L’estate elettorale africana: Senegal, Kenya e Angola

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Urne aperte durante l’estate in Senegal, Kenya e Angola. Tre elezioni differenti, ma tutte cruciali per il futuro politico dei tre Paesi. I primi a votare, il 31 luglio, sono stati i cittadini senegalesi che hanno rinnovato il Parlamento nazionale. Pochi giorni dopo, il 9 agosto, è stata la volta di quelli kenyani che, oltre a scegliere il Parlamento, hanno eletto anche il nuovo presidente. Infine, il 24 agosto, gli elettori angolani si sono recati alle urne per nominare la nuova Assemblea nazionale e, indirettamente, il presidente del Paese. 

Le legislative in Senegal consegnano una maggioranza fragile a Sall  

Per la prima volta dall’indipendenza del Senegal nel 1960, alle legislative del 31 luglio, il partito del presidente ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento (83 seggi) e, per mantenerla, è dovuto ricorrere all’appoggio di una coalizione minoritaria. Che le elezioni fossero combattute e il clima fosse teso era emerso già la sera del voto, quando sia maggioranza che opposizione avevano rivendicato la vittoria. Pochi giorni dopo, Yewwi Askan Wi («Libera il nostro popolo», in wolof), principale coalizione di opposizione, aveva chiesto la sospensione della pubblicazione dei risultati parziali e l’avvio di un’indagine per frodi e irregolarità, senza che, però, la Commissione elettorale accogliesse la richiesta. 

Quindi, in un’Assemblea nazionale da 165 parlamentari, Benno Bokk Yaakaar («Uniti per la stessa speranza»), partito del presidente Macky Sall, ha ottenuto 82 seggi (43 in meno rispetto al 2017), mentre le due principali coalizioni di opposizione, presentatesi unite, Yewwi Askan Wi e Wallu Sénégal («Salva il Senegal»), se ne sono aggiudicate rispettivamente 56 e 24. I tre seggi restanti sono andati a raggruppamenti minori, che sono risultati l’ago della bilancia nella definizione dell’equilibrio tra le forze politiche. Dopo giorni di accordi per delineare i nuovi schieramenti, Sall ha ottenuto l’appoggio di Pape Diop, ex sindaco di Dakar (2002-2009) e unico deputato eletto nelle fila di Bokk Gis Gis Liggeey, raggiungendo gli 83 seggi necessari per la maggioranza assoluta. 

Anche se Yewwi Askan Wi e Wallu Sénégal hanno ampiamente mancato l’obiettivo minimo dichiarato (la conquista di almeno 100 seggi) è innegabile che abbiano tenuto il presidente con il fiato sospeso fino alla decisione di Diop. La “presidenzializzazione” della campagna elettorale da parte dell’opposizione ha reso per molti senegalesi il voto una sorta di referendum su Sall e sulla sua ipotetica decisione di candidarsi per un terzo mandato nel 2024, violando il limite dei due sancito dalla Costituzione. Secondo diversi analisti, la fragilità della nuova maggioranza (tale per appena un seggio) renderà più difficile approvare proposte di legge e modifiche costituzionali senza l’appoggio dell’opposizione. Sarà quindi più complesso introdurre un’eventuale disposizione che permetta ai presidenti di candidarsi per più di due mandati. Tuttavia, ancora due anni separano il Senegal dalle presidenziali del 2024. 

Una vittoria risicata per Ruto che, in Kenya, sconfigge le “dinastie”

William Ruto è il nuovo presidente del Kenya. Nelle elezioni che si sono tenute il 9 agosto, l’ormai ex vicepresidente ha ottenuto il 50,5% dei voti, battendo Raila Odinga, già Primo ministro tra il 2008 e il 2013. Quest’ultimo, nonostante l’appoggio del suo storico rivale, il presidente uscente Uhuru Kenyatta, ha perso per poche centinaia di migliaia di voti quella che ha dichiarato essere la sua ultima corsa alla presidenza – ha già cinque sconfitte alle spalle. 

La campagna elettorale ha, quindi, visto contrapporsi da una parte il nuovo presidente, Ruto, che si è presentato come il volto nuovo, nonostante fosse il vicepresidente del Paese, e come colui che viene dalla strada e comprende i problemi e le difficoltà del popolo; dall’altra le vecchie dinastie, i figli di coloro che hanno guidato la transizione verso un Kenya indipendente. Lo scarto è stato poco e non sono mancati alcuni dubbi iniziali, anche interni alla commissione elettorale, sulla legittimità del risultato, ma la vittoria di Ruto è stata presto confermata dalla Corte suprema.

Dopo aver promesso politiche e iniziative a supporto delle classi medio-basse, soprattutto in questo periodo di alta inflazione e aumento dei prezzi delle materie prime, Ruto ha iniziato la sua presidenza eliminando il sussidio sul carburante, che ne rendeva sostenibili i prezzi. La ragione è il costo: mantenere il sussidio, promosso da Kenyatta poco prima della fine del mandato, sarebbe costato quanto l’intero piano di sviluppo del Paese. Anche il sussidio sulla farina di mais, altra eredità di Kenyatta, non verrà rinnovato dopo il termine, ha annunciato Ruto. Scelte come queste rischiano di far perdere a Ruto consensi già a pochi giorni dall’inizio del suo mandato. 

Oltre ai sussidi, Ruto ha già parlato di energia e debito. I piani del nuovo presidente in tema di energia sono ambiziosi: il suo obiettivo è eliminare l’utilizzo di combustibili fossili per la produzione di energia elettrica in tutto il Paese entro il 2030. Per farlo, servono investimenti e servono risorse anche per rilanciare l’economia, che sta vivendo un periodo di stagnazione soprattutto a causa delle conseguenze del Covid-19 e della guerra in Ucraina. Per questo, nel suo discorso inaugurale all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il tema centrale è stato il debito. Il Kenya, come molti altri Paesi a medio reddito, chiede la sospensione e una riprogrammazione del debito, per favorire la ripartenza. I primi passi di Ruto presidente possono essere definiti ambiziosi e realisti, ma non sarà facile prendere il posto di quelle che chiama “dinastie”, nonostante la popolazione sia molto giovane e il Paese sia cambiato dai decenni che hanno seguito l’indipendenza. 

Angola: niente di nuovo sotto al sole  

In Angola, il Movimento popolare per la liberazione dell’Angola (MPLA) è stato dichiarato il vincitore delle ultime elezioni del 24 agosto, dove è stata rinnovata l’Assemblea nazionale, estendendo di altri cinque anni il suo governo (il partito è al potere dall’indipendenza, nel 1975) e dando al presidente, João Lourenço, un secondo mandato. I risultati ufficiali, annunciati dalla Commissione elettorale nazionale, hanno attribuito all’MPLA il 51,17% dei voti contro il 43,95% del principale sfidante, l’Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola (UNITA). Il voto è stato il più serrato nella storia dell’Angola, infatti l’MPLA ha vinto con il minor margine di sempre e i risultati sono stati molto contestati.

Adalberto Costa Júnior, leader dell’UNITA, ha citato discrepanze tra il conteggio della Commissione elettorale e quello della principale coalizione di opposizione, accusando l’MPLA di frodi. Secondo il proprio calcolo, l’UNITA avrebbe ottenuto il 49,5% dei voti e l’MPLA il 48,2%. Un leggero vantaggio che non è stato confermato dal conteggio ufficiale e che ha lasciato dubbi sulla trasparenza del processo elettorale. L’MPLA, infatti, esercita tradizionalmente il controllo sul processo elettorale e sui media statali e diversi gruppi civici e di opposizione hanno sollevato timori di manomissioni del voto.

In Angola, i risultati del voto possono essere contestati presentando ricorso alla Commissione elettorale nazionale e, se respinta, l’istanza può essere portata davanti alla Corte costituzionale. La Corte ha però deciso di respingere il caso, affermando ripetutamente che il processo è stato equo e trasparente. L’UNITA e altri partiti d’opposizione hanno chiesto manifestazioni pacifiche per protestare contro quelle che hanno descritto come “irregolarità” elettorali. La popolazione si è rivolta ai social media per sollecitare la Commissione elettorale a pubblicare i fogli dei risultati in modo che potessero essere confrontati con i conteggi paralleli. 

Ancora una volta, però, il partito del leader al potere ha vinto e resterà al governo per altri cinque anni. Lourenço ha prestato giuramento il 15 settembre come presidente, impegnandosi a rispettare il programma politico. Un barlume di speranza? Il fatto che l’opposizione stia gradualmente rosicchiando voti e seggi a ogni elezione. 

 

Fonti e approfondimenti 

Africanews. 12/08/2022. “Senegal’s ruling party keeps majority in parliament”. 

Africanews. 16/09/2022. “Kenya’s new president promises ambitious climate plan”. 

Africanews. 16/09/2022. “Angolan President João Lourenço is inaugurated for a second term”. 

Bensimon, Cyril, “Senegal risks political crisis as two camps vie for legislative victory”, Le Monde, 02/08/2022. 

Catarina, Demony, “Angolan court rejects election results complaint, opposition calls for protests”, Reuters, 09/09/2022. 

France24. 01/09/2022. “Angola’s opposition party files legal challenge of election results”. 

Le Monde. 01/08/2022. “Législatives au Sénégal: le camp présidentiel revendique la victoire, l’opposition conteste”. 

Lutta, Geoffrey, “Ruto’s Plea to World Leaders Over Ksh8.6 Trillion Debt”, Kenyans.co.ke, 22/09/2022. 

Musambi, Evelyne, Gitonga, Charles, “William Ruto: New Kenya president’s bold move to scrap subsidies”, BBC, 15/09/2022. 

Radio France Internationale. 15/09/2022. “Angola’s Lourenco to be sworn in after disputed win”. 

Roll, Nick, “Senegal: Governing coalition loses legislative majority”, Al Jazeera, 04/08/2022. 

Walsh, Declan, Latif Dahir, Abdi, “Kenya’s Supreme Court Upholds Presidential Election Results”, The New York Times, 5/09/2022. 

 

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò

 

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