Il 2 ottobre si terranno le elezioni generali in Brasile per il rinnovo del presidente e parte del Congresso. L’attuale mandatario Jair Bolsonaro e il socialista Luiz Inácio Lula da Silva (già presidente per due mandati tra il 2003 e il 2011) sono considerati i due principali contendenti, nonostante la rosa di 11 nomi presente sulla scheda elettorale.
In un clima di forte tensione, spesso sfociata in episodi di violenza e prevaricazione, il Brasile dovrà sbilanciarsi tra due visioni dell’economia e dei diritti sociali e civili agli antipodi. Così come agli antipodi sono le personalità dei due indiscussi leader.
La campagna elettorale e il clima in Brasile
Il Paese giunge a queste elezioni in un clima estremamente polarizzato. Nel renderlo tale ha sicuramente influito il forte carisma di entrambi i leader, che con strategie diverse hanno puntato sul loro forte ascendente per innescare la reazione popolare.
Lula si è affidato a una tattica che per due legislature lo ha portato alla vittoria, mobilitando tutte le realtà associative, i sindacati e i movimenti sociali che lo sostengono.
Bolsonaro, debole del favore popolare, specialmente nelle città, si è affidato a metodi più diretti. Ogni evento pubblico a sua disposizione si è trasformato in un’occasione per affondare fendenti contro il suo avversario. Non si è risparmiato nemmeno durante il discorso alla settantasettesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tenutasi lo scorso 20 settembre, o quando è stato invitato ai funerali della regina Elisabetta II.
Tra i temi più usati dal presidente uscente ci sono la contrapposizione tra il suo credo cristiano e il ritorno del comunismo in Brasile e la sua lotta contro la corruzione sistemica nel Paese. In occasione di un comizio a Mina Gerais così disse: «Tutte le mattine mi sveglio, mi inginocchio, recito un Padre Nostro e chiedo a Nostro Signore che il popolo brasiliano non senta mai i dolori del comunismo». Non è un caso se, nei manifesti elettorali, abbia proprio scelto come motto il già noto “Dio, patria, famiglia” a cui ha aggiunto, in giallo, “libertà”.
La forte contrapposizione tra i due non ha quindi aiutato a mantenere il clima della campagna elettorale pacifico, anzi. Ultimo caso di violenza (di una lunga serie già documentata anche nel corso del precedente appuntamento elettorale) è stato l’omicidio di un sostenitore di Lula, pugnalato in un bar nello Stato di Paranà.
I programmi elettorali
Sebbene siano le posizione più che mai ideologiche a sostenere le campagne elettorali dei primi due contendenti, è bene anche conoscere nel dettaglio le proposte che le due fazioni offrono agli elettori.
Dal punto di vista economico, l’attuale mandatorio fa leva sullo sviluppo delle infrastrutture, specie nelle zone più interne del Paese, e di dare un forte impulso all’occupazione con il programma “Aiuto Brasile” (Auxílio Brasil). La sua politica, d’impronta neoliberale, tende a dare maggiore libertà all’imprenditoria privata e meno sostegno economico statale.
Lula fa invece affidamento a un programma ben più statalista e assistenzialista, puntando all’aumento del salario minimo e l’ampliamento del programma “Borsa di famiglia” (Bolsa Familia) a favore delle fasce più svantaggiate della popolazione.
Dalla sua, il leader e fondatore del Partito dei lavoratori fa leva sul ricordo della crescita economica vissuta dal Brasile negli anni della sua presidenza, dovuta anche al boom dei prezzi delle commodities (in particolare del petrolio) dei primi 13 anni del secolo. Proprio durante il periodo rampante del lulismo, il Brasile ha consolidato la sua posizione all’interno dei BRICS, ovvero i cinque Paesi con l’economia emergente più promettente al mondo.
Il tema ambientale e il protagonismo dell’Amazzonia
È però il tema ambientale o, per meglio dire, il tema “Amazzonia”, quello su cui c’è maggior attenzione. La foresta è, infatti, elemento protagonista della campagna elettorale, non solo da un punto di vista ambientale quanto anche sociale ed economico.
Dopo questi 4 anni di governo Bolsonaro è chiara la direzione che l’attuale mandatario intende mantenere. Continui incendi e disboscamenti hanno infatti devastato l’Amazzonia. La causa di ciò, senza aver bisogno di usare mezzi termini, è da ricercare in un governo silenzioso nei confronti di chi ha disboscato e bruciato da fuorilegge il polmone verde del mondo.
La sua salvaguardia è tema centrale del programma di Lula. Nel suo programma promette di affrontare la deforestazione e le miniere illegali, continuando l’opera di protezione dell’ecosistema e di chi lo vive, come le tantissime popolazioni indigene che hanno nella foresta la loro casa.
Questa attenzione non ha permesso però al socialista di ottenere il sostegno di buona parte della popolazione rurale. Nelle zone più interne del Paese, difatti, non sono in pochi a pensare che salvare la foresta significhi bloccare l’enorme potenziale economico derivato dallo sfruttamento delle sue risorse naturali.
Bolsonaro, più compiacente nei confronti dell’imprenditoria rurale, ha per questo un bacino elettorale più folto proprio nelle zone interne del Paese. Lula, invece, è molto più sostenuto nelle città e nelle zone costiere.
Le relazioni internazionali
Per quanto riguarda la situazione internazionale del Brasile è Lula ad avere un netto vantaggio.Il leader del Pt sa di avere dalla sua il sostegno di gran parte dei Paesi del continente come Perù, Colombia, Cile e Argentina. Negli ultimi anni, in maniera diversa, tutti questi hanno infatti operato una svolta politica netta (e, in alcuni casi, inaspettata) diretta verso partiti più progressisti e vicini a ideali di sinistra.
Proprio grazie alla vicinanza ideologica con i governi di Petro e Boric, tra gli altri, sono già sorte diverse speculazioni sulla possibilità della riapertura di dialoghi e iniziative per dare un nuovo impulso a un processo di regionalismo fermo da anni (anche a causa della crisi in cui vige ora il Mercosur).
Gli Usa, storicamente ostili nei confronti dei governi progressisti della regione, hanno dato il loro sostegno a Lula. Secondo quanto riportato da Reuters, gli Stati Uniti sarebbero infatti pronti a riconoscere immediatamente il vincitore (nel caso in cui Lula dovesse risultare tale alla conta dei voti del primo turno). La paura, più concreta di quanto possa apparire, è che i sostenitori di Bolsonaro possano intervenire violentemente per contestare i risultati.
Papa Francesco, seppur distante dai riflettori e dalle campagne politiche, è infine un altro attore internazionale sul cui sostegno Lula fa affidamento. Promotore del Sinodo dell’Amazzonia, il gesuita argentino ha da sempre avuto molti elementi in comune con l’operato di Lula, come testimoniano diverse lettere che i due si sono scambiati negli ultimi anni.
Sul tema delle alleanze regionali, le poche considerazioni di Bolsonaro sono state usate principalmente per attaccare il suo oppositore. Accostare Lula a esperienze socialiste della regione come quelle di Nicaragua, Cuba o Venezuela, nell’immaginario del suo elettorato e sulla base della sua narrativa, vorrebbe dire allearsi con regimi dittatoriali che privano il popolo delle libertà individuali e usano i proventi dei narcotrafficanti per i propri scopi elettorali.
Il passato burrascoso di Lula
Il sostegno internazionale di Lula non è però unanime tra i governi e i movimenti più vicini agli ideali politici del suo schieramento. Tra le motivazioni più stringenti hanno di certo pesato alcuni aspetti che riguardano il passato, a dir poco burrascoso, dell’ex presidente.
In Brasile, a vedere i sondaggi, la sua popolarità invece non sembrerebbe affatto scalfita. La narrazione usata da Lula per screditare il procedimento giudiziario sembra aver ottenuto il suo obiettivo.
Poco importa, pare, all’opinione pubblica se l’annullamento dei processi in cui era imputato è stato causato da motivazioni procedurali. Sarebbe a dire che la Corte che lo condannò, come deciso dal giudice del Tribunale Supremo Federale Edson Fachin, “era incompetente”.
Un pronunciamento che ha di fatto pulito Lula di tutte le accuse, rendendolo di nuovo candidabile, ma non ha messo la parola “fine” a una storia a dir poco oscura e che, a questo punto, probabilmente tale resterà.
L’eredità di Bolsonaro
In questa disputa, certo è che l’operato di Bolsonaro in questi quattro anni ha avuto gravi mancanze. Tra queste, è cruciale analizzare come l’ex militare abbia gestito la pandemia da Covid-19.
Tralasciando tutte le uscite infelici che Bolsonaro ha fatto durante questa tragedia, è noto come il Paese abbia vissuto con estrema difficoltà la pandemia. Molte zone si sono trovate per lungo tempo sfornite dei macchinari necessari alle cure e il governo ha agito poco e in ritardo per cercare di contenere gli effetti del virus.
Proprio a causa di quella polarizzazione, e della reticenza del governo ad attuare piani di assistenza statale, ha messo in poco tempo il governo di fronte a un bivio. A quel bivio, piuttosto che bloccare l’economia, il governo Bolsonaro ha preferito l’apertura. L’economia del Paese non ha però continuato a crescere come si sperava mentre, a oggi, a causa del virus si contano in Brasile quasi 686 mila morti.
Anche l’effetto è stato controproducente. Mentre tra i due schieramenti cresceva il distanziamento, Bolsonaro non è stato in grado di catturare parte dell’elettorato lulista, composto in maggior parte dalle fasce meno abbienti della popolazione. Le stesse che, a seguito degli interventi di Lula prima e Rousseff poi, hanno trovato nel Partito dei lavoratori il loro suggello politico.
Inutile aggiungere che le mancate riforme dirette verso un miglioramento dei diritti civili e sociali di donne, comunità Lgbtq+ e minoranze non hanno fatto altro che consolidare le posizioni degli oppositori al governo.
Domenica i seggi daranno il loro responso. Intanto, gli ultimi sondaggi danno Lula vincitore con un distacco a doppia cifra, sempre più crescente e vicino alla soglia del 50%. I sostenitori del guerreiro credono addirittura che potrebbe farcela al primo turno.
Fonti e approfondimenti
Partito dei lavoratori – Sito Ufficiale
Eletta Cucuzza, Lula scrive al papa e confessa il suo timore per un secondo turno elettorale e per una transizione pacifica, Adista.it, 22/09/2022
CIDOB, Luiz Inácio Lula da Silva, cidob.org