L’Iniziativa dei Tre Mari: tra gas e politica

L'Iniziativa dei Tre Mari per l'integrazione energetica in Europa Centro-Orientale
@ Marco Haller, Pixabay.com (Pixabay License)

Proposta per la prima volta nel 2015 dalla presidente croata Grabar-Kitarovic e da quello polacco Duda, l’Iniziativa dei Tre Mari (I3M, nota anche come Trimarium) ha lo scopo di coordinare gli sforzi in materia di energia, infrastrutture e digitalizzazione di dodici Stati membri dell’UE nell’Europa Centro-orientale. Il nome deriva dall’area geografica in considerazione, racchiusa tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Adriatico, e ha un precedente storico in un progetto geopolitico polacco chiamato Intermarium. Tale idea risaliva al periodo tra le due guerre mondiali e prevedeva un’alleanza in grado di contrastare Russia e Germania.

Alle origini del progetto: emancipazione politica ed energetica

L’obiettivo del primo summit, tenutosi a Dubrovnik nel 2016, era approfondire l’integrazione dell’intera zona, emancipandola tanto dalla dipendenza dal gas russo quanto dalla “Vecchia Europa”, la cui logica est-ovest ne caratterizza da sempre i progetti energetici e infrastrutturali. In molti ritenevano che l’asse nord-sud fosse fondamentale per permettere un vero dialogo costruttivo e un’efficace cooperazione economico-energetica. Oltretutto, una maggiore sintonia in materia aveva il potenziale di diversificare almeno in parte le fonti di approvvigionamento energetico tra i Paesi aderenti, tutti dipendenti da Mosca e, non casualmente, tutti ex satelliti sovietici – con l’eccezione dell’Austria.

Il progetto originale incarnava la spinta anti-europeista insita nel governo PiS polacco, promotore principale dell’Iniziativa. Le sue velleità di egemone regionale prevedevano un’alleanza con Trump, presente sin dal primo summit in Croazia, in modo che la Polonia potesse diventare un centro di esportazione di gas statunitense nella zona. Nel corso del tempo la situazione è parzialmente cambiata. Diversi Stati facenti parte dell’I3M sono infatti molto più in linea con Bruxelles di quanto non vorrebbe Varsavia.

Ciò è stato reso chiaro ad esempio dalla Romania, che in occasione del Summit di Bucarest del 2018 ha invitato, tra gli altri, il presidente della Commissione europea Juncker e l’allora ministro degli Esteri tedesco Maas. Pertanto, l’UE ha gradualmente cambiato il proprio atteggiamento nei confronti dell’Iniziativa: inizialmente guardinga a causa della possibilità che Washington ne potesse minare l’autorità nella zona, ha ormai del tutto abbracciato il progetto, in larga parte finanziato dai Fondi di Investimento Strutturale Europei.

L’asse nord-sud e il “Three Seas Business Forum”

La necessità di creare una connessione lungo l’asse nord-sud è evidenziata dai due mega-progetti collegati all’iniziativa. Il primo è rappresentato da un’autostrada, denominata “Via Carpatia“, che collegherebbe la città lituana di Klaipeda con Tessalonica, in Grecia. Il secondo, più rilevante dal punto di vista energetico, prevede la creazione di due terminal adibiti alla ricezione di gas naturale liquefatto (LNG) statunitense, in Polonia e in Croazia, collegati da un gasdotto.
A questi progetti principali se ne affiancano altri minori, come il Corridoio Baltico-Adriatico, l’autostrada “Via Baltica” e la linea ferroviaria “Rail Baltica”. In totale, al Summit di Bucarest sono stati approvati quarantotto diversi progetti. Ciò creerebbe un’estesa rete di collegamento tra il Baltico e l’Adriatico, in modo da aumentare l’indipendenza energetica della zona, nonché il suo potere negoziale in diversi forum multilaterali, primi tra tutti la Nato e l’Unione europea stessa.

Oltre ai due grandi progetti infrastrutturali, l’Iniziativa prevede un “business forum” con lo scopo di facilitare il dialogo tra le numerose compagnie pubbliche e private coinvolte. Molto recentemente, inoltre, l’Iniziativa si è dotata di un proprio fondo di investimento, per il momento siglato da banche polacche e romene e aperto alla partecipazione di altri soggetti interessati. Scopo del fondo è quello di integrare i Fondi Strutturali Europei, grazie alla promessa, da parte delle banche coinvolte, di investire una somma che per il momento si aggira attorno al mezzo miliardo di euro.

Una complessa partita politica

Sulla carta, i dodici Paesi coinvolti vedrebbero la propria influenza in Europa e in Occidente aumentare, se riuscissero a perseguire i propri obiettivi in modo coerente e coordinato. Ad esempio, potrebbero contrastare l’egemonia russa in campo energetico, opponendosi al Nord Stream 2. Inoltre, potrebbero continuare a coinvolgere il Regno Unito, storico alleato dei Paesi orientali a Bruxelles, per bilanciare una Germania che dopo Brexit si ritroverebbe ancora più influente. Infine, una più intensa cooperazione in ambito infrastrutturale ed energetico potrebbe sfociare in floridi dibattiti in materia di sicurezza, data la comune percezione delle minacce.

Tutto ciò è almeno in parte compromesso dal ruolo della Polonia. Principale promotrice dell’Iniziativa, è anche uno dei membri più controversi a causa delle sue posizioni in materia di migranti e di democrazia liberale. Inoltre, non è un mistero che la I3M rappresenti, agli occhi di Varsavia e del suo governo ultraconservatore PiS, uno strumento per rafforzare la sua egemonia regionale, in opposizione a Germania e Russia. Una strategia molto diversa da quella perseguita dal governo precedente, guidato dall’attuale presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Quest’ultimo ha sempre favorito la cooperazione multilaterale all’interno del contesto dell’UE, optando per una profonda cooperazione energetica tra Polonia, Germania e Francia – il cosiddetto “Triangolo di Weimar”.

Pertanto, la Polonia ha cercato il supporto degli Stati Uniti, nella figura di Donald Trump, per contrastare la dominazione russa in materia energetica e per estromettere, almeno in parte, le élites liberali di Bruxelles. Ciò ha causato la creazione di almeno due fronti all’interno dei partecipanti all’iniziativa: da un lato il gruppo Visegrád, controllato in questo caso da Varsavia, e dall’altro un gruppo informale che comprende almeno Austria, Romania e alcuni degli elementi più moderati di Visegrád come la Repubblica Ceca. Inoltre, l’Ungheria non sembra apprezzare l’aperta ostilità di Varsavia nei confronti della Russia, considerata un punto di riferimento e un partner strategico.

Il ruolo di altre iniziative

Come accennato, la perdita della componente ideologico-egemonica dietro al progetto, portata avanti dalla Polonia, ha spinto l’Unione europea ad abbandonare il suo iniziale scetticismo e ad appoggiare in toto la I3M. Allo stesso tempo, diverse visioni su come affrontare il problema energetico hanno il potenziale di indebolire la portata dell’Iniziativa.

Sebbene in misura minore, permane la presenza di due assi contrapposti in materia: uno polacco-statunitense, interessato a favorire Washington a discapito di Mosca, e un altro che comprende la maggior parte degli Stati dell’Unione. Questi ultimi, nonostante gli svariati tentativi di diversificare i propri approvvigionamenti energetici – tramite ad esempio il corridoio meridionalerimangono più legati alle scorte di gas russo. Pertanto, rimangono riluttanti a irritare eccessivamente Mosca, soprattutto se l’alternativa è rappresentata dai costosi e rischiosi progetti per acquistare LNG statunitense.

Inoltre, le opportunità rappresentate dall’Oriente rischiano di mettere in secondo piano l’Iniziativa dei Tre Mari. Nello specifico, l’immensa iniziativa cinese One Belt, One Road e la possibilità di parteciparvi hanno messo in luce i limiti di Trimarium. Una fiorente cooperazione tra Pechino e sedici Paesi dell’Europa Centro-orientale continua, infatti, da diversi anni. Mentre la prima vede la zona come un ponte d’accesso verso l’Europa, i secondi sono attratti dai continui investimenti cinesi in materia infrastrutturale e dalla possibilità di accedere al mercato energetico asiatico. Esternazioni di preoccupazione europee non si sono fatte attendere, ma all’atto pratico poco è stato fatto per contrastare la perdita di fiducia che l’intera zona, e specialmente i Balcani Occidentali, nutrono nei confronti dell’Unione.

Appare certo che l’Iniziativa dei Tre Mari, per quanto ambiziosa e con il potenziale di ridurre parzialmente l’egemonia russa in campo energetico in Europa, è compromessa dai disaccordi interni e dalla persistente presenza di considerazioni geopolitiche da parte dei vari attori coinvolti. L’Unione europea ha il compito di sfruttare la spinta pro-Bruxelles espressa da diversi Paesi membri dell’Iniziativa, e sfruttarne il potenziale per favorire una proficua integrazione nella zona.

Fonti e approfondimenti

Engdahl, William, The Geopolitics of Poland’s Three Seas InitiativeNew Eastern Outlook, 06/12/2017.

Michel, Toni, The Three-Seas-Initiative: Problems, Potential and Prospects for Ukraine, Maidan of Foreign Affairs, 15/03/2019.

Muzzillo, Carolina, Tre Mari, l’iniziativa energetica per liberarsi da Mosca e Berlino, East Journal, 08/10/2018.

Patricolo, Claudia, Polish and Romanian banks establish Three Seas investment fund, Emerging Europe, 11/06/2019.

Wemer, David, The Three Seas Initiative ExplainedAtlantic Council, 11/02/2019.

Be the first to comment on "L’Iniziativa dei Tre Mari: tra gas e politica"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*