Obiettivi e strategie del terrorismo

Un detonatore, un mitra, un coltello e una fotocamera su di un tappeto terrorismo
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Troppo spesso parlando di terrorismo ci soffermiamo sugli attacchi di per sé o sugli aspetti più emotivi del caso, ignorando (volutamente o meno) che c’è una strategia politica dietro questi fatti. Cosa vuole chi ricorre al terrorismo? Come intende ottenerlo? Che sia diffondere la paura o piegare dei governi a determinate decisioni, infatti, dietro ogni campagna terroristica c’è un preciso intento di natura politica.

Il terrorismo è l’attività attraverso cui un gruppo troppo debole per rappresentare una minaccia militare vera e propria manifesta la sua determinazione nel perseguire i propri obiettivi, la sua forza o la sua affidabilità ai suoi sostenitori e ai suoi nemici. Religione e altre motivazioni dichiarate dai gruppi estremisti sono la scusa di facciata per legittimarsi e per convincere i propri adepti all’azione: nessuna comunità approva questo tipo di violenza di per sè, se non per gli obiettivi che può far raggiungere.

Gli obiettivi politici di una campagna terroristica possono essere molteplici. Uno dei più diffusi è causare la caduta di un governo, a cui poi far seguire l’instaurazione di un altro più apprezzato dai terroristi, se non composto da loro stessi. Questa è la situazione tipica dei guerriglieri di ispirazione marxista e leninista, che in vari luoghi del mondo si sono battuti o si battono per l’instaurazione di stati socialisti, o delle fazioni islamiste radicali desiderose di instaurare regimi teocratici basati sulla legge coranica.

Al contrario, l’obiettivo potrebbe invece essere la protezione dello status quo, da ottenere stroncando processi di cambiamento politico attraverso il ricorso al terrore. In America Latina questi fatti sono stati la triste routine con cui (grazie anche all’appoggio statunitense) i gruppi armati hanno colpito duramente i movimenti di sinistra tra gli anni ’50 e ’70, causando migliaia di morti e instaurando dittature feroci e autoritarismi di tipo fascista.

Spesso il terrorismo viene utilizzato per interferire o causare cambiamenti nelle politiche dei governi o nell’atteggiamento della società, della quale questi gruppi cercano di manipolare i valori e i comportamenti attraverso la paura. Questo è il caso di molti integralisti islamici, che tentano di instillare a forza i loro sistemi di “valori” nelle popolazioni da loro bersagliate (come in Nigeria, Pakistan e Afghanistan), ma è anche la ragione dietro gli attentati di mafia in Italia durante gli anni ’90.

Molti gruppi usano il terrorismo per ottenere cambiamenti territoriali, che possono essere la creazione di nuovi stati nazionali oppure l’annessione o secessione di determinate zone ad altri stati. Gruppi separatisti troppo deboli per affrontare direttamente lo stato centrale usano il terrorismo nella speranza che, piuttosto che subire i costi da loro inflitti, i governi acconsentano alle loro rivendicazioni autonomistiche. Il terrorismo Ceceno in Russia e gli attacchi del PKK curdo contro la Turchia sono tipici esempi ti tutto ciò.

Le strategie con cui si cercano di ottenere questi obiettivi possono essere schematizzati in 5 punti principali, seguendo l’importante studio “The strategies of terrorism” di Andrew Kydd e Barbara Walter pubblicato su International Security nel 2012.

Attrito

Questa strategia consiste nell’utilizzare il terrorismo come mezzo per far capire che gli attentatori sono abbastanza forti e risoluti da causare un costo enorme (materiale e umano) se l’avversario non rinuncia ad un determinato comportamento, di solito il tentativo di contrastarli. Per far ciò si potrebbero colpire ripetutamente dei militari stranieri per costringerli alla ritirata o vari obiettivi statali per obbligare i governi a mediare con gli attentatori.

Intimidazione

Spesso i gruppi di terroristi utilizzano i loro attacchi per instillare in determinate popolazioni la paura di essere puniti in caso di disobbedienza ai propri ordini. Colpendo obiettivi strategici, quindi, i terroristi cercano di spingere la popolazione o addirittura i governi a comportarsi come essi desiderano per paura di ritorsioni, in modo da stabilire una sorta di controllo indiretto su intere aree geografiche.

Negli Stati Uniti alcuni gruppi criminali di attivisti contro l’aborto arrivarono a far esplodere le cliniche che praticavano l’operazione, con l’intento di spaventare e scoraggiare medici e pazienti dal praticare o anche solo dal desiderare di abortire.

Provocazione

Alcuni terroristi agiscono per provocare gli avversari in modo da ottenere da essi delle reazioni violente e scomposte. Le devastazioni causate da queste reazioni e il malcontnto che segue possono poi essere usate dai terroristi per reclutare nuovi combattenti e alimentare la propria propaganda. Sebbene vengano colpiti, quindi, questi gruppi sono in grado di capitalizzare gli errori degli avversari, finendo per essere rinforzati nlla forza e nel consenso.

L’ETA, ad esempio, ha sfruttato per anni il fatto che ad ogni suo attentato il governo spagnolo rispondeva con misure restrittive per l’intera comunità basca, che causavano ulteriore crescita del malcontento della popolazione verso Madrid e quindi terreno più fertile per il gruppo e le sue rivendicazioni.

Sabotaggio

Questa è la straegia usata per interrompere i negoziati di pace all’interno dei conflitti da parte dei gruppi intenzionati a continuare le ostilità. Attraverso i loro atacchi i terroristi mirano a minare la credibilità dei gruppi moderati loro alleati nel conflitto in corso, facendo dubitare il nemico delle loro intenzioni in modo da non far raggiungere un accordo di pace. Se durante un negoziato avviene un attacco, infatti, il sospetto si insinua tra le parti, rischiando di far saltare o rimandare qualsiasi decisione.

La storia del conflitto arabo-israeliano è costellata di atti di sabotaggio, con i quali le fazioni più estremiste di entrambi gli schieramenti hanno interrotto i negoziati tra i moderati con omicidi e attacchi.

Sopraffazione

Questa dinamica ha luogo quando all’interno della stessa fazione più di un gruppo lotta per prenderne il comando ed esserne leader e presentarsi come paladino dell’interesse della popolazione. Questa strategia non riguarda direttamente il nemico del gruppo, quanto gli alleati dei quali vuole mettersi al comando e la popolazione che vuole portare dalla propria parte.

Indipendentemente dall’obiettivo per cui viene impiegata, la strategia sarà scelta soprattutto in base a cosa i terroristi hanno bisogno di dimostrare, in  modo da eliminare ogni dubbio che aleggia su di loro ricorrendo a misure così drastiche. Queste strategie verranno usate per dimostrare forza, determinatezza o cercare l’appoggio della popolazione locale, a seconda di cosa è necessario al gruppo per perseguire i suoi obiettivi.

Parlando di terrorismo, quindi, è sempre obbligatorio fare un passo indietro e guardare più attentamente l quadro d’insieme, spogliando le analisi dei contenuti ideologici filosofici o religiosi. Questi sono infatti solo ed esclusivamente i canali di reclutamento con cui dei gruppi abili e ristretti guadagnano un seguito, mentre le vere strategie dieto queste azioni sono progetti politico-militari che per mancanza di mezzi migliori vengono perpetrate con il terrorismo.

 

 

Approfondimenti

Andrew Kydd e Barbara Walter – The Strategies of Terrorism (PDF)

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