Il Reddito di Cittadinanza e le lezioni del Reddito di Inclusione

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Dopo aver parlato delle esperienze di Francia e Germania, due Paesi che in maniera diversa hanno da tempo messo in piedi strumenti contro la povertà, torniamo in Italia per vedere come una prima misura sia in realtà esistente da qualche anno. Il Reddito di Inclusione (REI) è frutto di un percorso nato nel 2013 e, a quanto sembra, in via di conclusione per far spazio al Reddito di Cittadinanza.

L’introduzione, per la prima volta in Italia, di uno strumento di lotta alla povertà a carattere universale e a diffusione nazionale è lesito di un percorso di sperimentazioni, i cui passaggi cruciali si identificano con l’istituzione delle seguenti misure:

  • CAS (Carta Acquisti Sperimentale) avviata nel gennaio 2013;
  • SIA (Sostegno Inclusione Attiva) avviata nel settembre 2016;
  • REI (Reddito di Inclusione) attivo dal 1 gennaio 2018.

La CAS è nata come sperimentazione per il contrasto alla povertà, fondata sull’erogazione di un beneficio economico e sulla partecipazione attiva dei beneficiari a un progetto di inclusione socio-lavorativa con il sostegno dei servizi sociali. L’obiettivo di questa prima fase era sperimentare la costruzione di una macchina organizzativa tale da verificare la fattibilità di un complesso processo di inclusione attraverso il coinvolgimento dei servizi sociali.

La CAS è stata una vera e propria base di apprendimento per il passaggio successivo , cioè l’introduzione del sostegno per l’inclusione attiva (SIA). Ovviamente, in virtù del suo carattere sperimentale, questo progetto è stato implementato su piccola scala coinvolgendo 12 grandi città. Se da un lato questo primo step non ha coinvolto grandi numeri di beneficiari, dall’altro, ha di certo fornito importanti basi per lo sviluppo delle fasi successive. La SIA ha trasferito il modello precedente a tutto il territorio nazionale. La misura, ponte per l’approdo al REI, prevedeva un sussidio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate, condizionata all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni.

 

Il Reddito di Inclusione

La principale novità del REI rispetto al SIA è stata l’abolizione dei requisiti familiari molto stringenti, rendendo più facile accedere allo strumento.

La misura si compone di due parti:

  1. Beneficio economico erogato attraverso una carta di pagamento elettronica (carta REI);
  2. Un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa con il sostegno dei servizi sociali del Comune di appartenenza.

I beneficiari sono i nuclei familiari in possesso, ora, solo di specifici requisiti di residenza, soggiorno ed economici.

 

Requisiti di residenza e soggiorno

Il richiedente deve essere, congiuntamente:

  • Cittadino dell’Unione (o familiare di un cittadino dell’Unione con diritto di soggiorno)
  • Cittadino di paesi terzi in possesso di permesso di soggiorno UE
  • Apolide in possesso di permesso di soggiorno o titolare di protezione internazionale (asilo politico, protezione sussidiaria)
  • Residente in Italia, continuativamente, da almeno due anni al momento di presentazione della domanda

 

Requisiti economici

Il nucleo familiare del richiedente deve essere, per l’intera durata del beneficio e congiuntamente, in possesso di:

  • Un valore dell’ISEE in corso di validità non superiore ai 6.000 euro;
  • Un valore dell’ISRE non superiore ai 3.000 euro
  • Un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ai 20.000 euro
  • Un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti corrente) non superiore a una soglia di 6.000, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino a un massimo di 10.000 euro

Il beneficio economico dura di norma 18 mesi, rinnovabili di altri 12 dopo 6 mesi dalla cessazione del primo ciclo. L’ammontare del beneficio dipende dal numero dei componenti del nucleo familiare.

 

La dimensione del reinserimento sociale e lavorativo

Il progetto personalizzato di reinserimento viene predisposto dai servizi sociali dei Comuni, in rete con i servizi dell’impiego.
In seguito alla valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare, questo viene preso in carico dai servizi sociali per essere accompagnato in un percorso attivo e partecipato di inserimento sociale finalizzato in sostanza a superare due questioni principali: la condizione di povertà e le problematiche relative a bisogni specifici, individuati dai diversi attori della governance del REI.

 

I problemi nella governance di una politica complessa

Il buon funzionamento della governance in una politica è fondamentale, ma data la difficoltà, le scarse risorse e l’eterogeneità dei contesti territoriali i risultati ne hanno risentito. Infatti, l’implementazione del processo, strutturato in due macro-azioni, implica la costruzione di una macchina organizzativa in grado di dare avvio e svolgimento una serie di azioni complesse.

Partendo dalla gestione amministrativa, si susseguono una serie di attività: individuare sui territori gli attori da coinvolgere e attribuendo loro specifiche funzioni, pubblicizzare la misura (non sempre facilmente comprensibile dai beneficiari) e individuare beneficiari idonei in base ai requisiti. C’è poi ovviamente l’erogazione del reddito, affiancata però dalla ben più complessa analisi multidimensionale dei bisogni dei beneficiari e la conseguente presa in carico da parte degli attori locali. Infine c’è un elemento di monitoraggio e valutazione continua da portare avanti in ogni fase per migliorare la politica. A tal proposito le valutazioni dell’INAPP (Istituto Nazionale Analisi Politiche Pubbliche) mostrano quanto segue:

 

I beneficiari secondo i dati dell’ INPS

Secondo i dati dell’INPS nel periodo gennaio-settembre dell’anno 2018 sono stati erogati benefici economici a 379 mila nuclei familiari coinvolgendo più di 1 milione di persone. La maggior parte dei benefici vengono erogati nelle regioni del sud (69%) con interessamento del 72% delle persone coinvolte.
Il 47% dei nuclei beneficiari di REI, che rappresentano oltre il 51% delle persone coinvolte, risiedono in sole due regioni: Campania e Sicilia; a seguire Calabria, Lazio, Lombardia e Puglia coprono un ulteriore 28% dei nuclei e il 27% delle persone coinvolte.

Il 10% dei nuclei percettori di ReI risulta extracomunitario e di questi si evidenzia un’incidenza del 30% nelle regioni del Nord.

 

Verso il Reddito di Cittadinanza

Il Governo Conte è consapevole di dover concretizzare una dimensione attiva nel Reddito di Cittadinanza onde evitare di produrre una riforma che sia bollata come meramente assistenzialista. Sembra oramai chiaro anche al Movimento che non ci sarà nessun reddito di cittadinanza, ma un reddito minimo garantito, condizionato alla ricerca attiva di un lavoro. La breve vita del REI e dei suoi precedessori rappresenta comunque una base di partenza o comunque, nel caso in cui venisse abolito, una lezione preziosa per il Governo.

Ad esempio si può ragionare sul basilare fatto che è la persona svantaggiata a dover vestire i panni di family manager per gestire le diverse dimensioni del disagio e interloquire con le diverse istituzioni (comuni, i centri di impiego, gli uffici sanitari, o la banca). In mancanza di una istituzione deputata a coordinare la gestione contemporanea di più servizi secondo una logica non settoriale, è molto probabile che si creino disparità di accesso. E’ in questo modo che un diritto sulla carta non si concretizza nella realtà.

Affidare ai comuni, all’INPS e a tutta una serie di attori locali l’implementazione della strategia risulta allo stesso tempo lungimirante e impegnativo. Il sistema va rivisto, potenziato e migliorato ma è sicuramente una strada da seguire. Infatti, il grande merito del REI è l’aver attivato un processo multidimensionale che vede coinvolto stato centrale e periferie, servizi per l’impiego e politiche abitative, tutela della salute e istruzione. Fermo restando che sono chiaramente visibili le problematiche, come la modesta copertura finanziaria e dei beneficiari.

Per concludere, la strada che il sistema italiano dovrebbe intraprendere è quella che porta a un welfare di comunità, ridimensionando il consueto welfare individuale/familiare con tutte le sue inefficienze sociali. Un nuovo modello di welfare erogato non solo su richiesta ma anche come prevenzione a problemi futuri deve basarsi su una conoscenza del contesto locale, dei fattori di rischio e dei punti di forza in cui investire per avere giovani e famiglie più sicure e forti.

 

 

Fonti ed approfondimenti

https://www.inps.it/docallegatiNP/DatiEBilanci/Osservatori-statistici-e-altre-statistiche/Documents/Report_trimestrale_gennaio-marzo_2018.pdf#page=4

https://eminnetwork.files.wordpress.com/2013/04/emin-context-report_sept17_ita_final.pdf

https://oa.inapp.org/bitstream/handle/123456789/224/Ancora_Misure_contrasto_povert%C3%A0_Visita_Tunisina_2018.pdf?sequence=1

https://www.lavoce.info/archives/50445/reddito-inclusione-cosa-serve-perche-funzioni/

Be the first to comment on "Il Reddito di Cittadinanza e le lezioni del Reddito di Inclusione"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*