Come arrivano i Repubblicani alle Midterm elections?

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Con l’avvento di Trump alla Casa Bianca e la sua conquista della leadership all’interno del partito, il Partito Repubblicano ha subìto nel corso di questo periodo mutamenti e cambi di direzione politica. Se pensiamo alle vecchie tematiche che caratterizzavano il Grand Old Party, le sue battaglie e gli ideali conservatori che lo animavano, e le confrontiamo con quella che è la linea di oggi noteremo sicuramente lampanti differenze che sembrano ormai aver dato nuova forma  e vita al partito.

In vista delle ormai più che vicine Midterm la situazione in casa repubblicana è abbastanza variegata; un motivo in parte dovuto alla consapevolezza che la Camera potrebbe essere persa (molto probabile) e che molti deputati uscenti non si siano ricandidati per confermare e difendere il proprio seggio. Tuttavia, dal punto di vista interno, la situazione del GOP sembra essere maggiormente stabile rispetto a quella dei loro avversari.

Il Partito Repubblicano oggi

Se volessimo sintetizzare in un’analisi il più breve possibile, potremmo tranquillamente dire che allo stato attuale i Repubblicani rappresentano una forza coesa e ben radicata su molti territori del suolo nazionale. E forse qui è necessario fare un passo indietro. 

Dopo l’ultimo mandato presidenziale di Bush Junior, il Partito Repubblicano sembrava aver smarrito la bussola, consumato com’era dalle disastrose politiche del suo ultimo presidente incaricato (vedi la guerra in Iraq) e affondato dai colpi e il carisma di Barack Obama. Per rialzare la china è venuto in atto un processo di radicalizzazione per molti versi estraneo a quel conservatorismo liberale e morale che in passato lo aveva caratterizzato, mandando incontro all’estinzione il vecchio establishment  maggiormente moderato e centrista. Un chiaro esempio in tal senso è il processo di “epurazione” che ha toccato personaggi di spicco come John McCain, precedentemente alla sua recente scomparsa, o Paul Ryan, speaker della Camera che ha deciso di ritirarsi dalla politica nonostante la giovane età, il quale più volte si è scontrato col Presidente Trump criticandolo apertamente. 

La coesione dei repubblicani si manifesta oggi su temi e livelli differenti rispetto al passato, dal punto di vista ideologico, sociale e, anche, razziale. Una coesione raggiunta a colpi di populismo, caratterizzato da una comunicazione dura e cruda in grado di poter mandare messaggi semplici e inclusivi per la moltitudine, e condita di un continuo dileggiamento dell’avversario. La crescente paura per il diverso, le condizioni economiche non precisamente idilliache in molti Stati e strati della popolazione, e un fervente e rinnovato nazionalismo animato a colpi di “Make America Great Again” hanno fatto il resto.

Una deriva abbastanza netta che all’interno del Partito non crea comunque alcun dibattito, anzi. Se pensiamo che l’attuale capo del partito e Presidente ha in passato dichiarato che Obama e la Clinton sono stati i co-fondatori dell’ISIS e che proprio recentemente ha chiesto che 15.000 soldati vengano inviati al confine messicano, suona strano che nessun politico repubblicano si sia chiesto se sia giusto fare una cosa del genere per fermare una carovana di profughi inermi (considerando il  fatto che il numero di soldati richiesto sarebbe superiore a quello delle truppe impiegate in missione in Afghanistan). 

Anche dal punto di vista della politica interna i Repubblicani sembrano aver raggiunto una certa unità d’intenti, in temi nodali come quello del taglio delle tasse anche a costo di raggiungere livelli di deficit molto alti; l’eleggere giudici conservatori e la deregulation in materia di politica economica; un rinnovato protezionismo e negazionismo del cambiamento climatico. Un’unità di intenti che in quasi due anni è risultata essere efficace dal punto di vista politico e legislativo. Sembra, insomma, che non ci sia più spazio per una destra moderata, maggiormente inclusiva e, perché no, aperta alle  minoranze etniche e alla maggioranza dei giovani elettori.

Damiano Mascioni | Lo Spiegone

Il simbolo del Partito Repubblicano. Fonte: Wikimedia Commons

L’elettorato

Nell’elettorato repubblicano è oggi evidente una supremazia bianca, maschile non urbana, cioè facente parte delle zone più rurali. Nel 2016 la maggior parte degli elettori di Trump era composta dal voto di uomini bianchi con più di 45 anni di età, e il voto dei maschi in generale è andato complessivamente a Trump (più del 60%). Tra gli elettori statisticamente con un tasso di istruzione inferiore (livello basso o medio basso, senza laurea), più del 60% di essi hanno votato il Partito Repubblicano seguendo un trend ormai abbastanza consolidato anche nelle zone rurali, dove i repubblicani hanno vinto più o meno con gli stessi numeri. I repubblicani risultano invece latitare nelle zone metropolitane con una più alta densità di popolazione.

Anche fra gli stessi politici repubblicani si nota una certa differenza di numero fra uomini e donne. Al Senato infatti sui 51 seggi attualmente controllati solo 4 sono occupati da donne (uno solo è afroamericano); sui 235 seggi occupati alla Camera dal GOP, le donne sono solo 23 (con due soli afroamericani). Il moderno GOP sembra quindi assumere un’identità ben precisa e nettamente “trumpizzata”, caratterizzata da una supremazia razziale e di genere, con il Presidente Trump come piena espressione dello stesso. 

Il mutamento del Partito Repubblicano in una forza politica primariamente bianca, in là con l’età media e maschile è invece in rapporto inverso con la controparte democratica che in queste Midterm si presenta con il maggior numero di candidate donne della storia, una buona diversità etnica e un’età media inferiore, con un forte appoggio degli elettori più giovani (nel 2016 più del 60% degli under 30 ha votato per Hillary Clinton). Tuttavia una chiara coesione non traspare all’interno del Partito Democratico, essendo contraddistinto da una zona maggiormente “left” e un’altra maggiormente moderata e neo-liberale.

Un partito egemone

Sul suolo nazionale l’egemonia dei repubblicani è, nonostante tutto, per il momento ben chiara. Il GOP controlla la Presidenza e le due ali del Congresso (il ramo esecutivo e il ramo legislativo); possiede ben 33 governatorati (i democratici solo 16) e in 26 Stati ha sia il governatorato che i rappresentanti di Camera e Senato (i democratici solo 8). In tal senso la distribuzione meno efficiente dei democratici incide parecchio, con gli Stati e le realtà più piccole maggiormente schierate verso il lato repubblicano. I Dem, infatti, tendono a concentrarsi nelle aree più urbane e uno spregiudicato utilizzo del cosidetto “gerrymandering” favorisce il GOP in molte più zone e aree, favorendo un certo radicamento sul territorio che ne garantisce l’attuale dominio.

L’ottica Midterm

Il risultato di queste Midterm dipenderà molto dall’affluenza elettorale, mai molto alta in generale in America e mai nelle elezioni di metà mandato. Tuttavia, già dall’early vote, sembra che questa volta il numero dell’affluenza sarà più alto rispetto alla media. 

I Repubblicani di recente hanno ottenuto un’importante vittoria con la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, un risultato che sembra aver rinfrancato l’elettorato del GOP, forte anche di un andamento economico positivo (la disoccupazione è ai minimi storici e il PIL dal 2014 non era così alto) e il livello di apprezzamento di Trump è in risalita. Tuttavia, quello che sembra è che i Democratici abbiano dato vita ad un movimento maggiormente attivo che cavalca l’onda di un rigenerato entusiasmo dovuto alla candidatura record di donne e di giovani. Non che la base elettorale Repubblicana sia quieta, eppure non sembra raggiungere il livello di mobilitazione e coinvolgimento democratico. 

Ovviamente un risultato certo ancora non è dato saperlo, però i sondaggi sono abbastanza chiari. Secondo FiveThirtyEight i Democratici hanno l’84 percento di possibilità di conquistare la maggioranza alla Camera, mentre i Repubblicani hanno l’82,3 per cento di possibilità di mantenere la loro maggioranza al Senato. Ma un sondaggio, per quanto preciso e attendibile, resta un sondaggio, e nulla è ancora scritto se poi consideriamo il voto degli indecisi che spesso scelgono all’ultimo. 

Alla Camera i Repubblicani hanno la maggioranza con 235 seggi contro i 193 dei Democratici. In tale ala del Congresso tuttavia il GOP è sfavorito poiché, sempre secondo i sondaggi, il tasso di gradimento dei Democratici è superiore rispetto a quello dei Repubblicani e in molti territori in bilico sembrano essere in vantaggio. Inoltre anche il fatto che più di quaranta deputati Repubblicani abbiano rinunciato a ricandidarsi, lascia pensare che gli stessi candidati non volessero andare incontro a una probabile sconfitta, anche perché, in prospettiva futura, è meglio ritirarsi per poi ripresentarsi in futuro piuttosto che subire una sconfitta. I deputati uscenti del Partito Repubblicano che hanno rinunciato alla candidatura non erano mai stati così tanti negli ultimi vent’anni. 

Al Senato la storia è completamente diversa. Lì, dove i Repubblicani detengono la maggioranza con 51 seggi contro 49 (due sono indipendenti ma votano allineati ai Democratici), il GOP sembra essere nettamente favorito. A differenza della Camera che si rinnova tutta, solamente un terzo dei seggi fa parte della contesa, quindi in palio ce ne sono solamente 35 e tutti in Stati in cui i Democratici fanno tradizionalmente fatica.

I senatori Repubblicani uscenti poi sono solamente 9, contro i 26 dei Democratici, il che permette di utilizzare le risorse e impegnarsi in maniera differente e maggiormente efficiente. Inoltre in molti di questi Stati, due anni fa Trump ha ottenuto vittorie larghe e significative. Stati come la West Virginia, il Missouri, l’Indiana, il Nevada e il Montana ricalcano proprio questa linea, e per i Democratici non sarà facile affermarvisi. Riuscire a difendere un numero sufficiente di Stati e a strapparne un buon numero ai Repubblicani sembra quindi estremamente complicato per i Democratici.

Fonti e Approfondimenti:

https://projects.fivethirtyeight.com/2018-midterm-election-forecast/house/?ex_cid=538twitter

https://projects.fivethirtyeight.com/2018-midterm-election-forecast/senate/?ex_cid=midterms-header

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/verso-midterm-gloria-e-miserie-del-gop-21549

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/forza-debolezze-e-prospettive-del-partito-repubblicano-21484

https://www.vox.com/policy-and-politics/2018/9/3/17800588/2018-midterm-elections-senate

https://www.ilpost.it/2018/10/27/guida-elezioni-stati-uniti-meta-mandato/?fbclid=IwAR3HFMViujj2bhz0MkZ8l5PDIVgpTjBhZdJyNb_BfwtOdONLaXzSF0jnBvI

 

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