“Dopo uno scontro durato per più di mezzo secolo, il Governo della Colombia e le FARC hanno raggiunto un accordo per porre fine in modo definitivo al conflitto interno”. Questa è l’introduzione dell’accordo di pace firmato il 24 agosto.
“La fine del conflitto significherà in primis la fine dell’enorme sofferenza che ha generato lo scontro. Sono milioni i colombiani che hanno sofferto deportazioni forzate, centinaia di migliaia i morti, decine di migliaia gli scomparsi, senza dimenticare la larga fetta di popolazione toccata in un modo o nell’altro dalla guerra”. Includendo in questa lista donne, bambini, comunità rurali, etnie, partiti e movimenti politici, sindacati e comunità religiose.
“No queremos que haya una víctima más en Colombia”, non deve esserci nemmeno una vittima in più: così sentenzia l’introduzione dell’accordo fra Governo e FARC.
L’accordo, voluto dal Presidente Santos e sviluppatosi in anni di lavoro, sarà sottoposto a referendum il 2 ottobre. Dopo la consultazione referendaria verrà ufficializzato dal parlamento. Nelle mani dell’elettorato colombiano è affidato il successo di un lavoro durato anni, la pietra angolare per un nuovo futuro nel paese. Contrariamente all’atteggiamento repressivo nei confronti delle forze di opposizione armata, portato avanti dai governi precedenti, il governo di Santos sta per raggiungere un traguardo politico e simbolico, una riappacificazione con l’altra parte della Colombia.
Il progetto contiene non solo una pacificazione ma soprattutto un nuovo punto d’inizio, sancito dall’accordo di circa 300 pagine. All’interno dell’accordo, i temi della smobilitazione delle “Fuerzas Armadas Rivolucionarias Colombianas” si legano a un progetto di riforma agraria, di lotta al narcotraffico e di riforma generale del sistema politico, partendo dall’implementazione della democrazia e della partecipazione.
Già il 23 giugno a Cuba, si era raggiunto un pre-accordo, mancava tuttavia una soluzione organizzativa riguardo la smobilitazione delle forze armate rivoluzionarie. I successivi sviluppi hanno portato all’accordo definitivo. Si è giunti cosi alla decisione di istituire degli organi transitional justice(vedi immagine sottostante). Il lungo periodo di conflitto e le enormi ricadute di una pace imponevano una decisione drastica riguardo la scelta tra giustizia e verità, che abbiamo trattato in un recente articolo.
Proprio la costruzione della pace, in un paese dilaniato da guerre intestine, non può fermarsi al semplice cessate il fuoco. Il governo ha ben compreso la situazione, e la pace diversa in Colombia non può prescindere da una riorganizzazione interna del paese su più tematiche.
I problemi da risolvere sono molteplici: la Colombia contadina contro la Colombia urbana, l’ala più intransigente e di destra del sistema politico contro l’ala progressista guidata da Santos, le grandi multinazionali installatesi nel Paese contro le comunità rurali. Il Governo nel tentativo di sanare le contrapposizioni createsi e consolidate in anni di lotta vuole proporre, con la pace e il referendum, una riappacificazione e una riforma del paese.
La riforma agraria è l’obbligatorio punto di partenza, per una pacificazione che non sia una capitolazione ma un progetto per il futuro del paese.
Finalità della riforma è l’abbattimento del muro tra campagna e città, nodo dolente e genesi della contrapposizione tra interessi in Colombia. Con un miglioramento delle infrastrutture, dei sussidi e delle politiche pubbliche, il Governo si impegna a combattere la povertà e l’isolamento in cui versano milioni di colombiani. L’integrazione regionale è un altro punto dell’accordo, importantissimo in vista di una ripresa del controllo del territorio da parte del governo, dopo anni in cui interi distretti erano interamente nelle mani dei ribelli. Oltre alla pace, le comunità contadine vedranno un cambiamento in positivo delle loro condizioni di vita. La distribuzione e la vendita di terre a singoli e comunità è un passo importantissimo da compiere. Molti considerano una riforma agraria come addirittura più difficile da mettere in piedi rispetto alla pace con le FARC, data la secolare supremazia dei proprietari terrieri colombiani.
La questione della partecipazione politica è legata a doppio filo con il cessate il fuoco. La smobilitazione delle FARC non si risolverà nel nulla, gli ex guerriglieri saranno chiamati a partecipare, a spostare il campo di gioco dalla giungla al parlamento.
L’accordo parla chiaramente di favorire il pluralismo politico, la nascita di nuove formazioni e soprattutto l’abbandono della violenza per imporre idee e progetti. Proprio la fine della violenza dovrà portare alla conclusione di un lungo periodo di agonia della cittadinanza, la popolazione civile non dovrà più subire sulla propria pelle il conflitto politico. Il referendum sotto questo profilo è d’importanza storica, poiché finalmente il popolo colombiano è chiamato ad esprimersi con il voto riguardo il futuro del paese.
Il paese necessita inoltre di lottare contro la corruzione un altro cancro della politica colombiana. Tutti i partiti, e non solo il governo e le FARC, sono chiamati a raccogliersi intorno a questo nuovo progetto, tutti hanno colpe e tutti dovranno collaborare per non tornare nel baratro della guerra civile e per apportare un taglio netto a fenomeni dannosi come la corruzione. Un’ulteriore direttrice che il governo vuole percorrere è la lotta alle droghe illecite, cocaina in primis, fonte di guadagno delle FARC e soprattutto fonte attraverso la quale la corruzione è stata finanziata.
La parte più spinosa dell’accordo tra FARC e governo colombiano riguarda la transizione, il risarcimento delle vittime, il trattamento da riservare ai guerriglieri. Come si può accettare la pace in cambio della prigione a vita? Una pace diversa o una capitolazione? Punire o ricercare la verità? Alla fine si è raggiunto un accordo sul modello del Sud Africa. L’accordo prevede la formazione di un organo di giustizia temporaneo nazionale che sarà composto da due sezioni, ognuna con i propri magistrati.
Il documento dice esplicitamente che la funzione primaria, e indipendente da qualsiasi accordo sarà quella di combattere l’impunità, ottenere la verità e contribuire alle riparazioni per le vittime. Contemporaneamente si impongono pene per i crimini commessi durante il conflitto in particolare per quelli più efferati e rappresentativi, in primis le violazioni dei diritti umani.
Nonostante molti, come l’ex presidente Uribe, impostino la campagna anti accordo come una sconfitta della Colombia e una vittoria dei narcos comunisti, il primo vincitore è proprio il Governo. Vincitrice è la diplomazia colombiana, che ha assunto su di sé delle responsabilità enormi e quella straniera, Cubana e Norvegese (che hanno assunto per primi l’incarico di mediare) ma in generale una pace raggiunta grazie alla diplomazia, senza spargimenti di sangue.
Forse un’impresa tanto difficile non sarebbe mai avvenuta senza alcuni mutamenti che si sono sviluppati nel corso degli anni: l’indebolimento ideologico delle FARC, l’esperienza di una vittoria senza uso della violenza della sinistra in Sudamerica, la distensione dei rapporti fra gli Stati Uniti e Cuba.
“Molto dipenderà, come sempre, anche dagli Usa. Se dovesse vincere Trump, in Colombia torneranno molte persone implicate nel conflitto che ha devastato il Paese negli ultimi 52 anni. La guerra in Colombia è stata voluta, fortemente, dall’estrema destra americana. L’influenza Usa è legata anche ai fondi di cui il mio Paese ha necessità per far trionfare la pace”. Questo il commento di Íngrid Betancourt, candidata alla presidenza della Colombia, poi fatta prigioniera delle Farc per quasi sei anni.
Intanto l’U.E. ha rimosso le FARC dalla lista delle organizzazioni terroristiche e ha deciso di rimuovere le sue sanzioni ai guerriglieri, il Congresso statunitense, invece, non ha ancora mostrato intenzioni simili.
La grande mobilitazione internazionale fa sperare che questa volta ci sarà una pace duratura e stabile. Sfide enormi attendono il Paese; l’accordo segna un nuovo capitolo della storia colombiana. Domenica 2 ottobre, i cittadini decideranno se dar vita a un nuovo futuro. Tutta la Colombia, dai contadini ai leader dei vecchi e dei nuovi partiti, avranno la possibilità di costruire un nuovo paese.
Fonti e approfondimenti
http://www.eltiempo.com/contenido/politica/proceso-de-paz/ARCHIVO/ARCHIVO-16682558-0.pdf
http://www.repubblica.it/esteri/2016/09/28/news/colombia_ingrid_betancourt-148667462/