ISIS: la genesi del califfato

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il termine ISIS sta per Islamic State of Iraq and Syria, ovvero Stato Islamico dell’Iraq e della Siria; tuttavia quando ascoltiamo o leggiamo questo acronimo veniamo investiti da un mix di emozioni che vanno dalla paura all’odio, ci sentiamo inermi, terrorizzati, attaccati. Nel nostro presente, dare un nome a qualcosa è più complesso di quanto possa sembrare. Dietro le quattro lettere ISIS si cela molto di più che una semplice denominazione ufficiale, per iniziare a capire di cosa si tratta vediamo di analizzare la genesi del califfato islamico.

Da quale momento della storia partire? Certamente l’occupazione statunitense dell’Iraq è un buon punto di partenza. Nel 2003 cade il regime di Saddam Hussein, si instaura un governo di transizione guidato dalle forze occupanti, George W. Bush nomina Paul Bremer all’esecutivo, il diplomatico statunitense può governare tramite decreto. L’order number 1 smantella il partito Ba’th (il partito che aveva portato Saddam al potere), l’order number 2 smantella invece l’esercito iracheno, lasciando circa 400.000 tra ufficiali e soldati esclusi dalle loro posizioni militari.

Le scelte dell’amministrazione U.S.A. portano anche al potere gli sciiti (precedentemente esclusi durante la dittatura). La costituzione, varata tra mille difficoltà nel 2005, è espressione del compromesso tra curdi e sciiti. I pochi spazi di rappresentanza attribuiti ai sunniti hanno portato a una forma di stato federale che avvantaggia le ricche regioni sudorientali popolate dagli sciiti e le zone popolate dai curdi a nordest. La stabilizzazione del Paese è tutt’oggi in forse poiché sin dall’inizio al nuovo governo si è contrapposto a questo il fronte dei sunniti, guidati dagli ex Ba’th. Proprio in questa contrapposizione, in un paese ancora instabile, è nato il germe di quello che oggi chiamiamo Stato Islamico.

Le modalità di reclusione, prima statunitense e poi irachena, dei “soggetti pericolosi” sono tra le cause che hanno avvantaggiato il proliferare dei gruppi fondamentalisti, tra questi Al Qaeda in Iraq.

Nei campi di prigionia di Bucca, Camp Cropper e Abu Ghraib, l’esercito statunitense ha accorpato tutta la futura élite del fondamentalismo islamico. Riuniti in questi spazi, (anche con ampie libertà di interazione) i detenuti hanno formato gerarchie, valutato piani e risorse e programmato le strategie in vista del frettoloso abbandono da parte dell’esercito U.S. del Paese. Il governo iracheno ha stimato che ben 17 dei 25 leader più influenti dello Stato Islamico a capo della guerra in Iraq e Siria sono stati detenuti nelle prigioni statunitensi tra il 2004 e il 2011. Alcuni uomini sono stati trasferiti dai centri americani alle carceri irachene, dove una serie di evasioni negli ultimi anni ha permesso a molti leader di fuggire per riunirsi alle file degli insorti.

Proprio l’amministrazione statunitense, che piange in questi giorni le vittime del secondo attacco di matrice islamica, ha avuto sotto il naso gli odierni “capi di stato” dell’ISIS, tra questi persino l’attuale califfo Al-Baghdadi.

Detenuto di rilievo presso Camp Bucca, era uno dei carcerati più rispettati. I secondini statunitensi erano ben consapevoli del fatto che una figura come la sua anche in carcere era la chiave dell’intera società del campo. Un moderatore, un leader in cella, rispettato da tutti in quel centro e da questo liberato dopo solo dieci mesi

Al-Baghdadi di allora non era solo un carismatico mussulmano imprigionato come detenuto civile. Già da prima della residenza a Camp Bucca del 2004 aveva giurato fedeltà a gruppi estremisti di ex mujahidin, per poi fondare nel 2003 il gruppo Jaysh Ahl al-Sunna wa-l-Jamaah, gruppo islamista già impegnato a combattere gli statunitensi in Iraq.

Al-Baghdadi era in Siria a stringere legami con Al-Nusra (gruppo islamista impegnato contro Assad) ma soprattutto il grande incontro che ha cambiato la vita del califfo è stato quello con Abu Musab al-Zarqawi e con Al-Quaeda in Iraq, in cui l’ancora giovane califfo ha consolidato la sua posizione di leader, divenendo capo e fondatore dello Stato Islamico di Iraq e Levante (il primo nome dell’ISIS).

La lotta interna alla Siria ha visto Isis schierato insieme ad Al-Nusra contro Assad, ben chiare erano già all’epoca le intenzioni del gruppo terroristico(fondare uno stato islamico tra Iraq e Siria) nonostante ciò il pentagono non è intervenuto, lasciando anzi proliferare i finanziamenti al gruppo da parte delle potenze sunnite del golfo: Arabia Saudita e Quatar in primis. Lo sfrenato desiderio di eliminare un regime come quello di Assad, troppo vicino alla Russia, ha fatto gola agli Stati Uniti e agli alleati Nato (Turchia e Gran Bretagna in primis)

Così dall’iniziale benevolenza verso un gruppo islamista tutto sommato più utile che dannoso si è giunti a quanto conosciamo e abbiamo avuto modo di conoscere. Sin dai suoi momenti iniziali Isis ha funzionato dove vi è stata cecità da parte delle grandi potenze, oggi tuttavia il gruppo rappresenta ben altro, preoccupando e terrorizzando buona parte del mondo. La strada che ha portato Isis da attore locale a attore globale è fatta da sentieri diversi ognuno degno di essere ricostruito con cura, torneremo presto ad analizzare sin dalle fondamenta il complesso edifico del Califfato Islamico.

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