Ricorda 1453: la conquista di Costantinopoli

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Quello di Costantinopoli fu uno degli assedi che hanno cambiato il corso della storia, circondato da leggende e profezie. Più che un conflitto di natura religiosa, si è trattato dello scontro tra un impero millenario, ma ormai decaduto, e una nuova potenza che stava cercando di conquistare il proprio posto.

Un impero in declino e un sultanato in ascesa

L’Impero romano d’oriente o bizantino sopravvisse alla sua controparte latina e prosperò per alcuni secoli, per poi precipitare in un lento ma inesorabile declino. Dopo aver perso i propri domini orientali per mano degli arabi musulmani, subì nel 1204 un durissimo colpo dai partecipanti alla quarta crociata, i quali devastarono e saccheggiarono la capitale Costantinopoli. Finché rimase sotto il dominio romano, la città non si riprese completamente da questo assalto. 

Nel secolo successivo, il controllo bizantino in Asia minore e nei Balcani venne progressivamente eroso dall’ascesa degli ottomani. Questa dinastia emerse intorno al 1300, un’epoca particolarmente turbolenta: con la caduta del Califfato abbaside nel 1258 a seguito delle invasioni mongole, l’Anatolia era contesa tra vari signori della guerra dediti alla razzia. Tra questi spiccò il turco Osman, dal quale la dinastia prese il nome, che seppe unire intorno a sé guerrieri di varie origini e fedi, gettando le basi per una piccola potenza con capitale a Bursa.

Gli eredi di Osman espansero ulteriormente i propri domini, entrando in Europa e spostando la capitale a Edirne (Adrianopoli). All’ultimo imperatore romano d’oriente, Costantino XI (regno 1449-1453), non restavano altro che Costantinopoli e i territori circostanti.

Nonostante la decadenza, la città fondata nel 330 sul sito della greca Bisanzio da Costantino I come nuova capitale dell’Impero romano aveva ancora un’importanza strategica e commerciale, oltre a un innegabile valore simbolico. Nel corso della sua storia aveva subito numerosi assedi, tutti falliti. Tuttavia, nel 1451 sul trono ottomano salì il diciannovenne Mehmet II: una delle sue prime decisioni fu tentare la conquista di Costantinopoli

Le mura antiche contro l’artiglieria moderna

Un anno dopo aver preso il potere Mehmet II iniziò a preparare l’assedio di Costantinopoli costruendo una fortezza sul Bosforo, creando una flotta e reclutando truppe da tutti i domini ottomani. L’ultimatum per la resa incondizionata dei bizantini venne inviato il 5 marzo 1453; il 6 aprile iniziò l’assedio. 

Non è noto il numero esatto dei combattenti, ma è certo che i difensori fossero nettamente in inferiorità numerica. Costantino XI aveva chiesto aiuto all’Europa, ricevendo però poco o nessun aiuto: città come Venezia, Genova e Ragusa (Dubrovnik) erano già troppo coinvolte nei traffici commerciali con gli ottomani per poterseli inimicare partecipando ufficialmente alla difesa dell’Impero romano. Alle colonie mercantili che si trovavano sulla costa orientale del Bosforo fin dal disastro del 1204 fu infatti chiesto di mantenersi neutrali. Alcuni guerrieri e mercenari cristiani riuscirono comunque ad arrivare in soccorso a Costantinopoli. Tra questi spiccava il nobile genovese Giovanni Giustiniani Longo, giunto alla guida di 700 uomini e nominato da Costantino comandante della difesa della città

Gli assediati avevano dalla loro la posizione strategica della città e le sue difese sia naturali che artificiali. Sul versante marittimo la città era ben protetta da mura a picco sul mare, scogliere e forti correnti; come ulteriore misura, sullo stretto del Bosforo era posizionata una gigantesca catena capace di bloccare l’ingresso delle navi nemiche. Sul lato terrestre erano invece presenti le mura teodosiane del V secolo, che nessun esercito era mai riuscito a penetrare. 

Ma oltre alle macchine d’assedio tradizionali come baliste e arieti, il sultano aveva uno strumento bellico di recente introduzione: i cannoni. Quello di Costantinopoli fu uno dei primi confronti significativi tra le mura del mondo antico e medievale e l’artiglieria moderna. Tuttavia, i cannoni ottomani erano ancora rudimentali e con potenzialità limitata: quelli più grandi, capaci di sparare colpi di dimensione e portata maggiore, potevano essere usati solo sette volte al giorno. Questo dava tempo agli assediati, civili compresi, di riparare le brecce aperte. 

Mosse e contromosse

Nonostante l’inferiorità numerica, i bizantini e i loro alleati resistettero più a lungo del previsto. I progressi e le strategie degli attaccanti venivano puntualmente bloccati da una contromossa. Negli scontri diretti in campo aperto gli ottomani potevano contare sugli arcieri e sulla cavalleria, un’eredità dei temutissimi guerrieri turco-mongoli delle steppe asiatiche, e sui giannizzeri, la fanteria d’élite (una delle prime al mondo a utilizzare l’archibugio) composta da ragazzi scelti tra le famiglie cristiane dei Balcani; ma gli uomini guidati da Giustiniani indossavano corazze pesanti, che compensavano la perdita di agilità con una maggiore protezione, e spadoni a doppio filo che riuscivano a penetrare facilmente le armature ottomane in cuoio, piastre metalliche leggere e cotta di maglia. 

La flotta ottomana, costruita appositamente per l’assedio, subì una pesante umiliazione da parte di tre galee papali affittate da Genova e un mercantile bizantino: le quattro navi riuscirono a superare gli assedianti e a entrare nel porto di Costantinopoli, bloccandone l’accesso. Il sultano ordinò quindi che le navi venissero trascinate via terra aggirando la colonia genovese di Pera, superando le imbarcazioni nemiche e la catena sul Bosforo. Nessuno sbarco poté però essere effettuato.

I minatori d’argento della Serbia vennero inoltre incaricati di scavare una serie di tunnel sotto le mura di Costantinopoli. Ma il mercenario tedesco Johannes Grant (o John Grant, secondo le fonti che lo vogliono scozzese) riuscì a individuare le gallerie, allagandole o incendiandole, e costrinse i serbi ad annullare il piano.

L’ultimo assalto 

Dopo sette settimane di stallo, si diffuse la voce che numerose navi veneziane fossero arrivate all’isola greca di Chio. In realtà, come scoprì un brigantino bizantino inviato per cercare aiuto, nel Mar Egeo non c’era nessuna flotta. Ma questo gli ottomani non potevano saperlo e la falsa notizia causò una forte preoccupazione: l’esercito del sultano non poteva permettersi l’apertura di un nuovo fronte. Era quindi necessario prendere una decisione prima dell’arrivo dei veneziani. 

Il gran visir propose di abbandonare il progetto di conquista: Mehmet aveva trascinato il suo esercito in un lungo e dispendioso assedio senza ottenere nulla. Il 25 maggio il sultano chiese quindi alle sue truppe che cosa desiderassero fare: tutti volevano un ultimo, decisivo assalto

La notte precedente era stato visto un segno di buon auspicio: un’eclissi parziale di luna aveva formato nel cielo il crescente dell’Islam. All’interno di Costantinopoli i presagi erano invece negativi: durante una processione un’icona della Madonna era caduta nel fango e sulla città era calata un’improvvisa nebbia, causando degli effetti di luce che vennero interpretati come un segno di Dio che abbandonava gli assediati. 

Tre ore prima dell’alba del 29 maggio iniziò l’ultimo assalto ottomano. I primi a partire furono gli irregolari, una massa disordinata di turchi, slavi, curdi, yörük, greci e italiani con il compito di sfiancare i difensori, che però vennero respinti e dovettero lasciare il posto alle truppe regolari dell’Anatolia. Ma anche questa seconda ondata fu costretta alla ritirata. A Mehmet non rimase che tentare il tutto per tutto con un ultimo attacco dei giannizzeri. Dopo ore di combattimento, proprio quando anche le truppe d’élite del sultano stavano per essere scacciate, accadde l’impensabile: Giustiniani venne ferito troppo gravemente per continuare a combattere e dovette essere portato via dal campo di battaglia. La vista del comandante in ritirata fece precipitare nel panico i difensori, i quali si convinsero che i giannizzeri, in realtà prossimi alla sconfitta, avessero vinto. Il caos che seguì fu tale che gli ottomani riuscirono veramente a superare le mura ed entrare in città, issando le proprie bandiere sulle torri. Costantinopoli era stata conquistata. 

Qualcosa finisce, qualcosa inizia

Il corpo di Costantino XI non fu mai ritrovato. Con la sua scomparsa, il 29 maggio 1453 finì l’Impero romano. Contemporaneamente, all’età di ventuno anni Mehmet II, da allora chiamato el-Fatih (il Conquistatore), dette al sultanato ottomano una nuova capitale e lo trasformò in un vero e proprio impero. In poco più di un secolo, il piccolo dominio di un signore della guerra nomade si era trasformato in una potenza multiculturale che si sarebbe ulteriormente espansa su Europa, Asia e Africa e avrebbe dominato ininterrottamente fino al 1922. L’apice della potenza ottomana sarebbe stata raggiunta dal bisnipote di Mehmet, Suleyman el-Kanuni (il Legislatore), noto anche come Solimano il Magnifico (regno 1521-1566). 

Nel frattempo, con la conquista ottomana di Costantinopoli i musulmani presero il controllo delle principali rotte commerciali che univano l’Europa all’Asia. Le cattolicissime monarchie iberiche decisero quindi di cercare vie alternative per raggiungere le preziose merci orientali. I portoghesi, che già nel 1445 erano riusciti a raggiungere il fiume Senegal in cerca d’oro, bypassarono” i domini musulmani circumnavigando l’Africa e arrivando nell’Oceano Indiano nel 1498. Lisbona tentò di creare un dominio basato sul monopolio del commercio di spezie, ma in poco più di un secolo venne rimpiazzata dagli olandesi e, soprattutto, dai britannici; questi ultimi, tramite la Compagnia delle Indie orientali, avrebbero così gettato le basi per il proprio impero. La corona spagnola scelse invece di cercare una nuova rotta marittima finanziando il viaggio verso occidente di un altro genovese, Cristoforo Colombo, avviando così la sanguinosa conquista delle Americhe. 

 

 

Fonti e approfondimenti

Alessandro Barbero, Il divano di Istanbul, Sellerio, 2015.

Karen Barkey, Empire of Difference. The Ottomans in Comparative Perspective, Cambridge University Press, 2008.

Jason Goodwin, Lords of the Horizons. A History of the Ottoman Empire, Vintage Books, 1999.