L’attivazione della Cooperazione Strutturata Permanente (Permanent Structured Cooperation, PESCO) nel 2017 è stata un passo in avanti storico per l’Unione europea nel campo della difesa e sicurezza. Sebbene gli Stati membri siano partiti da posizioni differenti, sono alla fine riusciti a raggiungere un accordo per cooperare insieme in progetti volti allo sviluppo di capacità per la difesa accettando 20 impegni vincolanti. Fatto, questo, già di per sé inedito data la natura fondamentalmente volontaria della PSDC.
A oggi sono attivi ben 47 progetti a cui partecipano in varia misura 25 Stati membri dell’Unione. Tuttavia, per rendere davvero sostanziale il contributo di questo strumento all’approfondimento dell’integrazione europea in materia di difesa, alcune correzioni appaiono già urgenti.
Bene, ma non troppo
A marzo del 2018 sono stati lanciati i primi 17 progetti PESCO, altri 17 sono stati poi aggiunti a novembre dello stesso anno. Infine, nel 2019 ne sono stati approvati ulteriori 13.
La maggior parte dei progetti riguarda lo sviluppo di capacità condivise e abilitanti, il settore cyber e quello C4ISR (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer, Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione). In misura minore, i progetti sono incentrati sui sistemi spaziali, marittimi e aerei.
Gli Stati più attivi sono la Francia (coordina 11 progetti e partecipa ad altri 30), l’Italia (ne coordina 8 e partecipa ad altri 26), la Spagna (alla guida di 2 progetti e attiva in altri 25), la Germania (guida 7 progetti, partecipa a 17), e la Grecia (ne guida 5 e partecipa a 14).
Due progetti sono particolarmente rilevanti dal punto di vista strategico e su di loro pesano molte aspettative. Si tratta del Military Mobility, che punta a facilitare la circolazione sia del personale militare che dei mezzi all’interno dei confini dell’UE, e del Crisis Response Operation Core (EUFOR CROC) progettato per migliorare le capacità di risposta alle crisi.
Un altro esempio positivo è il progetto per lo sviluppo del cosiddetto Eurodrone di prossima generazione (Medium Altitude Long Endurance Remotely Piloted Aircraft System – MALE RPAS) che mira a colmare una lacuna individuata già nel Consiglio europeo di Helsinki del 1999. Il MALE RPAS sarà infatti in grado di coprire un’innovativa capacità ISTAR (Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance) che fino a oggi è stata affidata a produttori extra-UE perpetuando la dipendenza da Paesi/entità terzi, e indebolendo di conseguenza l’autonomia europea. È un buon segnale anche il fatto che coinvolge le industrie per la difesa dei Paesi partecipanti, ossia Germania, Francia, Italia e Spagna. Il programma per l’Eurodrone, però, come molti altri progetti, esisteva già prima dell’avvio della PESCO.
L’ampio numero dei progetti avviati sotto l’ombrello PESCO indica un buon livello di attività. A ciò però dovrebbe corrispondere un’altrettanta operosità sul piano strategico, che invece manca. La stragrande maggioranza dei progetti fin qui in corso, infatti, non risponde in misura sostanziale alle carenze di quelle capacità prioritarie indispensabili per il raggiungimento del livello militare di ambizione dell’UE (Headline Goal). Attraverso i progetti cooperativi, gli Stati membri dovrebbero approfondire l’integrazione delle proprie forze e dei loro equipaggiamenti sviluppando quelle capacità di difesa necessarie all’Unione per dispiegare missioni e operazioni in autonomia. L’obiettivo finale sarebbe proprio il raggiungimento di un “pacchetto coerente di forze”. Invece, gli obiettivi dei progetti sembrano ancora rispondere a logiche ed esigenze prettamente nazionali.
Il rischio è che la PESCO venga utilizzata dagli Stati membri più per ottimizzare le proprie spese per la difesa che per contribuire realmente allo sviluppo dell’autonomia strategica europea.
La linea del Parlamento europeo
La mancanza di ambizione strategica nella lista dei progetti cooperativi è stata sottolineata anche dal Parlamento europeo, che ha suggerito di scartare quelli con progressi o rilevanza insufficienti. Il Parlamento ha inoltre evidenziato alcune carenze nel rispetto degli impegni vincolanti e un limitato inserimento della PESCO nella pianificazione della difesa nazionale degli Stati membri.
Al fine di ancorare al meglio gli obiettivi dei progetti cooperativi a una completa strategia dell’Unione in materia di difesa, il Parlamento ha proposto di lavorare a un Libro Bianco dell’UE sulla sicurezza e la difesa. Questo documento dovrebbe avere anzitutto natura vincolante, e delineare una chiara strategia di sicurezza e difesa dell’UE, quindi le capacità ritenute necessarie per la sua realizzazione nonché il livello di spesa, le misure e gli strumenti per fornire simili capacità.
La partecipazione dei Paesi terzi
Una questione a lungo dibattuta ha riguardato la partecipazione dei Paesi terzi ai progetti PESCO. Alcuni Paesi come la Polonia, l’Olanda, il Belgio e la Svezia si sono espressi decisamente a favore di una PESCO aperta soprattutto in ottica di salvaguardare gli stretti legami nell’industria della difesa con gli Stati Uniti e il Regno Unito. Al contrario, Spagna, Francia e Germania hanno invece sostenuto un accesso ristretto ai progetti cooperativi con l’obiettivo di non abbassare il livello di autonomia strategica dell’Unione. Altri, come la Grecia, hanno avanzato un approccio “caso per caso” in modo da includere partner strategici, come gli Stati Uniti per esempio, e prevenire la partecipazione di altri, come la Turchia.
Alla fine, lo scorso 5 novembre, il Consiglio ha stabilito le condizioni con cui, in via eccezionale, i Paesi non-UE possono prendere parte a singoli progetti.
Anzitutto, la partecipazione degli Stati terzi deve contribuire alla disponibilità, al dispiegamento e all’interoperabilità delle forze europee. Poi, tra gli altri requisiti, tre sono i punti da guardare con positività:
- la partecipazione del Paese terzo deve portare un valore aggiunto sostanziale allo sviluppo del progetto. Per mantenere alto il livello dei progetti collaborativi, sarebbe auspicabile che il contributo del Paese terzo venga approvato solo in quei casi in cui gli obiettivi del progetto richiedano un contributo industriale e tecnologico, o uno sforzo di bilancio, che gli Stati partecipanti non sono in grado di sostenere altrimenti;
- l’inclusione non deve portare a dipendenze nei confronti dello Stato terzo né a restrizioni verso i Paesi membri riguardo all’approvvigionamento di armamenti, alla ricerca e allo sviluppo di capacità, o all’uso e all’esportazione di armi, capacità e tecnologie. Ciò nell’ottica di contribuire a creare, rafforzare e tutelare l’autonomia europea;
- per tutelare le informazioni classificate, lo Stato invitato deve aver concluso un accordo specifico con l’UE.
I Paesi partecipanti al progetto devono inoltre all’unanimità essere d’accordo nell’invitare lo Stato terzo nel progetto stabilendo che la sua richiesta soddisfi tutte le condizioni previste.
La revisione strategica del Consiglio
Il 20 novembre dello stesso anno, il Consiglio ha approvato le conclusioni sulla revisione strategica della PESCO. Il documento contiene l’analisi della prima fase della PESCO 2018-2020 e indica gli obiettivi per il prossimo ciclo 2021-2025. Le conclusioni ribadiscono quanto la PESCO sia un meccanismo importante per approfondire lo sviluppo congiunto delle capacità e favorire la disponibilità e l’interoperabilità delle forze. Il fine da raggiungere è disporre di un “pacchetto di forze coerente, interoperabile, schierabile e modulare”.
È un buon segnale che l’accento sia posto su quegli impegni vincolanti che gli Stati membri si sono impegnati a rispettare. Infatti, l’obiettivo della seconda fase dei progetti è proprio quello di onorare e rafforzare i 20 impegni presi.
Il Consiglio ha inoltre ribadito la necessità che gli Stati membri ricorrano in modo sistematico e coerente agli altri strumenti dell’UE collegati come la Coordinated Annual Review on Defence e lo European Defence Fund, puntando a sviluppare le capacità indicate nel Capability Development Plan (CDP).
Dove si va senza uno scopo preciso?
Guardando nel complesso i vari progetti PESCO, emerge, ancora una volta, la mancanza di un chiaro obiettivo condiviso. Abbiamo visto come l’Headline Goal non sia stato raggiunto, e gli Stati membri non condividono neanche la stessa opinione circa il concetto di autonomia strategica dell’Unione. Più nello specifico, manca un documento strategico europeo che identifichi in maniera dettagliata le capacità militari da sviluppare definendone gli scopi, gli scenari, il tipo di operazioni e missioni e che, soprattutto, impegni gli Stati membri a tenerne conto nella propria programmazione militare.
La PESCO si distingue dagli altri strumenti UE per la sua natura vincolante. Per il suo successo è fondamentale che gli impegni presi dagli Stati membri vengano rispettati rigorosamente. Fatto questo, c’è poi da considerare che i 20 impegni vincolanti sono un passo in avanti, ma possono fare poco se l’intera struttura rimane puramente intergovernativa e volontaria.
Fonti e approfondimenti
Sven Biscop, European Defence and PESCO: don’t waste the chance, Euidea, maggio 2020.
Sven Biscop, Give us the real PESCO, please!, Egmont Institute, maggio 2020.
Consiglio dell’Unione Europea, Conclusioni del Consiglio sulla revisione strategica della PESCO 2020, 20 novembre 2020.
Consiglio dell’Unione Europea, Council decision establishing the general conditions under which third States could exceptionally be invited to participate in individual PESCO projects, ottobre 2020.
Daniel Fiott, Vassilis Theodosopoulos, Yearbook of European Security 2020, European Union Institute for Security Studies (EUISS), dicembre 2020.
Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, Decisione (PESC) 2017/2315 del Consiglio che istituisce la cooperazione strutturata permanente (PESCO) e fissa l’elenco degli Stati membri partecipanti, dicembre 2017.
Jean-Pierre Maulny, Livia Di Bernardini, Moving PeSCo forward: What are the next steps?, AresGroup, maggio 2019.
Parlamento Europeo, Implementation and governance of Permanent Structured Cooperation (PESCO), ottobre 2020.
Parlamento Europeo, Policy Department for External Relations, Directorate General for External Policies of the Union, EU Defence: The White Book implementation process, dicembre 2018.
Editing a cura di Francesco Bertoldi