Luiz Inácio Lula Da Silva è tornato prepotentemente tra i protagonisti dello scenario politico latinoamericano, almeno per il momento. L’ex presidente del Brasile, dal 2003 al 2011, amato per aver “salvato” milioni di persone dalla povertà, ma allo stesso tempo ripudiato per gli scandali di corruzione, è stato scarcerato a novembre dopo oltre un anno di reclusione. Era stato condannato dal giudice Sergio Moro in primo grado a 9 anni e 6 mesi con l’accusa di aver accettato dalla ditta di costruzione OAS un attico di tre piani a Guaruja in cambio della concessione di appalti pubblici al gigante energetico Petrobras. In seguito, la sentenza venne ratificata in secondo grado e aumentata a 12 anni di reclusione. Il caso rappresenta una delle tante sottotrame dello scandalo continentale di tangenti conosciuto come Lava Jato.
La seconda condanna e il ruolo di Moro
La vicenda Lula trasformò Moro in un paladino della lotta alla corruzione e la sua fama lo portò a essere scelto dal presidente Bolsonaro como ministro della Giustizia. Lula fu inoltre condannato per un altro caso molto simile, in cui lo si accusò di aver beneficiato di un appartamento ad Atibaia dal valore di 270.000 dollari offerto dalla holding Odebrecht. La pena è aumentata da 12 a 17 anni in secondo grado, qualche giorno dopo la scarcerazione.
Il fatto che adesso Lula sia libero non significa che sia stata dichiarato innocente. Attualmente, il leader del Partito dei Lavoratori (PT), da lui fondato 40 anni fa, deve fronteggiare un totale di 10 carichi pendenti. Nei due già citati risulta ancora colpevole, ma il Tribunale Supremo, con un colpo di scena, ha deciso che la pena deve essere scontata a conclusione di ogni ricorso possibile, per tutti i gradi di giudizio. Un cambio che contraddice i dettami precedenti, secondo cui l’incarcerazione avveniva a partire dalla sentenza di secondo grado.
Durante l’anno di governo Bolsonaro, i seguaci di Lula hanno gridato al complotto e accusato l’ex giudice Moro di mancata imparzialità. Al momento della condanna, infatti, il guerreiro do povo brasileiro era in testa nei sondaggi e si preparava a confermare la sua candidatura per le presidenziali del 2018. La decisione del ministro più apprezzato del gabinetto del neopresidente gli rese impossibile candidarsi. In questo modo Bolsonaro poté raggiungere il potere più facilmente battendo al ballottaggio Fernando Haddad, il candidato che Lula scelse dal carcere.
Il caso Greenwald
È proprio il comportamento di Moro la chiave delle speranze dell’opposizione. Lula spera che il Tribunale Supremo possa graziarlo in quella che considera una caccia alle streghe. E dalla sua parte ha le prove che gli ha fornito Glenn Greenwald, giornalista cofondatore di The Intercept che vive in Brasile da anni con suo marito, il deputato David Miranda.
La sede brasiliana di The Intercept affermò di aver ricevuto dei leak da una fonte anonima con alcuni dati provenienti dal cellulare di Moro che dimostrerebbero il suo ruolo determinante nell’orientamento del processo contro Lula. Nelle conversazioni, l’allora giudice avrebbe sottolineato la necessità di impedire la candidatura dell’ex presidente e indicato ai suoi colleghi una pista da seguire.
In seguito alle rivelazioni, a gennaio di quest’anno la magistratura brasiliana ha denunciato Greenwald per aver “aiutato, incentivato e orientato” un gruppo di hacker. Un giudice federale ha scagionato il giornalista che si è appellato al diritto costituzionale sulla protezione delle fonti. Tuttavia, lo stesso giudice e il magistrato Wellington Oliveira hanno confermato l’esistenza di prove che indicherebbero una condotta delinquenziale di Greenwald per aver istigato gli hacker a commettere i delitti citati e a cancellare successivamente le conversazioni. Il cofondatore di The Intercept ha espresso in un video la sua soddisfazione per la sentenza, ma ha promesso al contempo di far ricorso al Supremo in quanto vede la denuncia come un attacco alla libertà di stampa.
In conclusione, Lula deve sperare che queste rivelazioni vengano prese in considerazione nella decisione finale della Corte Suprema. Bisogna però ricordare che, anche se dovesse essere scagionato dalle accuse per cui è stato condannato, restano da esaminare gli altri carichi pendenti, che elenchiamo di seguito:
- Nomina come ministro della Casa Civile: nel 2017 fu presentata una denuncia contro Lula e Dilma Rousseff, erede del leader del PT al governo dal 2011 al 2016, per ostruzione alla giustizia in seguito alla nomina dell’ex presidente come ministro della Casa Civile. Secondo il giudice Janot la decisione fu presa in tempi record per offrire a Lula l’immunità parlamentare.
- Prestiti della Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) all’Angola: Lula è accusato di corruzione, riciclaggio e traffico di influenze per aver obbligato il BNDES a concedere prestiti per opere di Odebrecht in Angola tra il 2008 e il 2015, ricevendo come tangente 9,4 milioni di dollari.
- Terreno per l’Istituto Lula: l’ex presidente è accusato di aver negoziato con Odebrecht una tangente di 2,9 milioni di dollari per acquisire un lotto a San Paolo dove avrebbe programmato di costruire l’Istituto Lula. Nella stessa causa si afferma che gli fu donato dalla holding anche un appartamento accanto a una sua ex casa.
- Acquisto di aerei di combattimento: la denuncia parla di traffico di influenze, riciclaggio e organizzazione a delinquere per l’acquisto da parte del governo di Rousseff di 36 caccia Gripen dalla Saab, ditta svedese. L’accusa sostiene che Lula abbia ricevuto 540.000 dollari tramite un’impresa di suo figlio.
- Benefici fiscali a fabbricanti di automobili: nel 2009 Lula avrebbe esteso gli incentivi fiscali per i fabbricanti di veicoli in cambio di una tangente di 1,4 milioni di dollari.
- Associazione a delinquere del PT: Il Ministero Pubblico Federale ha denunciato Lula, Rousseff, due ex ministri dell’Economia e l’ex tesoriere del PT per associazione a delinquere. Secondo il ministero, avrebbero ricevuto tangenti per 355 milioni di dollari.
- Guinea Equatoriale e l’Istituto Lula: si sostiene che l’ex presidente abbia ricevuto una tangente di 240.000 dollari come donazione all’Istituto Lula da imprenditori brasiliani a cambio di alcune negoziazioni con il presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang.
- Tangente di Odebrecht: lo si accusa di aver ricevuto una tangente da parte di Odebrecht in cambio di un trattamento preferenziale da parte del suo governo.
Lula contro Bolsonaro
Lula ha costantemente ripetuto di non avere intenzione di abbandonare la politica. Oggi ha 74 anni, ha superato un cancro, 580 giorni di prigione e sta per sposarsi. Per le classi meno abbienti è un eroe. Settimo figlio di una coppia di agricoltori analfabeti, diventò leader sindacalista nel settore metallurgico e come presidente della Repubblica, anche grazie al boom delle materie prime, trasformò il Brasile in una potenza mondiale. Durante la prigionia, il culto del presidente si manifestò nelle persone che ogni giorno si accampavano di fronte al carcere di Curitiba.
Quando finalmente è stato liberato, la sua attività di oppositore fervente a Bolsonaro è cominciata immediatamente. Il primo obiettivo riguarda le elezioni municipali di quest’anno, una sorta di anticipazione delle presidenziali del 2022. Nonostante il PT rappresenti il gruppo parlamentare più cospicuo del congresso, il 10% del totale, Lula è consapevole che “un solo partito non può salvare il Paese dalla distruzione”. Per questo motivo si attende di vedere se il PT manterrà un discorso di sinistra o se si sposterà verso il centro. Tutto sembra indicare che la dura critica anti-Bolsonaro confermerà un progetto progressista da portare avanti con il Partito Comunista e il Partito Socialismo e Libertà, di cui faceva parte la deputata assassinata Marielle Franco.
Quando si svolgeranno le elezioni per le prossime presidenziali Lula avrà 77 anni. Per il momento non si è ancora sbilanciato sulla possibilità di una sua nuova candidatura, nonostante ciò che ha detto durante il congresso nazionale del PT: “Ho 70 anni di esperienza, 30 di energia e 20 di impegno”. Nel frattempo, Bolsonaro ha fondato un nuovo partito, Alleanza per il Brasile, improntato sugli argomenti dell’estrema destra ma più personalista, la cui proiezione resta ancora incerta.
Carol Pires, giornalista del New York Times, sostiene che durante la prigionia di Lula il PT si sia allontanano dai grandi dibattiti nazionali e che l’opposizione più efficace sia stata rappresentata, paradossalmente, “dalle divergenze del bolsonarismo”. La liberazione dell’ex presidente gli permette di riportare il partito al centro dell’attenzione come contrappeso di Bolsonaro, nonostante evidenzi le difficoltà “nel ricambio generazionale del centro-sinistra e della sinistra brasiliana”.
La percentuale di popolarità di Bolsonaro è una delle più basse tra i presidenti nel loro primo anno di gestione: 32%. Tuttavia, parte della popolazione vede nella liberazione di Lula la conferma della storica tendenza all’impunità in Brasile e la sconfitta della lotta alla corruzione. L’ex presidente uscì già indenne dallo scandalo del mensalão del 2005, in cui il il suo governo offrì un compenso mensile ad alcuni deputati per l’approvazione di alcune leggi. Il caso non gli impedì di essere rieletto per la seconda volta. Per il momento, Lula risulta ancora incandidabile, ma il peso che continua ad avere nel dibattito politico nazionale resta indubbio.
Fonti e approfondimenti
Lo Spiegone, “Il Brasile del Lava Jato, la storia e le conseguenze”, 21/07/19
Lo Spiegone, “Lula in carcere: le presidenziali del Brasile sono appese a un filo”, 19/04/18
The New York Times, “Glenn Greenwald Charged With Cybercrimes in Brazil”,
The New York Times, “Lula está libre, ¿ahora qué sigue?”, 11/11/19
El País, “El expresidente de Brasil Lula da Silva sale de prisión”, 9/11/19
El País, “Lula busca su sitio en la política brasileña”, 7/02/20