band, costituendo una violazione dell’articolo 27». Il tema dell’espropriazione della terra e del relativo reintegro costituiscono un tema centrale nella giurisprudenza del Comitato in materia. Lo stesso scorge l’esistenza di un “titolo” preferenziale per il godimento della terra “nativa” che viene ancorato, nell’esempio citato e in molti altri casi, al diritto all’autodeterminazione interna e al diritto a poter mantenere il proprio stile di vita tradizionale. Nell’ambito della giurisprudenza nazionale (di alcuni Stati quali il Canada) la prevalenza della proprietà delle popolazioni indigene viene associata a un “titolo preesistente” di proprietà/possesso derivante, questa volta, da un “legame storico”: frutto della permanenza degli individui nativi su quei territori in epoca precoloniale. 

 

Il riconoscimento del pre-exing title nella giurisprudenza nazionale canadese

Data la centralità del diritto interno come elemento giuridico primario per un’efficiente tutela dei diritti specifici delle comunità indigene, un esempio interessante è la costituzionalizzazione dei diritti dei popoli aborigeni in Canada. La Carta dei diritti e delle libertà del Canada del 1982, e il Constitution Act dello stesso anno, prevedono che la garanzia di determinati diritti e libertà, ivi sanciti, non deve mai essere interpretata in modo da abrogare o derogare qualsiasi diritto aborigeno: devono, cioè, essere salvaguardati diritti derivanti da trattati stipulati dai popoli aborigeni anche qualora antecedenti alla Costituzione stessa. I diritti esistenti, ancestrali o di derivazione pattizia, sono riconosciuti e “convalidati” come “pre-existing rights”. Storica in tal senso è stata la sentenza “Calder” dove il ricorrente, nativo aborigeno, riteneva che i diritti tradizionali della propria tribù fossero esistenti da prima che le guerre portassero alla colonizzazione canadese. I giudici della Corte suprema canadese riconobbero che i diritti delle popolazioni indigene sono “diritti specifici” e non sono stati concessi per un “riconoscimento” legale, ma sono prerogative preesistenti delle popolazioni che erano popoli sovrani stabiliti sul quel territorio prima dell’arrivo dei coloni; questo costituisce prova di un “aboriginal title” sulle terre e sui diritti da riconoscersi a tali soggetti autoctoni. Al giudice nazionale non spetta altro che “accertare” l’esistenza di un diritto che preesiste. 

Lo stesso riconoscimento avvenne nelle sentenze “Guerin” e “Sparrow” dove fu evidenziato che il titolo aborigeno è un vero e proprio diritto derivato dalla storica occupazione delle terre da parti degli aborigeni stessi, e conseguentemente il governo ha la responsabilità di agire in concerto con il rispetto dei diritti connessi a tale riconoscimento. In “Sparrow” questo tipo di rapporto governo – tribù viene definito “fiduciario”: «Il rapporto tra il governo nazionale e gli aborigeni è di tipo fiduciario e il riconoscimento dei diritti degli aborigeni deve essere definito alla luce di questo valore storico». 

 

 

Fonti e approfondimenti

Villapolo Herrara, “I moderni indigeni. L’identità culturale di fronte alla interculturalità e alla globalizzazione”, Encuentro, 2000.

Corpuz, “Indigenous peoples’ collective rights to lands, territories and natural resources”, Lessons from IFAD-supported projects, 2007.

Mannheim, “Indigenous Languages, Politics, and Authority in Latin America: Historical and Ethnographic Perspectives”, 2018.

Donoso Romo, “Comunicación, identidad y participación social en la educación intercultural bilingüe”, in Revista Yachaykuna, Instituto Científico de Culturas Indígenas No.5, 2004.

Y. Dakhno, “State territory and territorial integrity: structural and functional analysis of the morphology of concepts”, Granì PH, 2018.

Pustorino, Lezioni di tutela internazionale dei diritti umani, Cacucci Editore Bari, 2019.

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò 

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