L’investimento dell’Australia per proteggere la barriera corallina

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

A fine gennaio, Canberra ha promesso di investire 1 miliardo di dollari australiani (circa 620.000 euro) nella protezione della Grande Barriera Corallina. “Stiamo sostenendo la salute della barriera corallina e il futuro economico degli operatori turistici e delle comunità del Queensland che sono al centro dell’economia della barriera corallina”, ha dichiarato il Primo ministro Scott Morrison. 

Arrivata solo in seguito a una rinnovata pressione internazionale sul tema, la manovra è stata al centro di un acceso dibattito interno. Sono molte, infatti, le voci che hanno sollevato critiche nei confronti del piano, che potrebbe non essere sufficiente a proteggere la barriera. 

Il rischio di declassamento da parte dell’UNESCO

A luglio, l’UNESCO ha discusso della possibilità di far rientrare la barriera corallina nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo, che include i siti patrimonio dell’umanità che necessitano di maggiore attenzione e azioni di tutela. Come definito nel paragrafo 180 delle Linee guida operative della Convenzione sul Patrimonio Mondiale Culturale e Naturale:

Nel caso dei siti naturali, i pericoli accertati includono l’importante calo della popolazione di una specie vulnerabile o in via di estinzione, il deterioramento della bellezza naturale o del valore scientifico di un ecosistema a causa di attività umani quali l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, le estrazioni minerarie, l’agricoltura e la realizzazione di grandi opere pubbliche come dighe e vie di comunicazione.

Questa classificazione ha lo scopo di aumentare la consapevolezza internazionale e di incoraggiare contromisure a tutela dei luoghi a rischio.  In tal senso, l’UNESCO ha dato all’Australia un ultimatum, chiedendo un rapporto sullo stato di conservazione della barriera entro il 1 febbraio 2022. Non è la prima volta che Canberra si contraddistingue per la propria negligenza in questo ambito. Già in passato, infatti, la classe politica australiana è stata criticata a livello internazionale per il poco impegno dimostrato nel contrasto del cambiamento climatico, la minaccia principale alla barriera corallina. 

Un esempio tangibile di questa posizione è stata la scelta di Scott Morrison, poco dopo la sua elezione come Primo ministro,  di annunciare l’uscita dell’Australia dal Green Climate Fund (GCF) delle Nazioni Unite: si tratta dell’unico Paese a economia avanzata a non farne parte. Inoltre, mentre molti Paesi iniziano a cercare alternative a carbone e metano, l’Australia rimane il più grande esportatore al mondo di carbone e il secondo per gas naturale liquefatto (GNL).

In ogni caso, l’annuncio di Morrison circa il finanziamento e il successivo piano di azione decennale a difesa della barriera corallina è arrivato appena in tempo, soltanto pochi giorni prima dello scadere dell’ultimatum dettato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. Si tratta quindi di un cambio di rotta da parte della politica australiana?

 

L’importanza della Grande Barriera Corallina per il nostro ecosistema

La barriera si trova nella lista dei patrimoni UNESCO da più di 40 anni per via della sua importanza scientifica e della sua straordinaria biodiversità: si tratta della più grande estensione di corallo del mondo, composta da oltre 2900 singole barriere coralline, per un totale di circa 2.300 km al largo della costa nord-est dell’Australia.

Ospita oltre 400 tipi di corallo, 1.500 specie di pesci e altri animali in via d’estinzione, come la grande tartaruga verde. La sopravvivenza di molte specie animali e vegetali deriva proprio da queste colonie di coralli. In parte perché la barriera funge da loro habitat naturale, in parte per via di una funzione fondamentale che essa svolge all’interno del nostro ecosistema: la barriera corallina assorbe l’anidride carbonica presente nell’atmosfera

Infatti, si calcola che circa un quarto delle emissioni di anidride carbonica di produzione umana venga assorbito dagli oceani. Inoltre, questa struttura offre una protezione fisica importante, contrastando la violenza delle onde e delle tempeste tropicali, salvaguardano così le coste e gli allevamenti di pesce e crostacei.

Una delle principali minacce per i reef di tutto il mondo è lo sbiancamento dei coralli: si tratta di un fenomeno che porta alla morte dei polipi del corallo e di conseguenza a quella della barriera e del suo ecosistema. Lo sbiancamento avviene a causa dell’aumento delle temperature ed è stato registrato per la prima volta nel 1998.

Il colore dei coralli deriva dalle alghe unicellulari foto-sintetizzanti che vivono al di sotto dei coralli stessi. Le alghe vivono in un rapporto di simbiosi con i polipi, organismi che vivono in agglomerati di migliaia di individui e che, di fatto, creano le barriere coralline. Quando nell’acqua si registra un aumento della temperatura, anche solo di 2 gradi Celsius, i polipi reagiscono allo stress termico espellendo le alghe, che sono la loro fonte di nutrimento. Di conseguenza, i polipi del corallo muoiono di fame. 

Nel 2020 si è verificato il terzo sbiancamento di massa in appena cinque anni: è stato colpito un quarto dei 2300 km della Grande Barriera Corallina Australiana. Dopo la prima osservazione del fenomeno nel 1998, la barriera ha infatti vissuto altri quattro episodi di sbiancamento di massa: nel 2002, 2016, 2017 e 2020, tutti legati all’aumento delle temperature marine.

 

Il finanziamento del governo australiano sarà sufficiente?

L’ultimo finanziamento dichiarato da Morrison si aggiungerà a un pacchetto di 2 miliardi di dollari australiani, un investimento a lungo termine da utilizzare nei prossimi nove anni. Considerando che la Grande Barriera Corallina ha perso più della metà dei suoi coralli in tre decenni, risulta evidente come l’azione dell’esecutivo sia arrivata in netto ritardo rispetto alla necessità di salvaguardare l’ecosistema.

Più della metà dei nuovi fondi saranno utilizzati per migliorare la qualità dell’acqua, prevenendo l’erosione del terreno e limitando il deflusso di nutrienti e pesticidi dalle aziende agricole. Il resto sarà usato per colpire le specie invasive e per aumentare i sistemi di monitoraggio.

Nonostante la quantità di risorse stanziate sembri elevata, non è tutto oro quello che luccica. I limiti sono stati evidenziati da associazioni ambientaliste come Greenpeace, che si sono dichiarate fortemente contrarie al progetto di Canberra, in quanto non prenderebbe in sufficiente considerazione il cambiamento climatico nelle politiche che ha intenzione di adottare nel prossimo futuro.

Morrison ha negato fermamente un’azione più dura sulle emissioni di gas serra, sostenendo che costerebbe posti di lavoro, e allo stesso modo ha escluso di diminuire l’obiettivo di emissioni dell’Australia entro il 2030. Di fatto, diventa difficile fidarsi della bontà delle soluzioni a protezione della Grande Barriera Corallina se il governo che intende adottarle non vuole rinunciare all’uso di fonti di energia non rinnovabili, come il carbone e il gas.

 

Le elezioni australiane

Le promesse del governo australiano arrivano a ridosso delle elezioni federali del 2022, previste per la fine di maggio, nelle quali si voterà per eleggere tutti i 151 seggi della Camera dei rappresentanti e 40 dei 76 seggi del Senato. Il Primo ministro in carica, Scott Morrison, della coalizione liberal-nazionale, in caso di vittoria si aggiudicherà il quarto mandato consecutivo. All’opposizione c’è il Partito laburista, guidato da Anthony Albanese, insieme ad altri partiti minori come i Verdi e la One Nation.

Un portavoce del ministro dell’Ambiente Ley ha recentemente confermato l’impegno di Canberra, dichiarando: “Il governo Morrison continuerà a investire pesantemente nella barriera corallina e nella sua comunità”. La Grande Barriera Corallina è una questione ambientale che non suscita grandi controversie tra i principali partiti candidati alle elezioni federali: il suo contributo all’economia, con guadagni che arrivano soprattutto dal turismo e dal commercio ittico, è stimato in 6,4 miliardi di dollari.

Tuttavia, negli ultimi due anni l’Australia ha subito un aumento delle temperature di 1,4 gradi, un aumento più veloce della media globale: il rischio di sbiancamento, dunque, si fa ora più frequente. Diventa quindi fondamentale l’intervento della politica per limitare l’impatto del cambiamento climatico sulla barriera. 

Il Partito laburista ha contestato l’operato e i programmi di Morrison, ponendosi come unica possibilità di salvezza per il reef: il partito di Albanese ha promesso l’investimento di 163 milioni di dollari australiani, di cui 63 milioni destinati al sostegno del Reef 2050 Program. Oltre all’intenzione di allocare più risorse a protezione della barriera, il Partito laburista ha proposto l’adozione di nuovi obiettivi per contrastare il cambiamento climatico entro il 2030.

Come detto, le promesse del partito liberal-nazionale sono state accolte freddamente non solo dall’opposizione ma anche da organizzazioni ambientaliste come Greenpeace, che ha commentato la decisione di non inserire la barriera nella lista dei patrimoni a rischio dell’UNESCO in questo modo: “Un’occasione persa per far luce sulla negligenza del governo australiano nei confronti di una meraviglia naturale che rimane a grande rischio a causa degli impatti del cambiamento climatico”.

Nel dicembre 2021, la Grande Barriera Corallina australiana ha registrato le temperature più alte di sempre, paventando il rischio di un altro sbiancamento di massa: il quarto dal 2016. La declassificazione della Grande Barriera Corallina dai patrimoni UNESCO potrebbe ancora diventare una realtà: la 45esima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale, a giugno, riconsidererà la propria posizione sulla barriera corallina alla luce degli sforzi ambientali dell’Australia. Ma con ogni probabilità la tappa decisiva per il futuro dell’ecosistema è quella del 22 maggio, il giorno del voto. 

 

 

Fonti e approfondimenti

Prime Minister of Australia, 28/01/2022. “Billion dollar reef investment backs Queensland Communities

Butler, G. Readfearn “Morrison government announces $1bn pledge for Great Barrier Reef over the next decade”, The Guardian, 27/01/2022

Mogul, “Australia pledges $700 million to protect Great Barrier Reef amid climate change threat”, CNN, 28/01/2022

Global Coral Reef Monitoring Network (GCRMN), International Coral Reef Initiative (ICRI), Australian Government, Australian Institute of Marine Science, 2020. Status of Coral Reefs of the World: 2020

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

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