La Guinea ribolle in vista delle elezioni legislative, che sono state spostate dal 16 febbraio al 1 marzo e si terranno in concomitanza con il referendum costituzionale indetto da Alpha Condé, il presidente uscente. Questa decisione è stata seguita da violenti scontri e proteste di piazza, che non lasciano spazio al regolare svolgimento delle elezioni. La situazione è molto tesa, confusionaria come spesso succede in Africa occidentale, ma cercheremo di fare chiarezza sulle ombre di queste elezioni, con referendum annesso.
Il sistema politico della Guinea
Per più di 25 anni sotto la presidenza di Sékou Touré, la Guinea fu uno Stato monopartitico governato dal Partito democratico della Guinea (PDG). Nel 1991 una nuova costituzione mise le basi per la costruzione del sistema politico oggi vigente. Due anni dopo si svolsero in Guinea le prime elezioni multipartitiche.
Alla morte di Conté (presidente dal 1984), avvenuta il 22 dicembre 2008, seguì un periodo di governo militare, che sospese la costituzione e sciolse l’Assemblea Nazionale. Venne istituito un organo di transizione, il Conseil National pour la Démocratie et le Développement (CNDD), composto da 32 membri, il quale, guidato da un primo ministro civile, supportava il presidente nel governo del Paese.
Il Conseil National de Transition (CNT), organo di tipo legislativo, venne costituito nel febbraio 2010 e uno dei sui compiti era quello di redigere una nuova costituzione, promulgata nel maggio 2010.
Secondo la costituzione del 2010, la Guinea è una Repubblica presidenziale. Il presidente è eletto a suffragio universale per un massimo di due mandati quinquennali con un sistema a due turni, sullo stampo di quello francese. Quindi, se nessuno dei candidati ottiene più del 50% dei voti, i primi due classificati si sfidano in un testa a testa.
Il primo ministro, a capo del governo, è nominato dal presidente. All’Assemblea nazionale, unicamerale, siedono 114 membri eletti a suffragio universale per un numero illimitato di mandati quinquennali con un sistema misto: 76 deputati vengono scelti con un sistema proporzionale in base ad una lista unica nazionale, i restanti 38 in collegi uninominali con sistema del first-past-the-post.
Le elezioni rimandate e il referendum inaspettato
Con la costituzione del 1991, e poi del 2010, la Guinea ha introdotto un sistema democratico e multipartitico almeno sulla carta, attraverso tutti gli attori politici che hanno influenzato la storia della giovane democrazia. I principali partiti politici sono il Rassemblement du Peuple de Guineè (RPG) al potere e la coalizione Union des Force Democratiques de Guineè (UFDG)- Union des Force Republicain (UFR) dell’opposizione.
Sebbene a partire dagli anni ’90 si siano tenute elezioni pluripartitiche, la Guinea non ha stabilito un modello di trasferimento pacifico del potere democratico tra i partiti rivali. Prima di diventare presidente, Condé era un leader dell’opposizione sotto la presidenza di Lansana Conté. Tuttavia, invece di sconfiggere un leader in carica, Condé ha vinto le prime elezioni democratiche solo nel 2010 dopo un periodo di governo militare, seguito alla morte di Conté nel 2008.
RPG: il partito del presidente
Tradizionalmente e nella storia della sua evoluzione politica, l’RPG era radicato in una regione – l’Alta Guinea, composta principalmente dall’etnia Malinke, che un tempo era considerata la sua tradizionale roccaforte – e non si preoccupava dell’ampliamento del bacino elettorale.
Inoltre, il partito, come i tradizionali partiti di opposizione, presentava un’apparente unità di azione contro il Partito per l’Unità e il Progresso (PUP), al potere all’epoca, mentre c’era molta sfiducia sulla possibilità di governare.
La nuova strategia si sviluppò attraverso un’alleanza, RPG Rainbow, che ha avuto il merito di risolvere i due punti deboli del partito e portò Condé alla vittoria nelle elezioni presidenziali del 2010.
Dopo la vittoria, l’alleanza nata intorno al neo presidente si è trasformata in un’ “alleanza nazionale per il cambiamento” con la conferma e l’affermazione del nome “Rainbow RPG”. L’idea di federare i partiti politici nel secondo turno delle elezioni presidenziali del 2010 è stata un’ingegneria politica per stabilizzare la presa elettorale del RPG. Il raggiungimento di tale obbiettivo è stato confermato dal risultato ottenuto nel concorso per le elezioni legislative del 2013.
La nuova situazione politica ha influenzato e cambiato notevolmente la scena politica guineana. Questa ristrutturazione politica e istituzionale non è stata, infatti, priva di conseguenze per alcuni dei partiti alleati dell’RPG durante le elezioni presidenziali del 2010, che sono stati colti impreparati e chiamati a scegliere e definire la loro identità o a fondersi definitivamente nella nuova alleanza.
L’RPG si è sviluppato, è cresciuto insieme alla democrazia guineana. Il Rainbow RPG, ha subito una vera e propria mutazione e la sua base elettorale è cambiata e si è estesa oltre la sua tradizionale roccaforte.
L’opposizione
L’RPG, dunque, è al governo da 10 anni e potrebbe prolungare il mandato per altri cinque. I due principali partiti dell’opposizione stanno guidando la resistenza a questa possibilità. L’UFDG e l’UFR trainano la coalizione del Fronte nazionale per la difesa della Costituzione (FNDC), comporto dai partiti dell’opposizione e da gruppi della società civile, che ha organizzato grandi proteste sin dalla sua formazione nell’aprile 2019.
Secondo il Fronte, se il governo dovesse decidere di procedere con le elezioni, si rischierebbe di intensificare le proteste e di produrre un’Assemblea nazionale priva della legittimazione di buona parte della popolazione. I livelli di disordini civili rischierebbero di rimanere molto alti, con regolari manifestazioni e scioperi.
Conakry sopporta il peso delle manifestazioni, che causano persistenti ritardi nel trasporto delle merci dirette al porto della città, soprattutto di bauxite, il minerale di alluminio di cui la Guinea detiene le maggiori riserve mondiali. Il Paese è diventato il principale fornitore di bauxite della Cina .
Nonostante le proteste da parte dell’opposizione e dell’opinione pubblica, Condé per ora resiste. A distanza di anni, la situazione potrebbe riproporsi. Il presidente ha infatti deciso di indire un referendum, il cui testo non è ancora stato reso noto, che si pensa potrebbe essere finalizzato a eliminare il limite di mandati per il presidente. L’eventuale modifica dell’art. 27 permetterebbe quindi a Condé di candidarsi per un terzo mandato alle elezioni previste il prossimo dicembre. La tecnica di modificare la costituzione al termine del proprio incarico è uno strumento spesso usato in Africa dai presidenti uscenti per continuare a reggere il potere.
La situazione è dunque molto incerta. La scelta di Condé di indire il referendum lo stesso giorno delle legislative potrebbe essere stata pensata per invogliare i cittadini a recarsi alle urne, quindi una decisione prettamente politica. Condé potrebbe sperare in una modifica della costituzione per legalizzare la sua terza candidatura, consapevole che dai risultati delle elezioni parlamentari si capirà se l’RGP avrà mantenuto o meno i numeri per la maggioranza politica.
D’altra parte, la decisione di aggiungere un referendum così importante nello stesso giorno dell’elezione della National Assembly potrebbe essere controproducente, portando gli elettori a votare contro l’RGP.
Fonti e approfondimenti
Al Jazeera, Guinea protests anti government demonstrations continue, January 30, 2020
BBC, Guinea sets date for controversial referendum, February 5, 2020
Costitution de la Republique de Guineè
Freedom House, Report Guinea 2019