Il confine tra Colombia e Venezuela, tra gruppi armati e interessi economici

Bolivarian Diaspora
National Police of Colombia - Wikimedia Commons - CC BY 2.0

Le guerriglie si sono storicamente imposte dove lo Stato non è presente, sostituendolo con meccanismi di controllo alternativi. Gli oltre 2000 chilometri di frontiera che separano Colombia e Venezuela ne sono un esempio evidente, oggi contesi da un importante numero di gruppi armati, tra cui le dissidenze delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) e l’Ejército de Liberación Nacional (Eln). Il loro dominio, basato sul traffico di cocaina e sulle miniere d’oro, è radicato in entrambi i lati del confine, anche grazie ai pessimi rapporti tra i due presidenti Iván Duque e Nicolás Maduro.

Attori e interessi in gioco

Nel marzo del 2020, durante la prima fase dell’espansione del Covid-19, la Colombia ha chiuso ogni possibilità di accesso senza però poter impedire il traffico illegale di beni e persone, passato sotto il controllo dei gruppi armati. La loro presenza si deve all’importanza strategica del territorio: i fiumi Vichada e Orinoco sono crocevia fondamentali per le rotte della cocaina verso il Centro America, anche per attori criminali brasiliani come Família do Norte e Comando Vermelho. Tuttavia, in questo momento le miniere d’oro rappresentano l’attrazione maggiore per le guerriglie, grazie in parte all’iperinflazione che ha svalutato il bolívar, la moneta nazionale venezuelana.

Nel denso panorama di piccoli eserciti insorgenti si è aggiunta da un anno la Nueva Marquetalia, capitanata dai più famosi dissidenti delle Farc Iván Márquez e Jesús Santrich. Già critici del processo di pace che ha portato allo smantellamento della guerriglia più longeva dell’America latina nel 2016, hanno giustificato la rifondazione adducendo la “mancanza di garanzie” e l’uccisione di 278 ex guerriglieri. Per motivi molto simili sono presenti almeno altri due gruppi sorti dalle ex Farc, uno denominato Acacio Medina e formato da 280 combattenti e l’altro comandato da Gentil Duarte.

L’Eln resta ancora la fazione più potente, sia per presenza che per effettivi, e controlla alcuni municipi chiave nel traffico di coca, come Tibú, vicino Cúcuta, dove si concentra il 14% delle coltivazioni della zona. Un articolo di Canal 1 conta in totale 17 nuclei guerriglieri, tra successori dei paramilitari e piccoli nuclei dell’Ejército Popular de Liberación (Epl).

Cosa offrono i gruppi armati

L’autogoverno delle guerriglie in alcuni casi è ben visto dalle comunità, che trovano in loro appoggio e protezione. Secondo una serie di testimonianze raccolte dell’International Crisis Group, i gruppi armati pagano i maestri delle scuole decidendo cosa includere nei programmi educativi e si occupano del trasporto dei malati ai centri medici. Le contese sono spesso decise arbitrariamente con una sorta di sistema giudiziario autonomo, in qualche occasione con esecuzioni.

Questi sistemi alternativi si sostengono con il denaro del narcotraffico e quello della popolazione, che paga alcune centinaia di euro in cambio di protezione o è vittima di minacce ed estorsione. In Amazzonia ci sono casi di leader indigeni che accettano il sistema in cambio di auto, moto o valigette di denaro, abbandonandosi alla corruzione. Succede anche con l’esercito colombiano: i soldati stipulano accordi con le guerriglie per impedire episodi di violenza che porterebbero inevitabilmente a un inasprimento del conflitto e, di conseguenza, a una maggiore presenza militare.

Il legame con il Venezuela

Entrambi i lati della frontiera sono segnati da questo modus operandi. Un militante dell’Eln ha dichiarato che le guerriglie sono presenti nel Bolívar, nel sud del Venezuela, almeno dal 2006 ma avrebbero cominciato a espandersi dal 2016, con l’accordo di pace tra le Farc e il governo colombiano. Gli ex combattenti del gruppo e l’Eln hanno visto nelle miniere d’oro illegali una possibilità di guadagno facile e sono adesso diffuse in maniera stabile in tutto lo stato dell’Amazzonia.

Gli indizi di una connivenza tra il governo di Nicolás Maduro e i gruppi armati sono molti, per stessa ammissione di Farc ed Eln. L’International Crisis Group sostiene che il presidente chavista si sia servito di loro per rafforzare il controllo su aree confinanti molto sensibili, delegando l’autorità che dovrebbe esercitare lo Stato. Da quelle zone, la Colombia ha accolto 1,7 milioni di migranti in fuga dal Venezuela, di cui 1 milione è stato regolarizzato dal governo di Iván Duque a marzo. Gli attori insorgenti si inseriscono in questo flusso e sfruttano la vulnerabilità delle persone per i propri interessi strategici, come nel caso delle miniere d’oro, chiedendo tasse di passaggio. Nel parco nazionale Yapacana i siti di estrazione occupano 2200 ettari di terra, con effetti disastrosi sull’ambiente.

Gli scontri di marzo

L’ultimo capitolo della cronica instabilità del confine colombo-venezuelano si è chiuso con la liberazione di otto militari chavisti a giugno. Per un mese erano stati prigionieri di dissidenti delle Farc dopo un’offensiva lanciata dalle Forze Armate Bolivariane il 21 marzo e durata alcune settimane. Gli scontri nello stato di Apure, limitrofo al dipartimento colombiano di Arauca, hanno costretto alla fuga quasi 5000 venezuelani. Molti di loro, secondo l’ong Human Rights Watch, hanno subito abusi e violenze da parte dell’esercito, in una battaglia che ha causato la morte di 20 guerriglieri e otto militari.

In questo scenario, Maduro preferisce non rivelare i legami del suo governo e dopo gli scontri ha fatto riferimento a un’operazione contro generiche bande armate. Solo successivamente si è scoperto che si trattava di un attacco contro la dissidenza delle Farc guidata da Gentil Duarte. Le ragioni che hanno spinto l’esercito bolivariano ad agire riguarderebbero alleanze dettate da interessi economici.

La Nueva Marquetalia e il nucleo di Gentil Duarte hanno tentato di formare un’unica guerriglia, senza riuscirci. L’ambizione di Duarte stava cominciando a essere evidente sia nel mancato pagamento di una quota dei suoi profitti al governo sia nell’espansione verso zone occupate da alleati di Maduro. Questi legami non dipendono da questioni ideologiche e possono cambiare repentinamente se il Venezuela lo ritiene conveniente. In passato, ufficiali chavisti hanno stabilito contatti con i Rastrojos, un gruppo di paramilitari di destra, e l’Eln ha ucciso tre militari venezuelani nel 2018. Nel 2020, nell’Apure almeno 15 ribelli e quattro soldati sono morti in una sparatoria tra dissidenti Farc ed esercito, provocando la fuga di 6000 persone. Oggi invece il governo venezuelano ha contatti sia con le Farc che con l’Eln, gestori di mercati illeciti molto simili in zone diverse.

Tuttavia, resta avvolto nel mistero l’omicidio di Jesús Santrich, uno dei capi della Nueva Marquetalia. Si sostiene che sia stato ucciso a maggio, quando si trovava in auto nella Serranía de Perijá, nella parte nord del confine, ma non si è visto nessun cadavere, né i gruppi armati hanno rivendicato l’attacco. Il governo venezuelano è rimasto in silenzio ma il direttore della ONG FundaRedes, Javier Tarazona, ha dichiarato che solo Caracas poteva conoscere la sua posizione esatta.

Il rapporto conflittuale tra i due vicini

Il legame tra i due lati del confine è sempre stato molto stretto. Oggi, un gran numero di venezuelani si reca in Colombia per rifornirsi di elettrodomestici, medicine e beni di prima necessità che la crisi economica del loro Paese ha reso difficile reperire. Nel 2020, 500 persone sono state assassinate, secondo un report della Fundación Paz y Reconciliación, ma la stima si riferisce solo alla parte colombiana perché il Venezuela non pubblica dati al riguardo.

La relazione bellicosa tra Maduro e Duque, fatta di insulti e minacce, ha contribuito a peggiorare l’entità dei problemi. Fin dal suo insediamento nel 2018, il presidente colombiano si è dichiarato a favore dell’isolamento internazionale del Venezuela per costringere il vicino a elezioni libere e indipendenti: “Se la dittatura non finisce, la migrazione non finisce”, ha affermato in un’intervista alla BBC. I rapporti diplomatici si sono interrotti drasticamente quando Duque ha deciso di riconoscere Juan Guaidó, ex presidente della Asamblea Nacional, come legittimo presidente.

Duque ha accusato ripetutamente Maduro di dare protezione ai guerriglieri dell’Eln e ai dissidenti delle Farc in territorio venezuelano, chiedendo agli Stati Uniti di riconoscere il Paese come patrocinatore del terrorismo. Nel 2019 consegnò un report al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, con alcune foto che avrebbero dimostrato la presenza dell’Eln oltreconfine. Tuttavia, almeno quattro immagini non corrispondevano alle accuse, uno scandalo che terminò con il licenziamento del capo dell’Intelligence. Maduro usò parole sprezzanti nei confronti del suo vicino: “Un imbecille, non si può definire in altro modo. Non era mai successo che un governo colombiano cadesse così in basso”.

Ciononostante, il presidente chavista è stato l’unico a tentare un riconciliamento, approfittando dell’arresto in territorio venezuelano nel gennaio del 2020 di Aída Merlano, ex senatrice condannata in Colombia a 15 anni di prigione per finanziamento irregolare e compravendita di voti. Duque rifiutò prontamente e rispose che al Venezuela spettava l’obbligo dell’estradizione perché la persona era ricercata dall’Interpol.

Gli ultimi incidenti

Il confine offre ai due presidenti continue possibilità di accuse reciproche, spesso senza alcuna prova. A fine agosto, due militari venezuelani avrebbero trattenuto un’imbarcazione nei pressi del Rio Negro in una “flagrante violazione” dei trattati di frontiera, secondo la cancelleria colombiana. A settembre, Duque ha inviato al dipartimento di Arauca oltre 300 soldati dopo la morte di cinque di loro in un attacco dell’Eln “pianificato dal Venezuela”. Episodi come questi sono sempre più ricorrenti.

 

Fonti e approfondimenti

Manso e R. Casado, Iván Duque: “Venezuela tiene que poner fin a la connivencia con el terrorismo”, El Mundo, 15/09/21

DW, Colombia dice que militares venezolanos violaron su frontera, 30/08/21

E. B. Guerrero, Fronteras: Caso Colombia – Venezuela, Telesur Tv, 5/09/21

Semana, Venezuela rompe relaciones con Colombia, 23/2/19

El Comercio, Maduro, Duque y cuatro años de ásperas relaciones que solo parecen empeorar, 27/07/21

Rodríguez, Dos años sin relaciones con Venezuela, en donde se consolida la dictadura, El Espectador, 1/03/21 

Télam, Duque rechazó la invitación de Maduro a reanudar relaciones consulares con Venezuela, 30/01/20

DW, Choques armados en Venezuela desplazan a casi 4.000 personas, 26/03/21

Oquendo, El ADN de la Segunda Marquetalia, la disidencia de las FARC que lidera Iván Márquez, El País, 7/07/21

La Opinion, Norte de Santander, segunda región con más líderes asesinados en 2020, 24/02/21

International Crisis Group, Amistades peligrosas: las guerrillas colombianas en la frontera venezolana, 28/04/21

W. Parra, Arde la frontera colombiana con Venezuela, Canal 1, 13/09/21

 

Editing a cura di Matilde Mosca

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