L’azione politica dell’Unione europea è incentrata sulla ricerca di un bilanciamento tra diversi obiettivi, in primis quello di esercitare le proprie competenze in svariati settori, sebbene nel farlo debba tener presente altri due aspetti: non invadere le competenze statali e garantire la democraticità del processo decisionale. Questi obiettivi si traducono in concreti rapporti interistituzionali tra gli organi che compongono l’Unione europea e in regole precise per l’esercizio del potere decisionale.
Analizzando l’iter che precede l’adozione di una direttiva o di un regolamento, è chiaro come il bilanciamento tra gli obiettivi sopracitati renda il decision-making dell’UE peculiare rispetto agli Stati membri. Infatti, negli ordinamenti nazionali il potere di iniziativa (che segna l’avvio dei processi decisionali) è riconosciuto come prerogativa tipica dei parlamenti, che condividono tale potere con gli esecutivi o altri soggetti istituzionali. Invece, nell’Unione europea, questo potere nella maggior parte dei casi è riconosciuto solo all’esecutivo: ossia la Commissione europea. Solo in alcuni casi, specificamente previsti dai Trattati, gli atti legislativi possono essere adottati su iniziativa di altre istituzioni come “un gruppo di Stati membri o del Parlamento europeo, su raccomandazione della Banca centrale europea o su richiesta della Corte di giustizia o della Banca europea per gli investimenti” (art. 289, par. 4 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).
Nella maggior parte dei casi, dunque, lo schema che guida l’iter legislativo europeo vede la Commissione presentare una proposta che, successivamente, vivrà passaggi istituzionali presso gli altri due soggetti coinvolti nel procedimento legislativo: il Parlamento e il Consiglio dell’UE.
La Commissione europea
Partiamo dunque dal primo attore: la Commissione. Innanzitutto, vi è una fase proto-legislativa che vede l’esecutivo UE impegnato in una valutazione dell’impatto in termini economici, sociali o ambientali della normativa che intende promuovere. Prima di formalizzare la proposta alle altre istituzioni, la Commissione si avvale anche di consultazioni con i soggetti pubblici e privati interessati, ossia tutti gli stakeholders che saranno maggiormente impattati nelle loro attività dalla nuova legislazione.
Nonostante la presenza di diverse tipologie di atti normativi europei (direttive, regolamenti, decisioni, raccomandazioni e opinioni), un principio accomuna queste procedure: la proposta per un nuovo atto legislativo necessita sempre di una base legale. Di cosa si tratta? Di un articolo dei Trattati che, in primis, legittimi l’Unione a intervenire su una determinata materia e che, in secondo luogo, stabilisca quale tipologia di procedura legislativa sarà necessaria per la promulgazione dell’atto. Tra le procedure più note, nonché più frequenti, vi è la procedura legislativa ordinaria, ma esistono altre forme di decision-making come le procedure legislative c.d. speciali.
La procedura legislativa ordinaria, nota anche come procedura di co-decisione, rappresenta l’iter più comune nella legislazione europea. Questa si caratterizza come “ordinaria” per il fatto di porre in condizione di parità istituzionale Parlamento e Consiglio. All’opposto, le procedure legislative speciali sono accomunate da un ruolo del Parlamento depotenziato rispetto a quello del Consiglio. In generale, quindi, la posizione istituzionale del Parlamento è l’indicatore per capire se ci troviamo in una situazione legislativa ordinaria o speciale.
Come detto, la procedura ordinaria si applica alla maggioranza della legislazione UE. Lo schema procedimentale vede la Commissione presentare una proposta, che verrà adottata congiuntamente da Parlamento e Consiglio.
La prima lettura
In seguito alla presentazione della proposta di legge da parte della Commissione, il Parlamento europeo discute della proposta nelle sedi competenti, ossia le Commissioni parlamentari. È in questa sede che nascerà ogni emendamento alla proposta originaria. Rispetto ai rapporti di forza all’interno della plenaria del Parlamento, il peso delle forze politiche è ben rappresentato anche nelle Commissioni, all’interno delle quali i vari dossier vengono affidati a rappresentanti di più gruppi politici: i relatori (rapporteur) e relatori ombra (shadow rapporteur). Così come accade nei parlamenti nazionali, per un rappresentante non far parte di un gruppo politico ha conseguenze serie nella sua capacità di incidere sulla legislazione. Una volta concluso il lavoro delle Commissioni, la proposta emendata passa alla plenaria, che dà il suo voto sul testo.
Il Consiglio esamina a sua volta la legislazione attraverso un’organizzazione piramidale che vede alla base svariati gruppi di lavoro, seguiti dai Comitati dei rappresentanti permanenti (COREPER) e al vertice i ministri degli Stati membri. Risalendo la “piramide” il dibattito passa dal tecnico al politico, con la discussione che nelle prime due sedi si concentra su questioni tecniche e giuridiche e, se presenti nodi politici, rimette la decisione finale ai ministri degli Stati membri. Alla fine del dibattito, la posizione del Consiglio dovrà essere uguale a quella del Parlamento. Se ciò accade la proposta diventa legge. In caso contrario, si passerà alla seconda lettura al fine di risolvere le differenze fra le due posizioni.
È importante considerare che rappresentanti delle due istituzioni tengono frequentemente incontri al fine di giungere ad accordi informali prima di formalizzare le loro posizioni. Il rischio di una dilatazione dei tempi e la complessità delle procedure rendono la ricerca di un accordo entro la prima lettura assai desiderabile.
La seconda lettura
Nei casi in cui non vi sia accordo tra Parlamento e Consiglio, si avvia la fase di seconda lettura. La seconda lettura si caratterizza per un’impostazione simile ma ribaltata rispetto alla prima. Sarà infatti il Parlamento, ora, a esaminare, emendare e votare la posizione del Consiglio. Questo a sua volta riceverà di nuovo il testo alla fine del passaggio parlamentare. A questo punto, nel caso in cui le due posizioni vengano allineate, il testo diventa legge. Se le due istituzioni non raggiungono un accordo si apre una nuova fase nel quale un Comitato di conciliazione, composto da un numero eguale di parlamentari e membri del Consiglio, cercherà di risolvere i nodi alla base della situazione di stallo.
Le procedure legislative speciali
La definizione stessa di procedure “speciali” implica che queste costituiscano un’eccezione rispetto alla procedura ordinaria. Tali approcci restano in vigore per determinati settori di policy, specie se più delicati. Nonostante l’art. 289 TFUE riconosca entrambe le procedure, diversamente dalla procedura ordinaria, regolata esplicitamente dal TFUE (art. 294 TFUE), i Trattati non disciplinano in maniera generale il funzionamento delle procedure speciali. Le regole in questi casi saranno stabilite caso per caso da articoli settoriali dei Trattati, ancora una volta in base al principio della base legale. In generale, in queste procedure sarà il Consiglio ad avere un ruolo esclusivo di legislatore, mentre il parlamento avrà diversi ruoli ancillari in base alle circostanze. Il ruolo di quest’ultimo potrà essere consultivo – come previsto dall’art. 89 TFUE relativamente a operazioni di polizia transnazionale – o limitato al rilascio di un consenso – come previsto dall’art. 86 TFUE relativamente all’istituzione di una Procura europea.
Chi altro partecipa?
Tutta una serie di altre istituzioni sono consultate in base alla tematica in oggetto di discussione. Pensiamo ad esempio al Comitato economico e sociale nell’ambito delle sue competenze, al Comitato delle Regioni su materie di rilevanza regionale o alla Banca centrale europea. Sebbene il parere di queste istituzioni non sia vincolante, il loro mancato coinvolgimento può inficiare la regolarità delle procedure legislative configurando un vizio procedurale.
E i parlamenti nazionali? Tutti i parlamenti nazionali ricevono immediatamente una copia delle proposte presentate dalla Commissione per attuare il c.d. “meccanismo di controllo della sussidiarietà”. Questo meccanismo si applica nei settori in cui l’UE condivide la competenza con i Paesi membri. Nei casi in cui i parlamenti nazionali ritengono che i progetti di atti legislativi non siano fedeli al principio di sussidiarietà, possono inviare un parere motivato alla Commissione.
La Commissione dovrà tener conto dei pareri ricevuti. Gli effetti dei pareri sono però legati al numero dei parlamenti che intervengono nella formazione del progetto di legge.
Nel dettaglio, ognuno dei 27 parlamenti nazionali, indipendentemente dalla natura monocamerale o bicamerale, ha assegnati due voti. Nell’ipotesi in cui i pareri motivati siano formulati da un terzo dell’insieme dei voti totali, la Commissione è tenuta a riesaminare la sua proposta. Questa soglia risulta più bassa per i progetti di atti legislativi in materia di giustizia, libertà e sicurezza: in questo caso basta un quarto dei voti. In entrambi i casi la Commissione può decidere se mantenere, modificare o ritirare la sua proposta. La Commissione sarà comunque tenuta a motivare la sua decisione. Questo meccanismo costituisce la cosiddetta procedura del “cartellino giallo”.
Quando, invece, i pareri motivati rappresentano la maggioranza dei voti e il progetto di atto rientra nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, la Commissione deve riesaminare la proposta e decidere se mantenere, modificare o ritirare il progetto di atto. Se la Commissione decide di mantenere la proposta, deve spiegare, in un parere motivato al Parlamento europeo e al Consiglio, perché la proposta è conforme al principio di sussidiarietà. Si tratta della cosiddetta procedura del “cartellino arancione”. In questo caso, qualora la maggioranza semplice dei membri del Parlamento europeo o il 55% dei membri del Consiglio ritenga che la proposta violi il principio di sussidiarietà, la proposta legislativa non forma oggetto di ulteriore esame.
Fonti e approfondimenti
Publications office of the European Union, How does the EU work?
EurLex, Legislative procedures.
European Parliament, Ordinary Legislative Procedure.
European Council, Special legislative procedures.
Editing a cura di Francesco Bertoldi
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