Libia: chi combatte chi? Il Fezzan e la guerra tra milizie

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nel primo articolo sulle milizie coinvolte nel conflitto civile libico, ci siamo concentrati sulle principali tribù e le loro forze armate in Cirenaica e Tripolitania. Tuttavia, nonostante la minore copertura mediatica, anche il Fezzan, nel sud-ovest del Paese, è da anni terreno di scontro di milizie rivali

Considerato in epoca coloniale uno “scatolone di sabbia”, poco attraente dal punto di vista strategico ed economico, il Fezzan è stato a lungo ingovernabile. Durante gli anni ’60, Gheddafi riuscì a cooptare le tribù della regione stabilendo un’intricata rete di alleanze. Tuttavia, nel vuoto di potere che è seguito alla sua morte, il Fezzan è ripiombato nell’anarchia. La guerra civile libica ha esasperato le rivalità e le inimicizie fra le numerose tribù ed etnie che lo popolano, esacerbando la lotta per le risorse idriche e petrolifere del territorio. 

Le milizie arabe di Sabha tra Gheddafi e Seconda Guerra Civile libica

La città più importante della regione e il principale centro economico è Sabha, controllata dalle tribù arabe dal XIX secolo a oggi. In particolare, l’alleanza chiamata al-Suff al-Fuqhi, composta dalle tribù Warfalla, Awlad Sulaiman e Qadhafa, ha rappresentato per decenni l’attore regionale più importante. Quest’alleanza, risalente alla resistenza anti-coloniale dei primi anni ‘20, entrò in crisi con la presa del potere da parte di Gheddafi. Il raìs, infatti, favorì la sua tribù di provenienza (Qadhafa) e tribù minori legate a essa; a scapito degli altri membri dell’alleanza, che vennero privati di terreni e cariche politiche. 

Ad accrescere il proprio potere fu in particolare la tribù Magariha, alleata della tribù di Qadhafa. Il colonnello Abdullah al-Sanussi, esponente più importante della tribù, venne posto a capo delle milizie popolari della Jamahiriya di Gheddafi e divenne braccio destro del raìs, a cui rimase fedele fino alla morte di quest’ultimo nel 2011. In seguito, i membri della tribù sono stati uccisi o imprigionati. Quel che è rimasto della milizia si è schierato con Haftar

Le restanti tribù di Sabha, invece, hanno sfruttato il vuoto di potere lasciato dal raìs per ristabilire la propria autorità sulla regione. Nello specifico, gli Awlad Sulaiman si sono alleati con Serraj, rompendo la storica alleanza con i Warfalla e i Quadafha. Gli Awlad Sulaiman sono così tornati a essere attori chiave nelle dinamiche libiche. Forti di una milizia ben armata, hanno partecipato a ogni operazione militare del Governo di Tripoli. Compresa l’ultima offensiva tra fine aprile e inizio maggio che ha portato alla conquista di Sabha, città nativa della tribù,  sotto il controllo delle forze alleate di Haftar da gennaio 2019.

 

L’opportunismo delle milizie Tebu e Tuareg

Localizzate nelle aree più a sud della regione, Tebu e Tuareg hanno colto le guerre civili del 2011 e del 2014 come un’opportunità di vedere finalmente i propri diritti riconosciuti a livello costituzionale. Il Fezzan è stato a lungo abitato da minoranze non arabe. Nativi della regione, i Tuareg (nomadi berberi) hanno attraversato il deserto del Sahara per secoli, connettendo con le loro carovane la costa libica all’Africa sub-sahariana.

Tuttavia Gheddafi, intenzionato a creare un’identità libica “araba e musulmana” che consolidasse la sua posizione, avviò nella regione un processo di “arabizzazione”. Così, il raìs favorì l’insediamento di nuove famiglie arabe nel Fezzan e concesse cariche politiche importanti a quelle già presenti. La politica etno-demografica di Gheddafi determinò una serie di discriminazioni sociali a danno dei nativi. Per decenni le tribù Tuareg e Tebu non poterono partecipare alla vita politica del Paese, in quanto privi della cittadinanza libica. Furono inoltre escluse dal benessere economico derivante dall’estrazione delle risorse petrolifere regionali, dirette per lo più verso Cirenaica e Tripolitania.

Ciononostante, tramite accordi economici e la promessa mai realizzata di concedere loro la cittadinanza, Gheddafi riuscì a cooptare le milizie Tuareg e Tebu inquadrandole nell’esercito nazionale. Queste ultime vennero inoltre coinvolte nel conflitto libico-ciadiano del 1978– 1987, perché stanziate nei pressi della contesa striscia di Aouzou ed etnicamente legate alle milizie ribelli Tebu oltre confine. Parteciparono anche alla repressione dei ribelli durante la prima guerra civile libica del 2011.

In seguito allo scoppio della seconda guerra civile libica nel 2014, i Tebu si sono schierati con Haftar, rivelandosi un attore chiave per il Generale cirenaico nella campagna contro l’Isis del 2016. Il supporto militare all’Esercito Nazionale Libico venne assicurato solo dopo che le milizie Tuareg e gli Awlad Sulaiman, principali rivali dei Tebu, dichiararono il proprio sostegno a Serraj. Dal 2014 in poi, oltre a combattere sul fronte principale tra Cirenaica e Tripolitania, Tebu, Tuareg e milizie arabe si sono affrontate nei dintorni di Sabha per il controllo di oasi e pozzi petroliferi.

Tuttavia, la fedeltà all’una o all’altra fazione del conflitto è tutto fuorché solida. L’appartenenza a uno schieramento o all’altro dipende prevalentemente dalla possibilità di vedersi assegnate cariche politiche e risorse petrolifere. Ad esempio durante la sopracitata offensiva del GNA (Government of National Accord) per la conquista di Sabha, alcune milizie Tebu, soprattutto quelle provenienti dall’oasi di Marzuk, si sono unite a Serraj dietro la promessa di una più equa ripartizione delle risorse.

 

La tratta di armi e migranti come risorsa

Dalla caduta di Gheddafi, i confini meridionali della Libia sono tornati a essere linee immaginarie nel deserto, prive di controlli di frontiera e barriere fisiche. Tuareg e Tebu, legati dal punto di vista etnico-culturale alle popolazioni vicine, hanno ricevuto finanziamenti, armi e uomini dagli alleati oltre confine, in particolare dal Ciad per i Tebu e dall’Algeria per i Tuareg.

Ciò ha permesso lo sviluppo di un fiorente business illegale. Le trattative, che coinvolgono perlopiù milizie libiche e organizzazioni criminali sub-sahariane, scambiano armi, stupefacenti e soprattutto migranti per petrolio, derrate alimentari e denaro. A destare particolare preoccupazione nelle organizzazioni internazionali è soprattutto la condizione dei migranti, che sempre più spesso si ritrovano venduti come schiavi o imprigionati e ricattati. Ancora una volta a subire le violenze più atroci sono donne e bambini, le prime usate come schiave sessuali, i secondi costretti a lavorare o rinchiusi in centri di detenzione controllati dalle milizie.

 

Fonti e approfondimenti

Amnesty International, Prigione senza via di salvezza per i rifugiati, 12 novembre 2018.

Baxley R., Shifting Loyalties: Libya’s Dynamic Tribalism, Harvard International Review, vol. 33, no. 2, 2011, pp. 6–7.

Ben Lamma M., The tribal structure in Libya: factor for fragmentation or cohesion?, Observatorie du monde arabo-musulman et du Sahel, settembre 2017.

Bussoletti F., Libia: le milizie del sud si schierano con Serraj contro Haftar, Difesa & Sicurezza, 19 novembre 2019.

Cresti F., Storia della Libia contemporanea, Carocci Editori, Roma, 2015.

Lacher W., Libya’s fragmentation. Structure and process in violent conflict, I.B. Tauris, Londra, 2020.

Mercuri M., Fezzan, la terra di mezzo libica con cui bisogna fare i conti, Nuove Radici, 19 Aprile 2019.

Pack J., Kingdom of Militias: Libya’s Second War of post-Qadhafi succession, ISPI, 31 maggio 2019.

Varvelli A. & Villa M., Libya between militias and migrants: rethinking the role of militias, ISPI, 1 agosto 2018.

Be the first to comment on "Libia: chi combatte chi? Il Fezzan e la guerra tra milizie"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*