Dalla Monuc alla Monusco

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nel 2000, durante la Seconda guerra del Congo, le Nazioni Unite inviarono una missione di peacekeeping nelle province orientali della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), l’epicentro del conflitto. A distanza di ventiquattro anni, l’operazione è diventata una delle più costose e lunghe mai realizzate in Africa, oltre che una delle più criticate.

Il contesto

La Seconda guerra del Congo (1998-2003) è conosciuta anche come “guerra mondiale africana”: coinvolse nove Paesi del continente e una moltitudine di movimenti armati. 

All’inizio del conflitto, le province orientali congolesi furono invase da Ruanda, Uganda e Burundi. Tre Paesi che volevano approfittare dell’assenza di istituzioni statali solide nell’area per estendere la propria influenza e sfruttare le risorse naturali.

La guerra fu caratterizzata da violenze e abusi, soprattutto nei confronti dei civili. E dai fenomeni del reclutamento di bambini soldato e dal saccheggio delle ricchezze del sottosuolo congolese da parte degli Stati stranieri.

La nascita della Monuc

La comunità internazionale intervenne dopo la firma dell’Accordo di Lusaka (1999), che stabiliva il cessate il fuoco e la smobilitazione dei gruppi armati. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu approvò la risoluzione 1291, che istituì la Missione dell’organizzazione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc).

Inizialmente, la forza era composta da 500 osservatori, a cui si aggiunsero circa 5.000 militari. Il loro compito era garantire il rispetto del cessate il fuoco e contribuire a identificazione e smobilitazione dei combattenti.

Già nei primi anni di attività, la Monuc mostrò molti limiti. Fu incapace di assicurare il cessate il fuoco e i movimenti armati, invece di essere smobilitati, aumentarono. Tanto che la missione fu descritta come un “attore di peacekeeping passivo”: immobile nel bel mezzo di un conflitto che tutt’intorno continuava.

Quelle poche volte in cui i caschi blu tentarono di intervenire non furono efficaci, oltre a mostrare di non aver spesso compreso a fondo le dinamiche locali.

Ne è un esempio la “guerra dei sei giorni” del giugno 2000 a Kisangani (Tshopo). Fulcro del commercio illegale di diamanti, la città era suddivisa tra Ruanda e Uganda. La smilitarizzazione imposta dalle Nazioni Unite provocò scontri con i militari ruandesi e ugandesi, ma soprattutto sancì una spaccatura tra gli Stati. Il risultato fu la morte di circa mille civili, la fuga degli operatori umanitari e la caduta della città nelle mani dei ruandesi.

Tentativi di rilancio

Nel 2003, con la conclusione ufficiale del conflitto (anche se in realtà le violenze continuano ancora oggi), il mandato della Monuc venne rivisto. Alla luce degli oltre tre milioni di civili morti durante la guerra, fu enfatizzata la necessità di proteggere la popolazione. Tuttavia, i fallimenti si protrassero.

Nel maggio 2003, le truppe ugandesi si ritirarono dalla città di Bunia (Ituri), su pressione dei peacekeeper. Venne così a meno un attore che, fino a quel momento, aveva garantito una parvenza di stabilità nell’area. La Monuc fu incapace di prenderne il posto

Gli scontri tra le milizie locali ripresero: in una sola settimana, si contarono centinaia di morti. L’anno successivo, invece, i ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo saccheggiarono Bukavu. Le Nazioni Unite non riuscirono a impedire l’uccisione di centinaia di civili e la fuga di molti altri.

La nascita della Monusco

Nel 2010, con la risoluzione 1925, la Monuc fu riorganizzata: nasceva la Missione dell’organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione del Congo (Monusco). I peacekeeper ora potevano usare tutti i mezzi necessari per proteggere civili, personale umanitario e difensori dei diritti umani.

La Monusco era una missione imponente: arrivò a contare 20.000 uomini. Ma non riuscì comunque a superare i limiti della Monuc. Nel 2012, ad esempio, il Movimento del 23 marzo (M23) prese il controllo di Goma sotto gli occhi dei peacekeeper. I caschi blu sarebbero dovuti intervenire per proteggere i civili. Ma secondo i comandanti questo avrebbe aumentato i rischi per la popolazione.

La Brigata d’intervento

Solo nel 2013, il Consiglio di sicurezza approvò la risoluzione 2098, che creava la Brigata d’intervento. Un corpo speciale autorizzato a combattere i movimenti armati se ciò garantiva protezione dei civili, stabilizzazione del Paese e smobilitazione dei combattenti. Finalmente, le truppe congolesi e i caschi blu costrinsero l’M23 alla resa.

Ma, nei fatti, anche l’introduzione della Brigata d’intervento non portò particolari cambiamenti. I militari avevano una preparazione inadeguata e intervenivano sistematicamente in ritardo. Gli attacchi nei confronti dei civili nel frattempo continuavano.

Verso il ritiro

Negli anni, i caschi blu sono stati duramente criticati dal governo congolese e hanno perso la fiducia della popolazione. Tanto che, a dicembre 2023, il presidente della Rdc, Félix Tshisekedi, ha chiesto il ritiro della missione. A tre mesi di distanza, i peacekeeper hanno iniziato ad abbandonare le loro posizioni nel Sud Kivu. Seguiranno le basi nell’Ituri e infine, entro la fine del 2024, quelle dell’area più complessa, il Nord Kivu.

Le Nazioni Unite, il più delle volte, sono state incapaci di proteggere i civili, garantire il cessate il fuoco e smobilitare i combattenti. Ma occupavano comunque uno spazio fisico in una regione estremamente volatile. Il loro ritiro crea quindi un vuoto in cui le autorità congolesi non riescono a garantire pace e giustizia. Il rischio, concreto, è di rinfocolare vecchie inimicizie e scatenare nuovi conflitti.

 

Fonti e approfondimenti

Copparoni, Eleonora, “I difetti del peacekeeping ONU in DRC”, Lo Spiegone, 19 dicembre 2017.

Holt, Victoria K., Berkman, Tobias C. 2006. The Impossible Mandate? Military Preparedness, the Responsibility to Protect and Modern Peace Operations. The Henry L. Stimson Center. Washington.

Human Rights Watch, “MONUC: A Case for Peacekeeping Reform”, 28 febbraio 2015.

Stoney, Alexander, “’24 years of Missed Opportunities’: How the UN Failed to Secure Peace in the DRC”, UnAligned, 7 ottobre 2023.

van Reybrouck, David. 2014. Congo. Feltrinelli. Milano.