La Copertura Sanitaria Universale (UHC) si è fatta spazio nell’agenda regionale ASEAN dal 2010 con il Quadro strategico per lo sviluppo sanitario 2010-2015 e continua a occupare un posto di rilievo nella strategia sanitaria dell’Associazione per il periodo 2016-2020. Tutti gli Stati Membri ASEAN si sono impegnati, almeno formalmente, ad assicurare che cittadine e cittadini possano avere accesso a servizi sanitari essenziali di qualità, senza per questo impoverirsi.
Più che alla benevolenza degli Stati Membri, l’attenzione per la UHC si deve a considerazioni economiche. Migliorando l’accesso ai servizi sanitari e gestendo in maniera razionale e sostenibile le spese sanitarie della nazione si hanno ricadute positive sull’economia del Paese, liberando molti dalla trappola della povertà innescata o peggiorata dai problemi di salute. Secondo gli ultimi dati disponibili, solo nel 2015 307.4 milioni di persone – il 16% degli abitanti della regione – hanno affrontato spese sanitarie catastrofiche. Non avere accesso a servizi medici essenziali, oltre a causare sofferenze evitabili, grava economicamente sulla popolazione. Soffrire di problemi di salute spesso significa non poter partecipare attivamente alla vita sociale ed economica della comunità, con ripercussioni non solo sugli individui ma anche sulle famiglie e sulle comunità.
Secondo stime dell’OMS, al ritmo attuale, solo cinque Paesi ASEAN sono sulla strada per raggiungere l’80% di copertura di servizi sanitari essenziali entro il 2030. I dati sul livello di protezione finanziaria dalle spese sanitarie catastrofiche rimangono scarsi in molti Paesi. In questo articolo, presenteremo punti di forza e debolezza nei percorsi compiuti da due Paesi ASEAN di reddito medio-alto che sono riusciti ad avvicinarsi all’obiettivo della copertura sanitaria universale: Vietnam e Thailandia.
Vietnam
La Doi Moi, la riforma economica che nel 1986 sancì per il Vietnam il passaggio da un’economia pianificata a una di mercato, portò anche allo smantellamento del sistema sanitario socialista. La popolazione vietnamita perse così qualsiasi forma di protezione finanziaria per le spese sanitarie. Un primo passo per ricostruire la copertura economica fu compiuto durante il periodo di riforme degli anni ‘90, con l’istituzione di un’assicurazione finanziata dal governo per coprire le spese sanitarie di dipendenti pubblici e pensionati. Negli ultimi due decenni, il sistema sanitario vietnamita si è progressivamente ampliato, offrendo una gamma sempre più vasta di servizi. Anche i sistemi di finanziamento della salute si sono diversificati: oggi, il sistema sanitario vanta un’ampia rete di fornitori sanitari pubblici e privati, che ricevono compensi provenienti da tasse, pagamenti “di tasca propria” (out-of-pocket – OOP) e assicurazioni sanitarie sociali, pubbliche e private.
Il governo vietnamita ha ottenuto dei risultati importanti in relazione agli indicatori internazionali sulla copertura sanitaria universale. Già nel 2014, il Vietnam spendeva il 7.1% del PIL in spese mediche – una cifra simile a quella spesa dal Regno Unito per il Servizio Sanitario Nazionale (NHS). La spesa sanitaria pro-capite è passata da 18.9$ nel 2000 a 151.7$ nel 2018, e il contributo del governo alla spesa sanitaria totale è cresciuta da circa il 35% del 2000 a più del 45% nel 2018.
Circa l’80% della popolazione è iscritta a forme assicurative sociali, pubbliche o private che proteggono da spese mediche catastrofiche. Tramite il sistema assicurativo sociale, il governo finanzia la copertura dei servizi essenziali per bambini sotto i sei anni, per le persone il cui reddito è inferiore o si avvicina alla soglia di povertà, e per le minoranze etniche in regioni svantaggiate. Per il resto della popolazione, sono disponibili schemi assicurativi con pagamento anticipato, che danno accesso a un pacchetto di servizi più ampio.
Oggi il Vietnam vanta una discreta gamma di strutture ospedaliere, con alcuni centri particolarmente all’avanguardia in grado di fornire servizi specializzati. La densità di personale medico nel Paese è quasi raddoppiata tra 2001 e 2016, mentre il numero di letti d’ospedale ogni 10.000 persone è passato da 23.4 nel 2000 a 31.8 nel 2013. Inoltre, il Paese ha raggiunto traguardi relativamente avanzati nel campo della salute riproduttiva, materna, neonatale e infantile. Mortalità materna e neonatale sono diminuite sensibilmente, e oggi il 94% delle nascite sono seguite da personale qualificato. Il Vietnam è riuscito a controllare adeguatamente la malaria e a ridurre l’incidenza della tubercolosi. Anche la mortalità causata dall’esposizione ad acqua e infrastrutture igienico-sanitarie non sicure è diminuita drasticamente.
Nonostante i successi, il cammino del Vietnam verso la copertura sanitaria universale è tutt’altro che concluso. Infatti, sistematici problemi di governance hanno impedito al Paese di scardinare un processo decisionale che funziona inesorabilmente dall’alto, senza coltivare una cultura di cooperazione e dibattito costruttivo tra istituzioni, amministrazione, fornitori pubblici e privati e società civile. Le istituzioni socialiste che governano il Vietnam sembrano concentrate più sul soddisfare gli standard internazionali che nell’ampliare la copertura finanziaria e i servizi effettivamente necessari.
La vulnerabilità finanziaria legata alle cure mediche rimane una realtà in Vietnam. Per come è stata concepita la protezione finanziaria, i liberi professionisti e i lavoratori nelle piccole imprese rimangono sistematicamente tagliati fuori dai sistemi di benefici – e di conseguenza spesso fanno fatica a sostenere le spese mediche. Allo stesso tempo, anche la popolazione coperta dai diversi schemi assicurativi disponibili rimane esposta al rischio di dover pagare di tasca propria per alcune cure, soprattutto screening sanitari e altre pratiche preventive. Se la percentuale di spesa governativa in salute è aumentata, anche quella di spese OOP ha seguito un trend ascendente – passando da circa il 37% della spesa sanitaria totale nel 2000 a circa il 45% nel 2018.
Questo è dovuto a diversi fattori. In primo luogo, il sistema è concepito in maniera tale da dirigere le risorse verso gli ospedali e i settori specialistici, trascurando il rafforzamento della rete di assistenza sanitaria primaria e preventiva. Gli ospedali sono sovraccarichi di pazienti che spesso si presentano con patologie avanzate, e il conto per le spese mediche che gli specialisti presentano ai pazienti non è regolamentato in modo adeguato. Inoltre, il sistema sanitario soffre in generale per arretratezze in ambito amministrativo e rispetto alla digitalizzazione – due campi essenziali per monitorare la salute della popolazione e assicurare l’efficienza sanitaria ed economica delle politiche attuate.
Thailandia
La Costituzione thailandese riconosce a tutte le cittadine e i cittadini il diritto di accesso a servizi sanitari essenziali di qualità. Già dagli anni ‘70, il Paese si è impegnato a rafforzare le strutture sanitarie primarie, concentrandosi in particolare sulle aree rurali. Con la Legge sull’Assicurazione Sanitaria Nazionale e quella sulla Sicurezza Sanitaria Nazionale del 2002, la popolazione thailandese ha ottenuto il diritto a un ampio pacchetto di servizi sanitari e a un alto livello di protezione finanziaria. Questo sistema si regge su tre schemi assicurativi – per impiegati statali e privati e per i meno abbienti – che sono affidati alla gestione di tre diversi organi amministrativi: il Ministero dell’Interno, l’Ufficio per la Sicurezza Sociale e l’Ufficio nazionale per la Sicurezza Sanitaria.
A prima vista, questo sistema potrebbe sembrare difficile da gestire. In realtà, la Thailandia è riuscita a minimizzare le inefficienze amministrative e la sovrapposizione tra i diversi schemi e benefici grazie a un continuo impegno nel costruire una governance sanitaria all’insegna dell’inter-settorialità, la digitalizzazione e la partecipazione attiva di tutti gli stakeholder. Grazie a investimenti per riformare i sistemi d’informazione, oggi il Paese vanta un database sanitario centralizzato ed efficiente che, tramite il collegamento a un sistema identificativo all’avanguardia, permette un’agile circolazione dei dati sanitari e alle relative agevolazioni che spettano a cittadine e cittadini. A differenza del Vietnam, non solo diversi ministri ma anche fornitori privati, ricercatori, economisti sanitari e pazienti partecipano alle udienze pubbliche organizzate annualmente per dibattere dello stato della copertura sanitaria del Paese e delle sue possibilità di espansione.
L’agile sistema di informazione è stato un fattore determinante nell’assicurare una robusta protezione dalle spese OOP, permettendo ai fornitori sanitari di accedere virtualmente allo status assicurativo di cittadine e cittadini in ogni angolo del Paese. Questo ha fatto sì che, al contrario del Vietnam, in Thailandia le spese OOP sono andate riducendosi, passando da oltre il 34% a solo l’11% della spesa sanitaria totale tra 2000 e 2018. Di conseguenza, anche le cifre relative a spese sanitarie catastrofiche e relativo impoverimento sono crollate.
Grazie a un’allocazione razionale ed equa delle risorse, la quota di PIL spesa in salute è cresciuta di meno di un punto percentuale nello stesso periodo, passando da circa il 3% al 4%. D’altro canto, il governo ha progressivamente ampliato il suo contributo finanziario alla salute, arrivando a farsi carico di oltre il 76% della spesa sanitaria nazionale – una somma che appare ancor più consistente se si considera che la spesa sanitaria pro capite è passata da circa $62 nel 2000 a quasi $276 nel 2018.
Non stupisce quindi che, in quasi 20 anni di impegno per raggiungere una copertura sanitaria universale, gli indicatori relativi alla salute siano sensibilmente migliorati e siano oggi simili a quelli dei Paesi OSCE. Tra il 1991 e il 2018, il numero di medici ogni 10.000 abitanti è passato da 2.23 a 8.05. La crescita nell’utilizzo del sistema sanitario e il rafforzamento della sanità di primo livello hanno avuto un grande impatto sulla salute della popolazione, in particolare in materia di salute materna, neonatale e infantile; lo stesso vale per la lotta alle malattie croniche e non trasmissibili come patologie cardiovascolari e tumori.
I successi nell’ambito della pianificazione familiare – vale a dire accessibilità alla contraccezione, cure per l’infertilità e altri strumenti che permettono a individui e nuclei familiari di avere il numero di figli che si desidera -, di salute riproduttiva e malattie infettive come HIV/AIDS e tubercolosi sono stati invece più contenuti.
Per continuare il suo cammino verso la copertura sanitaria universale, la Thailandia dovrà fronteggiare diverse sfide. In primo luogo, dovrà trovare soluzioni creative per garantire un continuo aumento delle risorse destinate alla salute e il loro utilizzo efficace. Un altro punto sul quale la leadership thailandese dovrà concentrarsi è coltivare la cooperazione tra i vari ministri, per assicurare una governance sostenibile. La sanità primaria, il maggiore punto di forza nel sistema sanitario thailandese, dovrà continuare a evolversi e integrarsi con gli altri livelli del sistema per far fronte alle mutevoli necessità della popolazione. Nonostante l’opera non sia ancora conclusa, la Thailandia rimane un mirabile esempio di come, con la giusta volontà politica, sia possibile costruire un sistema sanitario universale anche in una nazione dalle risorse limitate.
Fonti e approfondimenti
WHO, 2020. Legislating for public accountability in universal health coverage, Thailand
WHO, Global Health Observatory: Data repository
WHO, 2018. Health SDG Profile: Thailand.
WHO, 2019. Health SDG Profile: Thailand
WPRO, 2018. UHC and SDG Country Profile 2018 Viet Nam
Mao W, Tang Y, Tran T, Pender M, Khanh PN, Tang S., 2020 Nov 25. Advancing universal health coverage in China and Vietnam: lessons for other countries. BMC Public Health; 20(1):1791
Editing a cura di Emanuele Monterotti
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