Il gasdotto East Med: tra ambizione e realtà

pipeline
@GerdFahrenhorst, Wikimedia Commons (CC-BY 4.0)

Il gasdotto East Med – East Mediterranean pipeline – fa parte della strategia europea per diversificare i propri approvvigionamenti di gas naturale. Il progetto prevede la stretta collaborazione tra Italia, Grecia, Cipro e Israele, che nel corso degli anni hanno siglato diversi accordi e memorandum. Oltre a ridurre la dipendenza europea dal gas russo, l’East Med rinforzerebbe un’alleanza regionale interessata a contrastare la Turchia e i Paesi arabi, storici esportatori di gas e petrolio.

Alle origini del progetto: tra commercio e politica

I principali promotori dell’idea, Cipro e Israele, hanno intenzione di sfruttare al meglio le proprie riserve di gas naturali, nel bacino del Levantino. L’enorme mercato europeo rappresenta un’opportunità importante per smaltire la produzione della zona e per garantire notevoli profitti. Dal punto di vista economico, dunque, la ratio del progetto risulta quella di esportare tale gas, fornendogli una via d’uscita dalla regione verso il Mercato Unico Europeo. Dall’altro lato vi è un’Unione europea sempre più intenzionata a ridurre la propria dipendenza da fonti energetiche russe, che rende poco credibile il regime di sanzioni imposto su Mosca a seguito degli eventi in Ucraina. La diversificazione delle fonti energetiche garantirebbe all’Europa più potere contrattuale, permettendole di abbassare i prezzi medi con conseguenti guadagni economici. Inoltre, l’Unione deve compensare la riduzione nella produzione di gas nel Mare del Nord, uno dei bacini più importanti nel continente.

Dal punto di vista più strettamente politico, l’East Med rappresenta il fulcro di una nuova alleanza regionale, composta da Israele, Cipro e Grecia. I tre Stati portano avanti da anni una stretta cooperazione in svariati settori, da quello economico a quello politico, fino a quello militare, nel tentativo di affrontare l’instabilità regionale e ridurre l’influenza degli attori più aggressivi. Tra questi figura specialmente la Turchia. Le tensioni con Cipro sono evidenti: Nicosia è l’ultima capitale divisa d’Europa, contesa tra la Repubblica Turca del Cipro del Nord e Cipro, dalla popolazione di etnia greca. Israele, un tempo alleato di Ankara, ha visto quest’ultima supportare sempre più decisamente Hamas, la frangia più potente dei movimenti per la liberazione della Palestina. I rapporti tra i due Stati si sono dunque deteriorati nel tempo.

Il collante fondamentale per tale alleanza regionale risultano essere gli Stati Uniti. Questi hanno esplicitamente fornito il proprio supporto all’iniziativa, per almeno due ordini di ragioni. Da un lato, Washington ha interesse affinché i propri alleati europei riducano la propria dipendenza da Mosca. Dall’altro, la collaborazione tra Nicosia, Atene e Israele è vista nell’ottica della stabilizzazione democratica di una regione ancora afflitta da guerre e controllata in larga parte da regimi autoritari.

Un progetto ambizioso ma complicato

La prima proposta di creare un collegamento tra le riserve levantine e la Grecia – e l’Unione europea – risale al 2012. Dopo alcuni anni di stallo, diversi passi avanti sono stati compiuti nel 2017 e 2018. I quattro Stati coinvolti hanno siglato una dichiarazione congiunta a Tel Aviv, reiterando il proprio impegno riguardo East Med. Nel 2019, solo l’Italia non ha siglato il cosiddetto ‘Triangolo Energetico’, volto a ottenere il supporto statunitense.

Il progetto nella sua interezza si divide in tre parti. La prima è il vero e proprio East Med e consiste in un gasdotto sottomarino che, partendo dal bacino del Levantino, passerebbe da Creta per poi giungere alla Grecia continentale. Questo gasdotto sarebbe unico nel suo genere, per profondità e lunghezza: caratteristiche che hanno attirato diverse critiche date le difficoltà tecniche e i costi implicati. Una volta giunto in Grecia, East Med si dividerebbe in due parti. Una, chiamata Poseidon, creerebbe il collegamento con l’Italia, giungendo a Otranto attraverso l’Adriatico. L’altra, che prende il nome di IGB, risalirebbe i Balcani giungendo fino in Bulgaria.

Sempre nell’ottica della diversificazione energetica, l’Unione ha inserito il progetto tra quelli di Comune Interesse Europeo, spingendo per la creazione di una nuova via per rifornire l’Europa del prezioso gas naturale. Per lo stesso motivo, si stima che fondi europei potrebbero coprire fino a 2 miliardi di euro, circa un terzo del costo totale. Tali costi, come vedremo, sono piuttosto elevati, ed esistono dubbi concreti riguardo l’effettiva nascita dell’East Med.

Gli ostacoli principali

Infatti, nonostante l’indubbio valore economico che l’East Med avrebbe per tutti gli attori coinvolti, sono state individuate alcune criticità che potrebbero scoraggiare potenziali investitori. La prima riguarda le evidenti difficoltà tecniche legate alla scala e all’ambizione del progetto. Uno studio proposto dalla IGI Poseidon – la joint venture italo-greca a capo dei lavori – e co-finanziato da fondi europei ha evidenziato la fattibilità economica e tecnica dell’East Med, ma diverse voci sostengono che l’utilità del gasdotto non giustificherebbe i 6-7 miliardi di euro necessari per completarlo.

Queste critiche sono ulteriormente rafforzate da motivazioni commerciali ed energetiche. Come accennato, Cipro e Israele vedono il mercato europeo come un modo efficace e redditizio di esportare il surplus energetico derivante dal bacino levantino. Da qui, la necessità di costruire un gasdotto sottomarino, per evitare di passare dall’ostile Turchia – percorsa tra l’altro dal progetto alternativo del corridoio meridionale. Nel momento in cui la domanda europea non dovesse essere abbastanza elevata, o Israele e Cipro fossero in grado di smaltire il proprio surplus in altri modi, cadrebbe uno dei presupposti fondamentali per l’esistenza stessa dell’East Med. Al momento non è possibile affermare con certezza che l’East Med sarebbe dunque di vitale importanza. Infatti, la domanda energetica di Italia, Grecia e Bulgaria si è dimostrata altalenante ed esiste la possibilità concreta, per i due Paesi produttori, di vendere il proprio gas in Medio Oriente, Egitto e Giordania.

Al riguardo, c’è da sottolineare come l’area sia ben fornita da un punto di vista infrastrutturale. Oltre al già citato corridoio meridionale, rifornito dall’immenso giacimento azero Shah Deniz, il TurkStream collega le riserve russe alla Turchia fino all’Europa. Metodi alternativi e già esistenti come gli impianti per il gas naturale liquefatto (LNG) egiziani potrebbero essere preferibili, e un loro utilizzo comune sarebbe più semplice ed economico. Le probabilità che l’East Med possa divenire realtà sono legate quindi a un potenziale declino di queste alternative. Altrimenti, gli elevati costi di produzione potrebbero affossare il progetto.

A queste difficoltà tecnico-economiche se ne aggiungono altre, di natura più strettamente politica. La prima riguarda la già citata questione turca: Erdogan si è esposto impedendo a Cipro di esplorare e sfruttare nuovi bacini nel levantino, sostenendo che l’intera area apparterrebbe alla Turchia – o quantomeno ai ciprioti turchi. Ciò si è concretizzato in un effettivo blocco navale turco nei confronti dei ciprioti greci.

Più a est, l’annosa questione israelo-palestinese continua a complicare la geopolitica locale, con conseguenze anche per l’East Med. Il movimento sciita di Hezbollah, emerso in Libano negli anni 80 con il preciso scopo di contrastare Israele, continua ad essere un cliente pericoloso per lo Stato ebraico. Esso possiede infatti un vasto arsenale bellico, che potrebbe rivolgere contro i giacimenti israeliani se il conflitto tra i due attori dovesse arroventarsi nuovamente. Un’eventualità, questa, che comprometterebbe l’intero progetto.

Un ultimo ostacolo va cercato non in Medio Oriente, ma in Italia stessa. Lo scorso maggio, infatti, il premier Giuseppe Conte si è apertamente schierato contro la costruzione del tratto Poseidon, di collegamento tra la Grecia e la Puglia. Conte ha offerto una minima apertura, dicendo che il problema potrebbe essere risolto collegando Poseidon alla TAP – Trans-Adriatic Pipeline – ovvero la parte finale del corridoio meridionale. Ad ogni modo, la mancata cooperazione italiana potrebbe avere gravi conseguenze sul futuro del progetto, data la mancanza del principale attore economico coinvolto.

Fonti e approfondimenti

Friedman, Ezra, The EastMed Pipeline Project in Perspective, Global Risk Insights, 06/01/2019

Weise, Zia, Med natural gas find brings conflict dividends, Politico.eu, 03/06/2018

Tagliapietra, Simone, Is the EastMed gas pipeline just another EU pipe dream?, Bruegel, 10/05/2017

Tsafos, Nikos, Can the East Med Pipeline Work?, Center for Strategic & International Studies, 22/01/2019

Rettman, Andrew, EU states and Israel sign gas pipeline deal, Eu Observer, 06/12/2017

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