Siamo giunti al penultimo capitolo del nostro progetto “Dalla terra al mercato”, che negli ultimi mesi ci ha fatto conoscere alcune delle principali commodities africane. Dopo aver viaggiato in lungo e in largo per l’Africa alla scoperta di spezie, tessuti, olio, bevande e bestiame, oggi trattiamo della produzione e del commercio di tabacco in Malawi. Parliamo di una delle economie più dipendenti al mondo dalla produzione e vendita di questa commodity, che rappresenta più del 56% delle esportazioni totali del Paese.
I numeri del Malawi
Il Malawi è uno Stato prevalentemente agricolo – il 90% della popolazione vive nelle campagne e i lavoratori rurali rappresentano l’80% della forza lavoro. Un terzo del PIL e poco meno del 70% delle esportazioni totali derivano dal settore primario.
Mais, canna da zucchero e soprattutto tabacco sono le principali coltivazioni che si possono trovare nelle campagne malawiane. Nel 2019 più dell’85% delle esportazioni agricole del Paese riguardava il tabacco e la sua produzione coinvolgeva 2 milioni di lavoratori. Sempre nello stesso anno, la commodity rappresentava il 12% del PIL e forniva guadagni pari a circa 584 milioni di dollari.
A livello mondiale, il Malawi vende il 5,5% del totale del tabacco commerciato, collocandosi in sesta posizione nella classifica dei maggiori esportatori. Diventa il primo, alla pari di Stati Uniti e Brasile, se si considera solamente la varietà burley, che rappresenta il 95% della produzione malawiana.
Buona parte delle esportazioni sono destinate all’Europa: più del 28% è acquistato dal Belgio, mentre il 9% dalla Germania. Sono consistenti anche le vendite in Egitto (12%), Russia (6,7%) e Stati Uniti (5,2%).
Tra piccoli e grandi proprietari terrieri
Il Nyasaland, territorio colonizzato dalla Gran Bretagna alla fine dell’Ottocento e che corrisponde all’odierno Malawi, iniziò a esportare tabacco nel Regno Unito nel 1893. Fin dall’epoca coloniale quindi le grandi tenute nelle regioni centrali del Paese si specializzarono nella produzione e vendita di questa commodity.
Furono però i primi anni Novanta a segnare un vero balzo nei numeri della produzione malawiana. Alla fine degli anni Ottanta, infatti, la concessione di un finanziamento da parte della Banca Mondiale per lo sviluppo del settore agricolo fu condizionata alla liberalizzazione della produzione di tabacco. Quindi, la cancellazione dello Special Crops Act, che stabiliva quote minime di produzione per ottenere la licenza di vendita, aprì il mercato anche ai piccoli agricoltori.
Nel giro di pochi anni le loro vendite crebbero rapidamente. Se negli anni Novanta 7.600 contadini su piccola scala producevano 2,3 mila tonnellate annue di tabacco, oggi più di 360.000 piccoli agricoltori ne coltivano 100.000 tonnellate. In generale, la piccola produzione fornisce circa il 60% del tabacco venduto dal Paese, mentre il restante 40% continua a essere coltivato nelle grandi tenute.
In queste ultime, la maggior parte del lavoro viene svolta dagli affittuari, i tenants, che affrontano spesso difficoltà. Ottenendo in concessione un terreno, generalmente per un anno, devono pagare un affitto ingente e contrarre un debito per l’acquisto di fertilizzanti e attrezzi. Al termine della stagione lavorativa vendono il raccolto al proprietario terriero, a un prezzo negoziato, spesso molto più basso di quello di mercato. Ciò in molti casi non permette ai contadini di ripagare i prestiti ottenuti, intrappolandoli in un circolo vizioso di debito continuo, mentre i proprietari terrieri possono rivendere il tabacco al prezzo di mercato, ottenendo un profitto.
La vendita tra contratti e auction
La stagione del tabacco dura circa nove mesi, dal momento della preparazione del terreno alla vendita. Gli agricoltori che dispongono di una sufficiente quantità di terreno applicano la rotazione triennale, dividendo i campi in tre parti e alternando su ogni zona, ogni tre anni, la coltivazione di tabacco, mais e legumi.
In questo modo viene garantita un’adeguata qualità del suolo, dato che la coltivazione di tabacco richiede molti nutrienti. Il tabacco viene venduto, mentre il mais e i legumi contribuiscono al sostentamento delle famiglie degli agricoltori. La maggior parte delle attività sono manuali, sia nella fase di coltivazione che di raccolta.
Le procedure di vendita iniziano ogni anno tra i mesi di marzo e aprile. L’80% del tabacco viene commerciato attraverso l’Integrated Production System, un sistema di contratti stipulati tra i produttori e le principali compagnie internazionali che operano nel Paese. Gli accordi obbligano gli acquirenti a comprare una quantità di tabacco predeterminata a un prezzo fissato. I patti prevedono inoltre prestiti da parte delle compagnie per l’acquisto di fertilizzanti, pesticidi e attrezzi da lavoro, ma nella maggior parte dei casi il valore che poi gli agricoltori devono rimborsare è molto maggiore di quello di mercato a causa degli elevati tassi di interesse.
Il restante 20% di tabacco invece è oggetto di aste di vendita, le auction. I contadini che riescono a soddisfare i requisiti minimi – alle auction viene chiesto di presentare almeno una borsa di prodotto, equivalente a 100 chili di tabacco – generalmente ottengono un guadagno doppio rispetto a coloro che sono costretti a vendere tramite gli intermediari. Questi ultimi infatti trattengono una parte consistente dei guadagni, ma sono l’unica opzione possibile per gli agricoltori che non possono presentarsi individualmente alle auction.
La malattia del tabacco verde
In Malawi nel 2019 circa il 72% dei bambini tra i 5 e i 17 anni lavorava nel settore agricolo e, nello specifico, più di 80.000 erano coinvolti nella produzione di tabacco. Questi numeri rendono il Malawi il Paese con la maggiore incidenza di lavoro minorile in Africa australe. Le condizioni di lavoro sono pesanti: i bambini si prendono cura delle piante per più di 12 ore al giorno in cambio di un salario misero e senza abiti protettivi.
In particolare, la mancanza di protezioni li espone al rischio di sviluppare la “malattia del tabacco verde”, dovuta a un eccessivo assorbimento di nicotina. In media, ogni giorno speso nella produzione di tabacco comporta, per un bambino, l’assorbimento di più di 54 milligrammi di nicotina, equivalenti al fumo di 50 sigarette al giorno. Nel caso dei bambini i sintomi – mal di testa, dolori addominali, debolezza muscolare, tosse e asma – sono molto pronunciati a causa della giovane età.
Del resto, la manodopera minorile ha il vantaggio di essere molto più economica di quella adulta, perciò, l’applicazione del divieto, contenuto in Costituzione, di impiegare lavoratori sotto i 16 anni e di tutelare il diritto all’istruzione viene spesso disattesa.
Le maggiori compagnie che acquistano il tabacco malawiano hanno assunto, a parole, una posizione contraria all’impiego dei bambini nella produzione, ma nei fatti, le azioni realizzate per dare seguito a questi principi sono state minime. Facendo leva su queste mancanze, alcune associazioni per la tutela dei diritti dei bambini attive in Malawi sono riuscite a ottenere, nel 2020, l’avvio di un’azione legale ancora in corso contro due compagnie internazionali che vendono la produzione malawiana sul mercato globale. La British American Tobacco e l’Imperial Brands, sono state accusate di essere consapevoli dell’impiego di bambini nella produzione del tabacco da loro acquistato e, nonostante ciò, di non aver sviluppato sufficienti pressioni perché venissero introdotti dei cambiamenti.
La Framework Convention on Tobacco Control
Data la rilevanza del tabacco per l’economia nazionale, il Malawi ha sempre sofferto i tentativi internazionali di limitarne la diffusione. Accordi che prevedono misure volte a ridurre la domanda mondiale sono considerati problematici poiché indeboliscono il settore e causano disoccupazione in un Paese dove la povertà è molto diffusa – più del 70% della popolazione vive con meno di 1,90 dollari al giorno.
La Framework Convention on Tobacco Control (FCTC), promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è un trattato internazionale entrato in vigore nel 2005 e finalizzato a ridurre i danni alla salute provocati dal consumo di tabacco. I 168 Stati firmatari si impegnano a sviluppare o rafforzare una legislazione che limiti la produzione e la vendita, aumenti l’attività informativa sui rischi e innalzi la tassazione sul prodotto finale per scoraggiare la domanda. L’articolo 17 inoltre impegna le parti firmatarie ad aiutare i contadini ad avviare attività alternative alla produzione di tabacco, mentre il 18 impone la tutela della salute degli agricoltori.
Ad oggi il Malawi è tra i pochi Paesi a non aver ancora firmato la Convenzione. Nel governo sono in atto discussioni sulla possibilità di entrare a farne parte, ma le pressioni dei produttori e delle compagnie internazionali finora hanno vanificato qualsiasi tentativo.
Fonti e approfondimenti
Harashima, The Impact of Tobacco Production Liberalization on Smallholders in Malawi, Institute of Developing Economies, 11/2008
Smith,Malawi’s child tobacco pickers ‘being poisoned by nicotine’, The Guardian, 24/08/2009
G. Otañez, H. M. Mamudu, S. A. Glantz, Tobacco Companies’ Use of Developing Countries’ Economic Reliance on Tobacco to Lobby Against Global Tobacco Control: The Case of Malawi, American Journal of Public Health, 30/08/2011
C. Kulik, S. A. Bialous, S. Munthali, W. Max, Tobacco growing and the sustainable development goals, Malawi, Bulletin of the World Health Organisation, volume 95, pagine 362-367, 09/02/2017
Boseley, Child labour rampant in tobacco industry, The Guardian, 25/06/2018
Boseley, BAT faces landmark legal case over Malawi families’ poverty wages, The Guardian, 31/11/2020
The Observatory of Economic Complexity (OEC), Malawi, consultato il 02/04/2021
Food and Agriculture Organization (FAO), Malawi, consultato il 09/04/2021
World Bank (WB), Malawi Overview, consultato il 09/04/2021
Editing a cura di Giulia Lamponi
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