Crimini internazionali: il crimine di aggressione

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La soppressione degli atti di aggressione rappresenta uno degli obiettivi principali delle Nazioni Unite, come si legge nell’art. 1 della Carta ONU. Di conseguenza, la creazione della Corte penale internazionale (CPI) e, grazie a essa, la possibilità di individuare e procedere alla responsabilità individuale ha significato un importante passo avanti per l’implementazione del concetto di aggressione.

Atto di aggressione e crimine di aggressione

Da sempre il diritto internazionale ha riservato una posizione di rilievo al concetto di aggressione, nonostante il raggiungimento di una definizione completa sia stato molto travagliato. Sin dalla Convenzione della Società delle Nazioni (1919), il concetto di aggressione esterna contro l’integrità territoriale ricorre in diversi accordi e convenzioni, ma è il tribunale di Norimberga che ne tratteggia i caratteri per la prima volta. Solo nei primi anni del 2000, il concetto di aggressione acquista una identità specifica e differenziata rispetto ai crimini di guerra, crimini contro l’umanità e al genocidio, grazie all’attività della Corte penale internazionale, divenuta operativa il 1 luglio 2002.

Poiché la Carta delle Nazioni Unite ha cristallizzato la proibizione dell’uso della forza nel diritto internazionale, ricomprendendo anche l’atto di aggressione, è necessario distinguere il concetto di “atto di aggressione” e “crimine di aggressione”. In linea con quanto stabilito dalla Società delle Nazioni, il primo individua “l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite”. Si fa, dunque, riferimento alla risoluzione 3314 (XXIX) adottata dall’Assemblea Generale il 14 dicembre 1974.

Per il secondo, invece, ci si deve riferire alla Corte penale internazionale e al lungo iter intrapreso per ottenere una definizione chiara e una effettiva applicabilità di tale concetto.

In linea generale, sembrerebbe che quest’ultimo non possa sempre essere ricondotto a un crimine di aggressione; ma, anzi, alcuni atti di aggressione – quindi per propria natura esercitati dallo Stato – non possono essere considerati contemporaneamente crimini internazionali dell’individuo.

 

Il crimine di aggressione nello Statuto di Roma

Il crimine di aggressione viene formalmente annoverato tra i crimini internazionali nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Infatti, l’art. 5.1 stabilisce che la neonata Corte ha giurisdizione, oltre a genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, sul crimine di aggressione.

A differenza degli altri, non si trovò un accordo immediato sulla definizione di crimine di aggressione e, dunque, venne stabilito che la Corte avrebbe potuto esercitare la sua giurisdizione solo dopo aver individuato la definizione e i criteri necessari per potervi ricorrere, ai sensi dell’art. 5.2.; a tale scopo, fu istituito un gruppo di lavoro – Special Working Group on the Crime of Aggression- con lo specifico compito di pervenire a una definizione univoca e condivisa di tale crimine. 

Nel 2010 si è tenuta a Kampala la Conferenza di revisione dello Statuto, che ha apportato degli emendamenti a quest’ultimo, e nella quale si è trovato un accordo sulla definizione di “crimine di aggressione”. Tale espressione indica “la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che, per il suo carattere, gravità e portata, costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite.”

Nonostante la definizione condivisa, la Conferenza di revisione ha stabilito degli ulteriori limiti all’esercizio della giurisdizione da parte della CPI.  Gli articoli 15bis e 15ter disposero, infatti, che la Corte avrebbe potuto procedere contro il crimine di aggressione solamente dopo un anno dalla ratifica degli emendamenti da parte di almeno 30 Stati, e a seguito della decisione degli Stati membri, da adottarsi con una maggioranza dei due terzi, non prima del primo gennaio 2017.

Il trentesimo Stato a ratificare gli emendamenti di Kampala è stata la Palestina il 28 giugno 2016. Da quella data, sempre in rispetto della conferenza di Kampala, sarebbe dovuto decorrere più di un anno per poter procedere alla votazione.

 

Sviluppi recenti

Le due limitazioni riportate sopra hanno rappresentato motivo di ulteriore discussione: infatti è sorto il problema relativo alla giurisdizione della Corte. Per prima cosa, il 15 dicembre 2017 nel Quartier Generale delle Nazioni Unite, a New York, gli Stati firmatari dello Statuto di Roma, dopo una vera e propria maratona diplomatica durata 10 giorni, hanno finalmente deciso riguardo alla possibilità della CPI di attivarsi a procedere sui crimini di aggressione. Anche questo traguardo ha alimentato dubbi e discussioni, creando una divisione tra gli Stati firmatari. Secondo alcuni, l’applicazione della giurisdizione della Corte si sarebbe dovuta limitare solo a quei membri che avevano adottato la risoluzione; secondo altri, invece, era necessario il riconoscimento integrale della giurisdizione della Corte.

Alla fine, la risoluzione è stata adottata ed è entrata in vigore il 17 luglio 2018, data del ventesimo compleanno del trattato istitutivo della Corte penale internazionale e prevede due alternative. Nel caso di ricorso da parte di uno Stato o di proprio motu – decisione della Corte stessa a procedere- , la giurisdizione si applica esclusivamente a quegli Stati membri e ai loro concittadini che abbiano ratificato e accettato gli emendamenti; nel caso in cui, invece, sia il Consiglio di Sicurezza a richiederne l’intervento non si prevede alcuna limitazione alla giurisdizione della Corte, che è dunque applicabile a qualsiasi Stato membro dello Statuto di Roma.

In conclusione, il risultato finale è il frutto di un lungo processo decisionale durato esattamente 20 anni. Come delineato, esso è anche un compromesso di interessi, ma, in ogni caso, comporta una importante presa di posizione. La necessità di rendere perseguibile un crimine che ha caratterizzato moltissimi eventi tragici degli ultimi decenni, i quali spesso non sono stati puniti in quanto non potevano essere considerati crimini di guerra, crimini contro l’umanità, o genocidi, rappresenta una fondamentale implementazione della giustizia internazionale.

 

 

Fonti e approfondimenti

Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, 17 luglio 1998

Risoluzione della Conferenza di Revisione, tenutati il 11 giugno 2011 a Kampala, RC/Res. 6 sul crimine di aggressione: https://treaties.un.org/doc/source/docs/RC-Res.6-ENG.pdf

Crime of Aggression, Coalition for the International Criminal Court: http://www.coalitionfortheicc.org/explore/icc-crimes/crime-aggression

Pividori, Crimine di aggressione, Centro di Ateneo per i diritti umani “Antonio Papisca”, 13/02/2018, available at http://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Crimine-di-aggressione/329

ICC Press Release, Assembly activates Court’s jurisdiction over crime of aggression, 15/12/2017,
https://www.icc-cpi.int/Pages/item.aspx?name=pr1350

 

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