Come già visto, la comunità internazionale definisce il diritto alla salute come un diritto umano appartenente a tutti gli individui. I vari trattati che lo menzionano lasciano però alcune questioni aperte, dal momento che non vi è una sua definizione univoca e non è chiaro quali siano i rispettivi obblighi in capo agli Stati.
Proprio per questo ultimo aspetto, il diritto alla salute è stato al centro di diverse critiche negli ultimi tempi, dato che una poca chiarezza di quali siano gli obblighi potrebbe lasciare troppo margine d’interpretazione agli Stati. È importante quindi capire come tale diritto, riconosciuto nell’ordinamento italiano, venga realmente interpretato e applicato dagli organi competenti.
Fonti
In Italia, il diritto alla salute rientra tra i diritti sociali, categoria di diritti che permette all’individuo di pretendere che lo Stato fornisca alcune prestazioni. Lo Stato deve quindi garantire che tutti gli individui possano usufruire di tale diritto, mettendo in atto delle azioni come la prestazione dei servizi sanitari per soddisfare le eventuali necessità degli individui.
Nell’ordinamento italiano, la fonte primaria in materia di diritto alla salute è la Costituzione. Nell’articolo 32 comma 1 è stabilito che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”
Il Paese si allinea quindi alla definizione fornita dall’OMS, che intende la salute non solo come mera assenza di malattie bensì come uno stato complessivo di benessere fisico e mentale, includendo anche il diritto a un ambiente salubre, il diritto alle prestazioni sanitarie e la libertà di cura (la libertà dell’individuo di essere o non essere sottoposto a trattamenti sanitari). La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 786/1973, ha riconosciuto che l’articolo 32 sancisce il diritto alla salute come un diritto soggettivo, ossia un “diritto assoluto e di rango primario per la persona umana”, mettendo così al centro degli interventi l’individuo.
È però importante non dimenticare la dimensione collettiva di tale diritto. Il nostro ordinamento non permette che il diritto individuale alla salute sia preferibile agli interessi del resto della popolazione, ma nemmeno che si comprometta la salute di un individuo per il benessere della collettività: è necessario quindi procedere a un’operazione di bilanciamento dei diritti in gioco. Infatti, attraverso i criteri della ragionevolezza e della proporzionalità, è possibile riuscire a trovare una soluzione mediana, che consenta quindi di trovare un soggetto privilegiato, in questo caso la collettività, senza che il singolo venga del tutto privato dei suoi diritti.
Inoltre, nell’ordinamento italiano, quando si parla di diritto alla salute, i principi cardine sottostanti sono l’uguaglianza in senso formale e sostanziale – i quali sono ricavati dalla lettura degli articoli 2 e 3 della Costituzione – ossia lo Stato deve garantire la salute agli individui senza discriminazioni sociali e/o personali.
Il parametro fondamentale del diritto alla salute è, infatti, la dignità dell’individuo: tutti possono usufruirne, a prescindere dal loro status all’interno del Paese.
Ciò significa che si tratta di un diritto riconosciuto a tutti gli individui che si trovano sul territorio: per esempio, uno straniero in Italia, qualora ne avesse bisogno, avrebbe diritto alle cure mediche del servizio sanitario nazionale.
Obblighi
Analizzando la Costituzione, non emerge però un obbligo a garantire cure mediche gratuite a tutti gli individui, ma solamente agli indigenti. In realtà, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, l’interpretazione di indigenza ha subito diversi cambiamenti, e il concetto è stato progressivamente superato, arrivando a una “universalizzazione delle prestazioni”.
Alla luce di queste evoluzioni, nel 1978 è stato istituito il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), un sistema di strutture e servizi con lo scopo di garantire a tutta la popolazione l’accesso universale alle prestazioni sanitarie.
Come disposto dall’articolo 117 comma 3 della Costituzione, la tutela della salute rientra nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Lo Stato nella fattispecie ha l’obbligo di garantire i Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), ossia un insieme di prestazioni e servizi che il SSN deve fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse raccolte dalle tasse.
Problematiche legate ai finanziamenti
Ancora oggi rimane un problema irrisolto: non è stabilito quanto sia necessario investire nella sanità pubblica. Il diritto alla salute è un diritto a prestazioni positive ed è inevitabilmente condizionato a quanto è possibile spendere in un determinato anno per la salute pubblica, tenendo in considerazione gli altri interessi costituzionalmente protetti. In altre parole, la sanità è soggetta alla disponibilità di bilancio dello Stato. A partire dagli anni ‘90, vi è stato un grande calo di investimenti in questo settore a causa dei tagli sempre più importanti alla spesa pubblica, che ha ridotto la gratuità universale delle cure come era stata precedentemente intesa.
Questo può dare adito a diverse problematiche. Se vi è la cosiddetta discrezionalità legislativa, ovvero la mancanza di un’imposizione di una cifra specifica che deve essere allocata per la sanità, lo Stato potrebbe eludere i suoi obblighi, compromettendo il diritto alla salute degli individui.
È altresì vero che risulterebbe illogico allocare ogni anno, per esempio, una percentuale fissa per la sanità, senza tenere in considerazione la situazione nello specifico. Questa visione si ritrova anche nella sentenza della Corte Costituzionale n. 455/1990. Qui è stato affermato che tenere in considerazione gli strumenti, i tempi e i modi di attuazione del diritto alla salute non equivale a una degradazione della tutela primaria che la Costituzione assicura di questo diritto, ma comporta che l’attuazione della tutela della salute avvenga gradualmente a seguito di un bilanciamento degli interessi altrettanto importanti.
Nel 2018, l’Italia ha investito nella sanità l’8,8% del PIL, che sebbene si sia ridotto nel corso degli anni, resta in linea con la media europea del 6,6% rilevata dall’OSCE. Nel 2019, la Commissione europea, nel suo rapporto sullo stato della sanità in Italia, ha valutato il nostro Paese partendo da tre criteri fondamentali: l’efficacia, ovvero la capacità di prevenire morti evitabili, l’accessibilità alle cure e la resilienza, ossia la capacità di far fronte a crisi impreviste.
In generale, la Commissione ha rilevato che l’Italia riesce a soddisfare tutti e tre i criteri, ma non senza delle criticità. Per esempio, i tagli alla sanità hanno portato ad alcuni problemi nell’accessibilità delle cure, legate ai lunghi tempi d’attesa e al loro costo. Questo è particolarmente rilevante al Sud, dove le cure sono meno soddisfacenti. Inoltre, a causa della crisi economica, i costi delle cure sanitarie si sono riversati in maniera più significativa sui pazienti ed è diventato sempre più difficile assumere del personale qualificato.
Un altro elemento di preoccupazione è costituito dalla capacità di far fronte a crisi impreviste. Tra il 2000 e il 2017, il numero di posti letto in ospedale pro capite in Italia è diminuito del 30%, arrivando a una cifra nettamente inferiore agli altri Paesi europei.
Conclusione
Come si è visto, la Costituzione italiana riconosce il diritto alla salute come parte essenziale dei diritti dell’individuo e interesse collettivo, imponendo degli obblighi in capo allo Stato affinché le cure mediche siano disponibili a tutti gli individui senza distinzioni sociali ed economiche.
Non essendoci un obbligo a disporre una determinata somma di denaro nell’ambito sanitario, le crisi economiche degli ultimi anni hanno messo a dura prova il Paese, e la complessità della situazione ha portato a numerosi tagli alla sanità pubblica. La riduzione sia dei letti negli ospedali pubblici sia del personale sanitario sono elementi preoccupanti, e i danni di queste scelte si stanno già dimostrando evidenti.
Fonti e approfondimenti
Commissione Europea, OCSE e Osservatorio Europeo delle Politiche e dei Sistemi Sanitari, 2019. “State of Health in the EU Italia Profilo della Sanità 2019″.
Minni Francesco e Morrone Andrea, “Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana“, AIC, 29/09/2013.
Corte Cost., Sentenza n. 455/1990.
Corte di Cassazione, 1973, Sentenza n. 786.
Ministero della Salute, I principi del sistema sanitario nazionale.
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