Speciale Islam Insight: il diritto di famiglia indiano

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Lo scorso luglio il parlamento indiano ha approvato una legge che vieta la pratica musulmana del talaq , una forma di divorzio unilaterale secondo cui il marito può sciogliere istantaneamente il matrimonio pronunciando il termine “talaq” per tre volte consecutive. Già da tempo numerose associazioni musulmane si erano mosse per la sua abrogazione; tra queste la Bharatiya Muslim Mahila Andolan (BMMA), organizzazione femminista che lotta per il riconoscimento di eguali diritti tra uomini e donne in materia di divorzio.

Nel 2016 una petizione con più di 50 mila firme aveva chiesto a gran voce l’abolizione del talaq, evidenziando l’uso smodato che ne era stato fatto e le condizioni di assoluta impotenza delle donne che ne erano vittima. Ultimamente si era inoltre diffusa l’usanza di utilizzare questo tipo di divorzio istantaneo via Skype o Whatsapp, anche non in presenza della diretta interessata – inviando per esempio il messaggio a un suo parente. Le vulnerabilità a cui si ritrovavano esposte queste donne da un momento all’altro hanno spinto alcune attiviste a sottoporre la questione alla Corte Suprema, che ha infine dichiarato incostituzionale questo tipo di divorzio nell’agosto 2017.

Il raggiungimento di questo traguardo è stato dipinto come una grande vittoria per le donne musulmane. Indubbiamente ciò è vero, ma allo stesso tempo si tratta anche di una conquista non da poco per il primo ministro Narendra Modi e tutta la corrente nazionalista hindu di cui è parte. Essa costituisce infatti un piccolo ma importante passo verso l’omologazione in senso hindu del diritto di famiglia, che fino ad ora è stato caratterizzato dalla possibilità per ogni comunità religiosa di seguire il proprio diritto. La decisione ha così riacceso l’antico – ma mai placatosi – dibattito sull’adozione di un codice civile uniforme, e quindi di un diritto familiare territoriale anziché comunitario.

Il diritto islamico nel sistema giuridico indiano

L’ordinamento giuridico indiano è stato caratterizzato sin dall’antichità dall’esistenza di molteplici sistemi paralleli. A un diritto territoriale, che si applica a tutti i cittadini indiani, è stato sempre affiancato un insieme di diritti personali applicabile in alcuni ambiti del diritto civile – principalmente quello familiare. In base all’appartenenza a una determinata comunità religiosa i cittadini indiani possono dunque scegliere di seguire il diritto hindu, buddhista o islamico. In epoca coloniale questo sistema di diritti personali  è stato istituzionalizzato, identificando in modo ben preciso una lista di determinate materie sulle quali ogni comunità religiosa era libera di scegliere se seguire il proprio sistema giuridico o quello territoriale.

L’interazione continua con le culture locali ha sempre orientato l’evoluzione dei vari sistemi giuridici. Anche il diritto islamico indiano dunque non è mai stato puramente shariatico. Ciò si evince guardando ad esempio alla poligamia, una delle questioni più complesse inerenti al matrimonio. Si tratta di un istituto tipicamente islamico, ma di cui si riscontrano applicazioni anche in alcune comunità hindu. Non è dato sapere con certezza se si sia trattato di uno scambio tra le due religioni, fatto sta che i diversi diritti personali in India negli anni hanno modificato e adattato localmente istituti e tradizioni.

Il diritto di famiglia, in particolare, è stato dall’indipendenza terreno di scontro tra comunità hindu e musulmana. In molti sostengono infatti la necessità di un codice civile uniforme, nel rispetto del principio di laicità alla base della Repubblica indiana. Allo stesso tempo però va considerata la questione spinosa di quale diritto adottare. Inevitabilmente si propenderebbe verso quello hindu, in virtù del fatto che questo credo è numericamente il più seguito (circa l’80% della popolazione). Così facendo però si porrebbe il rischio di alimentare le tensioni intercomunitarie latenti all’interno della società. Inoltre, chi si oppone all’adozione di un codice civile uniforme sostiene che esso violerebbe il diritto di professare liberamente la propria religione, come sancito dalla Costituzione. Soprattutto i cittadini musulmani infatti hanno evidenziato come un codice del genere non permetterebbe loro di seguire la legge coranica, che specialmente per quanto riguarda matrimonio e divorzio è molto dettagliata e spesso distante dalle tradizioni hindu.

Il divorzio, una materia da sempre controversa

Il divorzio, tradizionalmente estraneo alla cultura hindu, è stato ufficialmente introdotto con lo Special Marriage Act del 1954. In realtà anche in questo caso alcune comunità hindu lo contemplavano come parte del proprio diritto consuetudinario. Non è mai stata stabilita però un’unica procedura valida per tutti, né sono state regolamentate nel dettaglio le questioni a esso legate come quella relativa al mantenimento, lasciando ancora una volta ampio spazio all’applicazione dei diritti specifici di ogni comunità. Questo ha contribuito più volte ad alimentare lo scontro tra i sostenitori di un diritto civile uniforme e i loro avversari.

A tal proposito è emblematico il caso Shah Bano del 1985. L’episodio ha riguardato una richiesta di mantenimento da parte di una donna musulmana in seguito a un divorzio con la procedura del talaq, mettendo in luce la difficoltà di conciliare un’equa tutela dei diritti di tutti i cittadini indiani e l’applicazione dei diritti personali. Si era infatti in presenza di un conflitto tra un diritto islamico che fissa dei limiti in relazione al mantenimento e un diritto territoriale che non prevede tali limiti. Portato davanti alla Corte Suprema, il caso si risolse con l’applicazione di quest’ultimo. Non solo dunque la Corte aveva optato per il prevalere del diritto territoriale su quello personale, ma a pronunciarsi su materie inerenti al diritto islamico era stato un giudice hindu.

Questo provocò inevitabilmente aspre reazioni da parte dell’intera comunità musulmana e portò l’allora primo ministro Rajiv Gandhi a farsi promotore di una legge che regolasse in modo chiaro il mantenimento all’interno del diritto personale musulmano, la Muslim Women Protection of Rights on Divorce Act del 1986. Essa rappresenta forse la prima grande vittoria delle donne musulmane indiane in questo campo, seguita dall’abolizione del talaq nel 2017. Quest’ultima riforma però ha ricevuto l’appoggio  del governo nazionalista hindu poiché a differenza della prima non è rimasta ancorata al diritto personale islamico, ma anzi ha contribuito al processo di omologazione dei vari diritti personali a quello hindu.

Conclusioni

Se da un lato l’adozione di un codice civile uniforme può sembrare utopistica, dall’altro è interessante notare come già pochi anni dopo l’indipendenza siano state poste le basi per lo sviluppo di un diritto di famiglia uniforme. Lo Special Marriage Act del 1954 infatti prevede la possibilità sia per hindu che musulmani di celebrare una forma di matrimonio civile. Pensato soprattutto per le unioni interreligiose, vi può però ricorrere chiunque, indipendentemente dalla comunità cui appartiene. Si tratta in ogni caso di un sistema parallelo e che dunque non si sostituisce all’insieme dei diritti personali, che restano comunque quelli applicati maggiormente.

Non essendo possibile dunque, per il momento, abolire il sistema differenziato dei diritti su base religiosa, i nazionalisti e i sostenitori di un codice uniforme sperano di poter livellare progressivamente le differenze, in un processo di graduale convergenza tra i vari sistemi. L’uniformità formale è ritenuta da molti infattibile, a causa del contrasto che una simile scelta imposta dall’alto avrebbe con il pluralismo che da sempre caratterizza la società indiana. Ciò non esclude però che lentamente il sistema si muova verso un’uniformità sostanziale. Come ha dimostrato l’abolizione della pratica del talaq il diritto indiano è un diritto in continua evoluzione e alla costante ricerca di un equilibrio tra le diverse tradizioni che lo compongono e che ne determinano la peculiarità.

 

Fonti e approfondimenti:

Francavilla, Il diritto nell’India contemporanea, Giappichelli Editore, Torino 2010

Al Jazeera, Is India ready to abolish triple talaq?, 26/06/2016

TOI, Triple talaq bill: key things to know, 30/07/2019

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