Haiti e gli interventi della comunità internazionale: una relazione complicata

@EscobrosBelAir5 - Wikimedia - CC BY 2.0

Nel corso del 2022, Haiti è sprofondata sempre di più in una profonda crisi politica e sociale. Violenze, omicidi e sequestri sono all’ordine del giorno nella capitale Port-au-Prince, teatro di un conflitto tra bande criminali che reclutano nelle loro fila anche bambini e adolescenti. La situazione, descritta dal presidente della Repubblica Dominicana Luis Abinader come “una guerra civile a bassa intensità”, si è ulteriormente aggravata a causa della nuova ondata di colera iniziata ai primi di ottobre, come denunciato dalla Pan American Health Organization (PAHO). In questo difficile  contesto, l’attuale presidente ad interim, Ariel Henry, ha lanciato un appello alla comunità internazionale, chiedendo un intervento militare che impedisca l’aggravarsi del quadro.

Il contesto politico

Nominato primo ministro dal presidente Jovenel Moïse, Ariel Henry ha assunto la carica di presidente ad interim dopo l’omicidio del mandatario avvenuto il sette luglio 2021, con il sostegno del Core Group, un gruppo formato da diplomatici e organizzazioni internazionali portatori di interessi sull’isola. Formalmente, il suo compito doveva essere guidare l’esecutivo fino alla conclusione della legislatura iniziata da Moïse e indire nuove elezioni. Nonostante il mandato presidenziale sia terminato il sette febbraio 2022, tuttavia, Henry ha annunciato che non intende procedere con le elezioni prima di fine anno e la crisi in atto provocherà verosimilmente ulteriori slittamenti. 

Il presidente ad interim non incontra il favore di numerosi attori della società haitiana. Da agosto 2022, i cittadini hanno iniziato a manifestare contro il governo per la sua incapacità di fermare la violenza delle bande criminali, di rimediare all’insicurezza alimentare e all’inflazione. In particolare, dopo che Henry ha annunciato la rimozione dei sussidi statali che calmieravano il prezzo del carburante, provocando il raddoppiamento del suo costo, i cittadini hanno iniziato a chiedere le sue dimissioni.

La cancellazione dei sussidi al carburante ha scatenato reazioni anche da parte di G9 an Fanmi, una delle principali organizzazioni criminali haitiane. Nel settembre 2022, infatti, alcuni suoi membri hanno occupato il Terminal Varreux, il maggiore deposito di carburante a livello nazionale, paralizzando la distribuzione di petrolio fino alla sua liberazione, avvenuta ad inizio novembre.

Jimmy “Barbecue” Cherizier, capo di G9, ha più volte chiesto le dimissioni di Ariel Henry, accusandolo di essere coinvolto nell’omicidio di Jovenel Moïse e di essere la causa della crisi che attanaglia il Paese. Per questo, a ottobre ha invitato le Nazioni Unite a tagliare i ponti con Henry per permettere una vera liberazione di Haiti. Questo tipo di dichiarazioni dimostrano il potere e il peso che organizzazioni come G9 ricoprono nella vita politica del Paese. Oltre a svolgere attività criminose, infatti, questi gruppi partecipano attivamente al dibattito politico e sono soggetti con i quali molti presidenti haitiani sono stati costretti a negoziare per mantenere il controllo del territorio.

L’opposizione politica al presidente Henry

Le critiche all’operato del presidente arrivano anche da individui e gruppi impegnati politicamente sull’isola.  Tra i più noti vi è la Conférence Citoyenne pour une Solution Haïtienne à la Crise (Conferenza cittadina per una soluzione haitiana alla crisi) anche denominata Montana Group, dal nome dell’hotel Montana di Port-au-Prince, dove i suoi membri si riuniscono. Si tratta di un’assemblea di associazioni civiche, religiose e politiche haitiane, nata il 30 agosto 2021, dopo l’omicidio di Jovenel Moïse, per elaborare un piano di transizione alternativo a quello del presidente Henry e far recuperare legittimazione democratica alle istituzioni nazionali.

Il progetto politico del Montana Group prevede la creazione di un governo di transizione che sostituisca quello di Ariel Henry, con l’obiettivo di ripristinare l’ordine democratico, coerentemente coi principi dettati dalla Costituzione del 1987, e recuperare il controllo del territorio, compromesso dalla criminalità.  Oltre a ciò, si prefigge di iniziare la preparazione di nuove elezioni, fissate per il 2024. 

Il Montana Group, inoltre, è contrario all’intervento militare invocato dal presidente Henry. Come evidenziato anche da Jake Johnston, senior researcher presso il Center for Economic and Policy Research (CEPR), la richiesta di un intervento da parte della comunità internazionale potrebbe infatti avere come obiettivo ufficioso quello di stabilizzare il governo di Ariel Henry permettendogli di superare indenne la crisi che Haiti sta vivendo sul piano politico.

Il primo intervento militare ad Haiti

I movimenti di opposizione non sono gli unici a opporsi alla possibilità che arrivino contingenti militari di paesi terzi sull’isola. La testata haitiantimes.com ha riportato numerose dichiarazioni di cittadini contrari all’intervento. Secondo Vénel Bozile, residente a Port-au-Prince, “la comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, sono in buona parte le responsabili del declino e dell’insicurezza che caratterizzano Haiti…Il ritorno dei soldati dell’ONU avrebbe sempre l’obiettivo di sfruttare le risorse naturali dello stato”.

Le ragioni di questa ostilità risalgono alle precedenti esperienze del Paese. Nel 1914, l’instabilità politica della nazione (tra il 1911 e il 1915 vennero uccisi o cacciati sette presidenti) spinse gli Stati Uniti a inviare il corpo dei marines ad Haiti. In quell’occasione, per asserite ragioni di sicurezza, i militari prelevarono 500.000 dollari dalla Banca Nazionale di Haiti e li portarono a New York, sancendo così il controllo statunitense sulle finanze della nazione

Nel 1915, a seguito dell’assassinio del presidente haitiano Jean Vilbrun Guillaume Sam, i militari statunitensi occuparono nuovamente l’isola con l’obiettivo ufficiale di prevenire l’anarchia e quello ufficioso di evitare ingerenze di altre potenze occidentali.  Durante la loro permanenza assunsero il controllo diretto delle finanze e dei settori produttivi dell’economia dello stato, favorendo l’elezione di un presidente filo-statunitense

I militari crearono anche la Gendarmerie Haitienne, un corpo militare composto di cittadini haitiani e comandato dai marines statunitensi, divenuto tristemente noto per la realizzazione di pratiche di segregazione e per l’istituzione della corvée, una forma di sfruttamento del lavoro di haitiani per costruire strade e ferrovie. Ciò provocò una serie di ribellioni e scioperi, che convinsero il governo USA a iniziare il ritiro delle proprie truppe, ufficializzato nel 1934.

Gli interventi delle Nazioni Unite

I successivi interventi di forze armate straniere ad Haiti sono legati alle vicissitudini politiche del presidente Jean-Bertrand Aristide.  Eletto dopo il periodo di instabilità seguito alla fine dell’era Duvalier, Aristide aveva assunto l’incarico nel febbraio 1991, ma già a settembre dello stesso anno un colpo di stato di matrice militare l’aveva costretto all’esilio.

Dopo che, nel 1994, con l’appoggio di una forza militare plurinazionale voluta dalle Nazioni Unite, Aristide rientrò ad Haiti. La risoluzione 975 del Consiglio di Sicurezza autorizzò l’invio di una missione di peacekeeping denominata United Nations Mission in Haiti (UNMIH), che operò fino al 1996. Essa aveva lo scopo di prevenire violenza e criminalità, garantendo la sicurezza sull’isola fino alle nuove elezioni.  La UNMIH, inoltre, sciolse l’esercito haitiano, creando al suo posto la nuova Police Nationale Haitienne (PNH). 

Nonostante l’intervento delle Nazioni Unite, le elezioni del 2000 trascinarono Haiti in una nuova crisi. Jean-Bertrand Aristide, infatti, si attribuì la vittoria, nonostante la bassissima partecipazione popolare, scatenando disordini che lo costrinsero a lasciare il Paese. A quel punto, Boniface Alexandre, presidente della Corte Suprema che assunse la funzione di presidente ad interim, chiese un nuovo intervento della comunità internazionale. 

Dopo aver pacificato la situazione mediante l’invio di un contingente militare e aver avviato un progetto di transizione politica, nel giugno 2004 le Nazioni Unite istituirono una nuova missione di peacekeeping, la Mission des Nations Unies pour la stabilisation en Haïti (MINUSTAH). Questa entità avrebbe dovuto riformare la giustizia (sul territorio ad oggi è ancora presente un contingente con questo compito, denominato United Nations Mission for the Support of Justice in Haiti) e concludere i propri lavori con la supervisione delle elezioni del 2006. A causa della devastazione lasciata nel Paese dal terremoto del 2010, tuttavia, la MINUSTAH ha proseguito l’attività di supporto umanitario fino al 2017.

Nel corso dell’attività di peacekeeping svolta ad Haiti, la missione ONU ha garantito la riduzione del 3% nella mortalità infantile tra il 2000 e il 2017. Inoltre, il tasso di popolazione dotato di accesso a cure mediche è salito dal 18%, registrato nel 1990, al 33% nel 2016.  

I lati oscuri della cooperazione

Nonostante l’ampio consenso riscosso dalla missione a livello internazionale, vi sono pesanti zone d’ombra sul suo operato. Un’inchiesta della testata The Conversation ha denunciato casi di abusi sessuali perpetrati da alcuni membri della MINUSTAH nei confronti di donne e bambine haitiane, in cambio di denaro o cibo. Circa un centinaio di militari, inoltre, sarebbero stati coinvolti in un circuito locale di prostituzione minorile. E’ stata accertata l’esistenza di almeno 256 “MINUSTAH babies, nati a seguito degli abusi, non riconosciuti ed emarginati dalla società haitiana per via delle loro origini.

Le Nazioni Unite hanno reagito a questa vicenda istituendo una victim advocate, figura che si occupa di raccogliere informazioni sui casi di abuso e un fondo che garantisca il supporto economico delle vittime. Questi provvedimenti, tuttavia, sono stati considerati insufficienti dalla popolazione haitiana e alcune vittime hanno dichiarato di non essere a conoscenza della possibilità di denunciare gli abusi subiti e ottenere un risarcimento.

I caschi blu, inoltre, sono accusati di aver contribuito a provocare l’epidemia di colera iniziata nel 2010, che ha colpito quasi un milione di persone, provocando diecimila vittime. Solo nel 2016 l’ONU ha riconosciuto le proprie responsabilità nella diffusione del virus, resa possibile dal fatto che acque reflue e rifiuti provenienti da una base delle Nazioni Unite venivano scaricati nel Rio Artibonito, una delle principali fonti d’acqua potabile dei centri abitati circostanti.

Il sociologo e professore della Université d’État d’Haïti (UEH), Franck Séguy, ha definito la missione MINUSTAH un generatore di tristezza, per via del fallimento riportato sul piano della sicurezza, politico e dei diritti umani. 

Il progressivo aggravamento della situazione in atto pare indicare la necessità impellente che la comunità internazionale intervenga per risolvere la crisi haitiana. Alla luce delle esperienze passate, però, non sembra che esso possa offrire una soluzione efficace e definitiva ai problemi strutturali del Paese. 

 

Fonti e approfondimenti

Dánica Coto, EXPLAINER: Haiti’s troubled history of foreign interventions, AP News, 11 ottobre 2022

Edith M. Lederer, Proposed UN resolution would sanction top Haitian gang chief, AP News, 14 ottobre 2022

Etant Dupain e Hande Atay Alam, Haiti government asks for international military assistance, CNN World, 07 ottobre 2022

Georges A. Fauriol, Haiti’s Problematic Electoral Dynamics | Center for Strategic and International Studies (csis.org), Center for Strategic and International Studies, 10 gennaio 2022

Georges. A. Fauriol, Haiti: Betting on the Montana Accord, Center for Strategic and International Studies, 18 febbraio 2022 

J.O. Haselhoef, Murdith Joseph e Juhakenson Blaise, Taking back control: Bring in international forces to squash gangs, The Haitian Times, 14 settembre 2022 

Jake Johnston, De Facto Haitian Authorities Call for (Another) Foreign Military Intervention, Center for Economic and Policy Research, 14 ottobre 2022

Luke Taylor, ‘They have no fear and no mercy’: gang rule engulfs Haitian capital, The Guardian, 18 settembre 2022 

Mariana Cabrera Figueroa, Peacekeeping in Haiti: Successes and Failures, 2021

Milo Milfort, The MINUSTAH Babies of Haiti, The Canada-Haiti Information Project, 01 novembre 2017

PAHO, Cholera outbreak in Hispaniola 2022 – Situation Report

Richard Roth, UN acknowledges involvement in Haiti cholera outbreak for first time, CNN, 18/08/2016

Stéphane Dujarric, Statement attributable to the Spokesperson for the Secretary-General on Haiti, United Nations Secretary General, 09 ottobre 2022

The Conversation, As the UN finally admits role in Haiti cholera outbreak – here is how victims must be compensated, 18/08/2022

United Nations, The UN in Haiti

UN News, Haiti: UN sounds alarm over worsening gang violence across Port-au-Prince, 16 luglio 2022

United States of America – Department of State – Office of the Historian, U.S. Invasion and Occupation of Haiti, 1915–34

United Nations Minustah

United Nations Peacekeeping, Haiti Background

 

Editing a cura di Elena Noventa

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